Lo spaventapasseri a guardia del grano

C’era una volta a Sarnonico un contadino che coltivava mais, segale, orzo, pomi e ortaggi. Il suo maso era in tutto simile agli altri, tranne che per un campo di grano, una rarità nell’alta Val di Non. Eh sì: perché intorno ai mille metri il frumento stenta a crescere. Perciò, Serafino, questo il suo nome, era oltremodo orgoglioso del suo grano. E come dargli torto? D’estate, quella distesa di spighe dorate era un grandioso spettacolo che non mancava di affascinare i frequentatori del maso. A chi gli chiedeva il segreto del grano, Serafino rispondeva con l’elenco delle sue fatiche: aratura, semina, concimazione, estirpazione del loglio e mietitura. Non aggiungeva altro, ma in cuor suo sapeva che gran parte del merito era dello spaventapasseri, il guardiano che aveva tenuto a distanza uccelli e selvatici. Sebbene il fantoccio fosse in bella vista, nessuno gli aveva mai fatto domande a riguardo. Meglio così, perché era proprio Pietro Paglia, così lo aveva chiamato, il segreto del suo grano. Curioso, no?,  era un segreto sotto gli occhi di tutti, eppure restava tale! Con il passare degli anni, il campo continuò a suscitare ammirazione ma non più curiosità. Quanto a Serafino, i malanni e il diradarsi delle visite ne avevano fatto un vecchietto malinconico. Mangiare in solitudine era diventato per lui un vero strazio. Una sera, pensando a quanto sarebbe stato bello avere un commensale, si decise a portare a tavola nientemeno che lo spaventapasseri, come lui costretto alla solitudine e segnato dalle cicatrici del tempo. Ebbene: grazie al fantoccio, il compagno che non t’aspetti, Serafino ritrovò il suo buon umore. Sicché prese l’abitudine di portare Pietro Paglia in casa la sera e di riportarlo nel campo all’alba, dove però gli faceva tristezza vederlo ripiombare nella totale solitudine. Allora ebbe l’idea di rinunciare al raccolto e lasciare le spighe nel campo. Il resto lo avrebbe fatto la crudezza dell’inverno. Spingendo gli affamati uccelli a beccare i chicchi, infatti, avrebbe fatto loro sperimentare l’innocuità dello spaventapasseri. Andò proprio così, e Pietro Paglia, dal momento che gli uccelli cominciarono a vederlo come un albero, potè finalmente godere della loro compagnia e del loro canto.

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Pubblicato da Flora Graiff

Nata in un mondo di colori, il suo stile è caratterizzato da sfumature vivaci e personaggi espressivi, perlopiù ispirati al mondo animale. Ha perfino affermato scherzosamente che le sue idee migliori le vengono da conversazioni casuali con gatti del quartiere e cani randagi.