Ci si accorge dell’autunno per varie ragioni. C’è chi per i colori che dipingono i nostri boschi, chi per il clima più temperato o le giornate più corte e piovose, per lo scricchiolio delle foglie sdraiate sui ciottoli oppure chi, come me, per l’arrivo delle castagne. Sia le castagne matte, quelle con il riccio verde invece che marrone, sia quelle scoppiettanti dentro le padelle bucate sopra una stufa a legna, mi ricordano che Persefone è tornata nell’Ade, portandosi via l’estate e lasciando spazio all’autunno e alle sue ricchezze.
Spostandoci dall’Altopiano di Pinè, di cui ne avevamo elogiato i capussi il mese scorso, e dirigendoci verso Albiano, in Val di Cembra, eccoci immersi in un territorio in cui la castagna è impressa nei ricordi e nelle tradizioni della gente. Nella terra delle cave di porfido ogni anno, a fine ottobre, si festeggia dal 1982 la Castagnada Biana, ovvero la Festa della Castagna.
Prima che la lavorazione del porfido divenisse il fulcro economico del paese, era la castagna la sua protagonista. I boschi circostanti, infatti, erano quasi solo prevalentemente castagneti e le donne del paese, dopo la raccolta dei frutti, ne intrecciavano collane, per poi scendere a Trento e venderle.
Con l’arrivo delle cave di porfido il territorio ha cambiato morfologia e i boschi di castagni sono andati quasi perduti. Lo stemma del paese però, che riprende proprio il castagno, ne ricorda l’importanza e attraverso la Castagnada Biana si celebra la tradizione di cui il paese è custode, attraverso numerose ricette, rievocazioni e tanta allegria.
I marroni di Albiano non sono gli unici che andrebbero menzionati. Per i golosi appassionati come il sottoscritto, non sarà una novità sentir parlare, ad esempio, dei Marroni di Campi, ben noti già tra gli Asburgo, raccolti e utilizzati anche per creare la Purea Salada”, una crema salata che serviva da accompagnamento per i bolliti e la carne salada bollita.