“Non c’è un pianeta B, non c’è un pianeta bla bla bla”. Queste le parole pronunciate dall’attivista Greta Thunberg all’incontro Youth4Climate, che si è tenuto a Milano dal 28 al 30 settembre, in concomitanza con la PreCop 26 che ha anticipato il prossimo vertice mondiale sul clima (a Glasgow fino al 12 novembre).
Quasi 400 giovani da tutto il mondo, protagonisti, per una volta, di un meeting sul tema chiave del loro futuro: la protezione dell’ambiente. Tra tutti ha spiccato Vanessa Nakate, l’attivista ambientale del Friday’s for Future ugandese, fondatrice del movimento Rise Up, che dopo un toccante discorso «Non è ironico? L’Africa ha la quota più bassa di emissioni, eppure paga pesantemente per la crisi climatica” non ha trattenuto le lacrime pensando a chi, per il cambiamento climatico, perde la vita. Qualche anno fa, nel lontano 2018, proprio da queste pagine avevo raccontato di Greta e del suo sciopero per il clima del venerdì, davanti al parlamento svedese. Da allora la sua lotta e quella di tanti come lei ha movimentato i giovani del pianeta contro l’inefficienza di una classe politica troppo lenta e indecisa per far fronte al problema ambientale che loro, i ragazzi, pagheranno più di tutti. Ora colpisce sentire anche la voce di qualcuno che rappresenta quella parte di mondo che ha sempre avuto meno voce in capitolo e il cui già fragile equilibrio è aggravato dalla crisi climatica, lì più evidente che altrove. Voci cariche di intensità che lasciano nel cuore un misto di speranza ma anche molta amarezza per questa enorme ingiustizia ambientale, sociale e generazionale. Non è colpa loro, eppure pagheranno loro il prezzo più alto di quanto sta accadendo. E vorrei che lo capisse anche chi punta il dito contro questi ragazzi, accusandoli di essere estremisti, di manifestare per saltare le lezioni, o addirittura di essere incoerenti perché magari – penso a quanto è successo più volte a Milano – vanno al McDonald’s dopo aver scioperato. Ma perché criticarli? Sono figli della generazione che li ha cresciuti. Sono pieni di contraddizioni e vizi esattamente come noi. Perché ci aspettiamo che siano meglio di noi e siamo pronti a smascherare l’autenticità del loro impegno invece di supportarne l’intento? Il documento finale redatto dopo giorni di lavoro allo Youth4Climate, consegnato ai capi di governo è un buon punto di partenza perché i giovani vengano tenuti in considerazione da chi, per lo più adulti, può decidere in parte del loro futuro. Si chiede, infatti, tra i vari punti, il coinvolgimento dei giovani in ogni questione inerente l’ambiente, investimenti trasparenti per la transizione, sostegno agli imprenditori, e, fondamentale, supporto economico ai paesi meno sviluppati per favorire la transizione green e colmare questa forbice generazionale e sociale, che è la più grande ingiustizia di questo momento storico e del prossimo avvenire. La speranza ora è che venga preso sul serio anche a Glasgow e si lavori davvero, affinché questo mondo malato possa ancora essere un pianeta per giovani.