La voce è importante, ma gli occhi ancora di più

Nella comunicazione con il nostro cane tendiamo a utilizzare spesso la voce, quasi i segnali uditivi fossero l’unico sistema di interazione con un soggetto appartenente ad una specie diversa. In verità, tali segnali fungono certamente da trasmissione dei messaggi, sebbene rischino di divenire brusio, in quanto tale non passibile di ascolto. Ne deriva che il miglior modo di impiegare la voce consisterebbe nel pronunciare “codici vocali” condizionati, ossia sottoposti ad un processo di apprendimento associativo. In questo modo, essi assumeranno un preciso significato, cui seguirà, da parte del nostro amico, una risposta consona e compatibile. All’infuori di ciò, vocali e consonanti serviranno solamente ad esprimere lo stato emozionale, senza tuttavia assurgere a informazioni specifiche. Vi è, in realtà, un modo più efficace per farci capire, riferibile al rilascio di segnali visivi.

Il cane, predatore per definizione, considera gli occhi l’organo principale per conoscere il mondo, essendo proprio da essi che si verifica la formazione di rappresentazioni, categorie e concetti. Il muoverci in una certa maniera, in assoluto silenzio, costituirà il presupposto per rendere evidente la nostra “prossemica”, potendo così il destinatario cogliere le sfumature di questi “meta messaggi”. Inoltre, l’introduzione di movimenti chiari, come la mano verso il basso per indicare il mettersi a terra, oppure la stessa mano alzata per intimare il sedersi, permetterà al destinatario di discriminare quanto percepito, senza l’aggiunta, almeno all’inizio, di un sostegno vocale. Solo in seguito, collegando la pronuncia al gesto, sarà lecito definire con le parole quanto vorremo comunicare.

Anche trovandoci a lunga distanza, poi, le variazioni prodotte dai movimenti del corpo saranno captate con precisione, essendo gli occhi del cane “costruiti” per dettagliare ogni particolare. In aggiunta, nelle ipotesi di coniugazione di voce e gesto, tra questi due elementi dovrà intercorrere un brevissimo spazio temporale, evitando in alcuno modo di creare una sovrapposizione tra i due sensi, l’udito e la vista. In caso contrario, la prevalenza andrà in favore di quest’ultima, dissipando il valore della stessa parola. Secondo numerosi studi il dosare le parole rende il nostro amico facilitato e motivato nell’apprendimento.

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Pubblicato da Stefano Margheri

Mi hanno detto, e penso di ricordarlo, che da piccolo mi perdevo nella fattoria in miniatura, fatta di animali di diverse specie che sostituivano i tipici soldatini dell’epoca. Probabilmente, in qualche parte della memoria, questa passione si è trasformata in qualcosa di reale e a distanza di molti anni mi ritrovo ad ammirare, con lo stupore di un bambino, ogni espressione del comportamento animale. In particolare, i cani sono diventati la mia vita, oggi persino una professione, prima affiancata alla laurea in giurisprudenza e poi fatta prevalere su quest’ultima. Le qualifiche e i titoli acquisiti nei decenni mi hanno insegnato l’importanza di non smettere di imparare, coniugando la pratica dell’addestramento con il piacere curioso della conoscenza teorica. Scrivendo e descrivendo i cani, cerco di trasmettere quello che giornalmente loro stessi mi insegnano.