L’altruismo e le cipolle di Tropea

– Sì, certo che siamo stati tutti nei Discount quest’anno. E anche l’anno scorso.

– Ma l’anno scorso non c’erano le cipolle di Tropea.

– C’erano, c’erano…

– Ma non erano così onnipresenti, queste cugine nobili delle nostre bianche o gialle. Sai, no, che le cipolle di Tropea contengono potassio, ferro e vitamine; sono un elisir di lunga vita. 

– Be’, insomma… Diciamo che non provocano eccessi dentro l’organismo; non lo ammalano se è sano, non lo guariscono se è malato.

– Sono rosse. E il rosso attrae. È il sangue, è il cuore. Le cipolle di Tropea sono anche dolci, tutte. 

– Vero. E allora?

– Non tutti i cuori umani sono dolci. Sono meglio degli uomini, e dei loro cuori imprevedibili, queste cipolle. L’anno scorso ci rifornivano, come dire, quella certezza che era venuta meno. E quest’autunno anche un assaggio di dolcezza, un po’ svanita in questo gelido 2021.

– E dai, non fare lo svenevole.

– È così. In cucina, sono una carezza in più. Sono l’emoticon di un bacio, e un po’ fanno lo stesso effetto. Cucinare per qualcuno è un atto d’amore: vogliamo far star bene chi nutriamo. E ci aspettiamo un gradimento, un cenno di riscontro. 

– Ma sì, cerchiamo l’approvazione che ci manca. L’intera vita è questo: ricerca di approvazione. Guarda, l’arte culinaria è un trucco, una scorciatoia per l’amore antica quanto il mondo. Quanti sono gli animali che masticano il cibo e poi lo rigurgitano nella bocca della prole? 

– Intanto funziona ancora. È facile, non serve impegnarsi più di tanto, non richiede molto tempo. E neanche molti soldi. Basta anche un Discount.

– Allora ti chiedo: amiamo solo per essere riamati? O dovremmo amare anche chi non ci ricambia nello stesso modo? E la società? Dovrebbe amare anche gli individui che non l’amano? I solitari, gli individualisti, i cinici? Quelli che la mettono in pericolo? 

– Non è forse più cinica la società che li respinge e li abbandona?

– Dai, non mettere in mezzo la politica subito dopo Natale e Capodanno! Parliamo delle Feste, di quel che abbiamo mangiato e cucinato, che ci basta e avanza.

– Avanza, soprattutto a noi. Ad altri no.

– Lascia stare. Si diceva delle cipolle di Tropea…

– Sì, ecco, appunto: sono un metro del sé. 

– Cioè, solo se ti ammirano in cucina…?

– No, voglio dire… non è solo questione di approvazione. I commensali possono anche atteggiarsi, che ne sai? È il cuoco che deve apprezzare il piatto: è il primo che lo assaggia, e il suo giudizio è il più importante. Ma non deve sbagliare. 

– E come si fa, secondo te?

– Be’, l’autostima non è compiacimento, è valutazione. Occorre imparare a essere obiettivi. Raccontare frottole a se stessi è la cosa più dannosa, lo sappiamo tutti. L’arte culinaria aiuta perché ti dà un responso subito. E le cipolle di Tropea anche di più.

– E perché mai?

– Perché se non riesci a confezionare un piatto decente neanche con quelle, forse dovresti farti qualche domanda su come vedi ciò che ti sta intorno. Qualcosa manca.

– Vabbè… Si può imparare.

– Certo. È che ci sono tanti modi… Anche per le cipolle: puoi farle al forno, gratinate, crude o come base del soffritto. Sono tutte lavorazioni differenti. Tagliare in un certo modo, cuocere così o cosà, mischiare con altri ingredienti. Insomma, occorre studiare, approfondire, dedicare risorse alla preparazione di sé, prima di mettere mano alle cipolle.

– Be’, ammetto che senza portare se stessi almeno al livello di una cipolla, saranno fallimenti in cucina.

– E anche errori nella vita.

– Un “mapazzone”, come li definiva Barbieri a MasterChef?

– Già. Tu che mi dici?

– Che comincia un nuovo anno. 

– E allora su, al lavoro!

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Pubblicato da Stefano Pantezzi

È nato a Rovereto nel 1956 e cresciuto a Trento, vive a Pergine Valsugana. Laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Bologna, è avvocato da una vita. Ha pubblicato la raccolta di poesie “Come una nave d’acqua” (2018) e alcuni racconti in antologie locali. “Siamo inciampati nel vento” (Edizioni del Faro) è il suo primo romanzo.