A fianco dei portici di piazzetta della Portela, di fronte a torre Vanga, sotto un tettuccio metallico che la ripara, c’è la stele dell’antico idrometro del fiume Adige. È una lastra in marmo calcareo bianco dello spessore di 8 centimetri, per una larghezza di 41 e un’altezza di 2 metri e mezzo, dei quali, però, circa 80 centimetri sono al di sotto dell’attuale quota stradale, oggi ben protetti da una spessa lastra di cristallo.
L’idrometro venne realizzato e murato alla fine del 1882, per ricordare la grande alluvione che colpì la città di Trento il 17 ottobre.
Al basamento sul quale appoggia è fissata una borchia in bronzo con incise le lettere SE; un caposaldo a quota +4,30 metri, riferita alla quota “zero” rilevata nel febbraio del 1849 in corrispondenza del ponte di San Lorenzo. Misura constatata successivamente alla rettifica dell’Adige in località Lidorno, alla periferia meridionale della città.
Sulla lastra due doppie incisioni verticali ci riportano, quelle di sinistra, all’antica misura in “piedi” usata dal Governo austriaco, con la relativa suddivisione in 12 pollici, riferita, come riportato nella dicitura sovrastante, all’idrometro del ponte vecchio di San Lorenzo, nel 1844. Unità di misura austriaca che trova riscontro anche con quella incisa all’esterno del transetto nord della Cattedrale di Trento. Le seconde incisioni, quelle di destra, fanno riferimento alla quota rilevata nel 1882 al ponte nuovo di San Lorenzo con il sistema metrico decimale.
Tra le due incisioni sono riportati orizzontalmente i livelli raggiunti dall’acqua e le date corrispondenti alle eccezionali alluvioni che si sono succedute nel tempo.
Relativamente al Cinquecento, ne risultano incise sulla lastra solamente due, quelle avvenute nel mese di ottobre del 1512 e quella del 30 ottobre 1567. Queste due inondazioni dell’Adige sono citate da Michelangelo Mariani nel 1673 nel suo Trento con il Sacro Concilio et altri notabili.
La prima è ricordata così: L’anno 1512. Li 10 Ottobre seguì a Trento innondatione d’Adige furiosa, come n’appar memoria alla Portella. La seconda viene citata per l’altezza furiosa, che sin hora non è più giunta.
Quest’ultima è menzionata anche dallo storico Giangrisostomo Tovazzi nella sua “Malographia Tridentina”. Elencando le alluvioni che hanno interessato il territorio trentino, la ricorda come un evento straordinario seguito da una particolarmente abbondante produzione di vino, al punto che un carro di vino era venduto per tre fiorini. …Anche a Trento proprio nella Via Lunga, non molto lungi dalla Portella, notai una scritta: Adì 30 otobrio fu l’Ades qui di soto 1567 in strisa. La quota di questa incisione venne trasferita sull’idrometro e oggi ci rammenta come l’acqua in tale occasione abbia raggiunto i +4,82 metri.
Le piene avvenute nel XVII, evidentemente non furono così disastrose da dover essere ricordate.
Nel 1700, sull’idrometro appare indicata solamente quella avvenuta nel 1757. L’altezza raggiunta dall’acqua, questa volta fu di +6,20 metri: Al 1° settembre, dopo ingenti piogge, vi fu una grande inondazione dell’Adige e di altri fiumi, maggiore di quella che avvenne nell’anno 1567. A stento ho visto l’iscrizione scolpita: l’anno 1757, il primo settembre l’Adige arrivò al segno qui sotto.
Altre inondazioni avvenute sullo scorcio del secolo, che sicuramente avevano arrecato gravi danni alle coltivazioni ma non tali da dover essere ricordate, convinsero l’imperatore Francesco I d’Austria ad avviare ai primi anni dell’800 una campagna di rilevamenti topografici e idrici lungo tutto il percorso dell’Adige. Rilevazioni che però dovettero essere sospese per l’avvenuta invasione francese nel 1805. Otto anni dopo, nel 1813 vennero riprese e, sulla base dei successivi progetti realizzati, nel 1817 furono avviati i primi lavori di rettifica del fiume. Un’opera gigantesca per la quale venne stanziata una somma di 30.000 fiorini annui per finanziare le opere rispettivamente nelle zone dei “Circoli” di Bolzano, di Trento e di Rovereto.
Ma i lavori realizzati nella parte superiore del corso dell’Adige, quella nel Circolo bolzanino, non portarono che pochi vantaggi mentre i danni causati dalle successive inondazioni nella sua parte inferiore, a Trento e Rovereto, furono catastrofici.
Le numerose curve a meridione della città, determinate anche dalla violenta immissione nell’Adige delle acque dell’Avisio a nord e della Fersina a meridione della città, portarono al convincimento che la soluzione migliore fosse quella di ridurre la lunghezza del percorso delle acque del fiume aumentandone così anche la sua pendenza.
Una soluzione che era stata già affrontata ancora nella seconda metà del Seicento, come ci ricorda il Mariani. Si pensava infatti ancora allora di procedere con il taglio del Lidorno per troncar i piedi all’inondatione dell’Adice. Questo sia perché il fiume è di natura placido, e quieto, alterandosi va fuori: ma non infuria; inonda: ma non estermina. Le Terre, non ha dubbio, patiscono assai, in Tempo massime di Primavera.
Fu così che a valle di Trento il Governo austriaco decise di realizzare i tagli dapprima nelle località Alla Virginia e Lidorno e poi quelli di Ischia Perotti. Un lavoro che interessò una lunghezza complessiva di oltre 5000 metri con un accorciamento del tratto fluviale di 3500 metri.
