Lorenzo Avi: “Cara protagonista, ecco la vita che ti diedi”

Lorenzo Avi

Il tuo romanzo si intitola “La protagonista”. Stando ben attenti a non spoilerare: protagonista di cosa?

Ad un uomo viene consigliato di scrivere, per distrarsi, per stare meglio: una scrittura terapeutica. Decide di narrare la storia di una ragazza che gli ricorda sua figlia adolescente. La protagonista del libro rivolge la parola all’autore e ne nasce un dialogo che cambierà le vite di entrambi. La ragazza, Sara, è quindi protagonista a diversi livelli: del romanzo, della sua vita, e anche della vita dello scrittore che l’ha messa al mondo.

Le strade della letteratura sono misteriose e offrono infinite possibilità. Il tuo romanzo ha diversi piani narrativi che si intersecano ripetutamente…

Come accennato sopra, c’è un romanzo dentro l’altro, e tra i due piani narrativi scorre un margine di contatto, definito dal dialogo tra l’autore e la protagonista, in un continuo scambio dialettico infarcito di critiche, esternazioni d’affetto, consigli e litigi. I due piani narrativi principali si spiegano a capitoli alterni: da una parte la vita dell’autore, nel suo mondo, dove scrive, dall’altra il romanzo stesso, dove si scopre la vita di Sara, la protagonista.

Come è nata l’idea?

Qualche sera mi siedo davanti al computer per scrivere, per continuare un romanzo che ho iniziato, e mi accorgo di essere emozionato e curioso, curioso di sapere cosa faranno i personaggi del libro che sto scrivendo, cosa diranno, dove mi porteranno le battute che sto mettendo nero su bianco. Mi sono chiesto cosa accadrebbe se potessi parlare con i protagonisti del mio libro, se loro avessero il potere di decidere come muoversi. Così è nata l’idea di questo romanzo: pensando a cosa avrebbe voluto dire un personaggio al suo creatore, e a quanto possano essere sorprendenti le scelte dei protagonisti, anche per lo scrittore stesso.

Che consigli e che raccomandazioni daresti a chi leggerà il libro…

Per leggere questo libro è importante tenere conto della differenza tra i due piani narrativi, più sofferto uno, il piano di realtà, contrapposto a una scrittura più semplice e leggera, quella del romanzo scritto da un uomo che non è uno scrittore di professione. 

Ci sono due grandi temi che scivolano tra le pagine del libro e sulle quali il lettore potrebbe avere di che riflettere. Innanzitutto il senso della memoria: la protagonista nasce a 17 anni, delineata dallo scrittore, e si chiede come possa vivere senza il suo passato, come possa costruire la sua identità senza il supporto della memoria. D’altro canto l’autore si chiede invece come si possa affrontare il futuro avendo sempre sotto gli occhi il proprio passato, un passato che lui vorrebbe cancellare. 

Il secondo tema è quello del libero arbitrio, del rapporto tra creatore e creatura. La protagonista si chiede se nella sua esistenza sia legittima la parola libertà, dato che è costretta a fare ciò che l’autore scrive. L’autore invece si trova in difficoltà quando si rende conto che la protagonista non ha intenzione di seguire la trama, che tenta di muoversi autonomamente: sembra che il creatore perda il potere sulla sua creatura.

Ci sono degli autori a cui ti ispiri?

Non consciamente. Ci sono diversi autori che amo e che creano mondi che in qualche modo forse mi hanno ispirato. Parlo di autori che non per forza sono legati alla quotidianità o all’attualità, ma che semplicemente scrivono storie, dove la fantasia e l’immaginazione sono il traino. Mi vengono in mente Haruki Murakami, Paul Auster, Joe R Lansdale, Amélie Nothomb, ma anche Raymond Queneau e diversi altri… Non paragono la mia scrittura alla loro, hanno semplicemente scritto libri che ho amato e che amo.

Nel tuo primo romanzo, “La panchina gialla”, affronti il tema della cosiddetta pazzia, attraverso il punto di vista originale di un albero. Siamo in un manicomio. Perché la scelta di questo luogo?

Quando ho deciso di scrivere “La panchina gialla” volevo dare possibilità di parola a chi normalmente non ha diritto di parlare, ad un albero. Inserire l’albero in un manicomio, a quel punto, è stata una scelta spontanea, ho pensato a un ambiente dove il diritto ad esprimersi è fortemente compromesso. Il contesto richiama il tema di cui volevo parlare. Anche in quel libro, come in “La protagonista”, ho comunque cercato di mantenere una certa leggerezza, senza mai addentrarmi nel troppo triste o nel morboso. In entrambi i libri la linea di fondo è divertente e ci sono ampi spazi di respiro, che concedono però spunti al lettore per riflettere.  

Ci racconti qualcos’altro di te? Famiglia, lavoro, altri hobby…

Curiosità è forse l’aggettivo che meglio mi descrive. Da quando ero bambino ho subìto il fascino di ogni aspetto della vita, cosa che è poi passata anche alle mie letture: ho sempre letto di tutto, non solo narrativa, ma anche saggi di ogni genere: matematica, fisica, astronomia, chimica, ogni forma d’arte, musica in particolare, psicologia, letteratura… Dopo la laurea in sociologia, quasi per caso ho iniziato a lavorare in una comunità con persone con problemi psichici, ora lavoro in un’altra associazione, ma sempre nell’ambito del disagio psichico e sociale. 

Cos’altro? Ho due splendidi figli adolescenti, che mio malgrado preferiscono tenere gli occhi sullo smartphone invece che sui libri. E mi piace scrivere. Non riesco a tenere il passo delle idee che mi saltano in mente e preferisco di gran lunga la fase creativa a quella della revisione del testo. Adoro scrivere la prima stesura, dove tutto, per quanto abbia programmato la trama, tutto è comunque una sorpresa: e mentre scrivo mi ritrovo ad essere triste per qualcosa che è successo, e che magari non mi aspettavo, e mi capita di esplodere a ridere per una battuta che è venuta in mente a un personaggio. La fase di revisione invece assomiglia più a un lavoro: la prima stesura è la festa, la revisione le pulizie.

Stai già pensando ad un nuovo progetto?

Ho quasi ultimato altri due romanzi. Sono conclusi, ma qualcosa va rivisto e migliorato. Uno parla di un ragazzino che ama il tenente Colombo e vuole indagare, a modo suo, sulla vicina di casa. Sarà un testo divertente.

L’altro è un romanzo storico, ambientato nel Klondike durante la caccia all’oro di fine ‘800. Prendo spunto dal fatto che mio nonno fece quel viaggio e, partendo dalle poche notizie che mi sono pervenute sulla sua avventura, ho costruito il romanzo.

Presentazione

In piena attinenza con i dettami di collana “Solenoide”, Lorenzo Avi ci porta in una storia a tratti surreale, metanarrativa, ma che – tra colpi di scena sorprendenti – fa anche sospettare una chiave metafisica.

Si parte dall’asserito che scrivere può essere una terapia, ma può anche aiutare a sopravvivere. Che accade, però, se inaspettatamente la protagonista del tuo romanzo decide di prendere in mano le redini della trama? A quel punto non è detto che tutto andrà come previsto dall’autore. C’è un destino diverso sull’orizzonte letterario, adesso. Uno degli infiniti  possibili nella sconfinata rete degli intrecci possibili.

Il libro sarà presentato il 18 marzo, alla Bookique di Trento (ore 18.30).

Edizioni del Faro, collana Solenoide. Pag. 358 € 18,00

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