Visto il risultato, più tardi, tra il 1855-58, furono realizzati anche i tagli in località Centa e Briamasco, cosa questa che permise la successiva realizzazione della tratta ferroviaria tra Verona e Bolzano.
Ma il 5 ottobre 1868 ci fu un’altra alluvione e così venne deciso, oltre a riparare i danni di procedere a rinforzare gli argini. Questa volta però il Governo austriaco decise di dividere equamente la spesa con i Consorzi di bonifica che nel frattempo si erano costituiti. I lavori si conclusero nel 1879.
Tre anni dopo, nel 1882 il 17 settembre, vi fu un’altra tragica piena che viene ricordata sull’idrografo come l’acqua abbia raggiunto la misura di +6,24 metri.
Un secolo questo nel quale le inondazioni straordinarie furono veramente numerose: tra il 1816 e il 1890 ne risultano essere state rilevate ben 16. Di questi eventi eccezionali, prima della rettifica dell’Adige a sud di Trento, ne vengono ricordati soltanto sei:
il 22 settembre 1829 con m. +4,72
nell’ottobre 1829 con m. +5,26
il 24 ottobre 1840 con m. +5,07
il 20 ottobre 1841con m. +5,04
il 31 agosto 1845 con m. +5,43
il 17 maggio 1846 con m. +4,87
Quella del 31 agosto 1845, la peggiore di quella prima metà del secolo, viene nominata anche negli Annali universali di statistica, editi proprio quell’anno, come un’inondazione di tale altezza che nessuna memoria vivente ricorda l’eguale. La valle, da Gardolo a Mattarello, era un unico grande lago torbido che aveva cancellato tutte le colture e distrutto i vigneti. Dalle acque di questo lago spuntavano solamente le chiome più alte dei gelsi e dei salici, tristi funesti segnali. La città, da S. Martino alla Portela, era tutta inondata, l’acqua, all’idrometro del ponte di San Lorenzo, il 30 a mezzogiorno, segnava l’altezza di 13,172 piedi, ma solo per poco. La notte, infatti, si alzò ancora tanto da allagare anche piazza Santa Maria Maggiore, andando a lambire la pietra sulla quale è scolpita la memoria dell’inondazione avvenuta il primo settembre 1757.
Dopo il 1858, successivamente ai tagli effettuati in località Centa e Briamasco, a nord della città, ne risultano incise a ricordo solamente cinque: il 5 ottobre 1868 con m. +5,94; il 17 settembre 1882 con m. +6,24. Oltre a seminare morte e distruzioni, questa piena distrusse in gran parte i lavori già realizzati.
Neppure un mese dopo, il 28 ottobre 1882, una nuova inondazione raggiunse alla Portela la quota di +5 metri.
Un’altra il 16 ottobre 1885 con m. +5,25, seguita da quella del 12 settembre 1888 con m. +5,77.
Tutte queste pesanti devastazioni, alle quali la gente non era più in grado di far fronte, portarono ad una fase di lento abbandono della terra incrementando invece l’emigrazione verso il continente americano nella speranza di una vita e un mondo migliore.
Il Governo austriaco provvide quindi a finanziare e realizzare lungo il corso dell’Adige altri interventi di consolidamento e sopraelevazione dei suoi argini.
Questo grande fiume, l’Adige, lungo poco più di 400 chilometri che per secoli è servito alla navigazione e al trasporto delle merci tra Bronzolo e Verona, presentava il pericolo maggiore nella forza distruttrice dell’acqua e dal legname trasportato che, allora, con la sua forza d’impatto faceva crollare i ponti in legno e oggi, addossandosi ai piloni, crea un effetto diga contro ogni campata. L’unico vantaggio era rappresentato dalla possibilità di recuperare i legnami trasportati dalle acque, legna da ardere per l’inverno.
Frédéric Bourgeois de Mercey, nel secondo decennio dell’Ottocento quando visitò il Tirolo, descrive nel suo diario come i pescatori di legna si ingegnavano per recuperare i tronchi e gli alberi sradicati trasportati dalle acque lanciando uncini legati in cima alle corde.
Evidentemente però, nel tempo, il materiale sabbioso e litico trasportato dalle acque dell’Adige e da quelle dei tanti suoi affluenti ha portato a un lento ma continuo innalzamento della quota del suo alveo. E così la notte del 4 novembre 1966, rotti gli argini a Roncafort, a nord della città, l’Adige è ritornato nel suo antico originale alveo, allagandola in gran parte.
Questa volta i danni arrecati furono ancora maggiori perché all’acqua e al fango si erano mescolati anche il gasolio e la benzina dei depositi di carburante, quella delle vetture sommerse e la nafta degli impianti di riscaldamento delle case.
Il livello raggiunto dall’acqua alla Portela è riportato su una targhetta murata successivamente sopra l’idrometro: + 6,83 metri.
La notizia data è che questa inondazione sia stata la peggiore avendo superato di ben 59 centimetri quella eccezionale registrata il 17 settembre 1882.
L’Adige, un fiume che Fortuna dà, e toglie: l’idrografo della Portela è la testimonianza diretta, incisa su una lastra di pietra di avvenimenti calamitosi, di avvenimenti storici e di eventi di un tratto fluviale collegato alle evoluzioni morfologiche operate dall’uomo. Rettifiche, canalizzazioni realizzate nel tempo dalla gente in funzione alle varie attività sociali, commerciali e agricole svolte, e che si sono sviluppate lungo il suo tortuoso percorso.