Lo svarione (parte prima)

Quest’anno ho deciso di farlo. Erano anni che progettavo seriamente di mettere nero su bianco una delle parti più divertenti della scuola: l’errore. Ma attenzione: non mi riferisco alla scorrettezza molto tecnica, quella classica che tutti associamo al mondo della scuola, come ad esempio un calcolo sbagliato piuttosto che una data a cifre invertite. No, intendo l’errore più corposo e sostanzioso, quello che è frutto di associazioni mentali, di intricate dosi di informazioni rielaborate in maniera contorta, di mescolanze più o meno probabili di dati che il nostro pensiero ha come ribollito e servito su un piatto che è quello sbagliato. Ma come per tutte le cose di questo mondo, anche l’errore ha le sue attenuanti, prima tra tutte il fatto di scatenare l’ilarità, smussando (almeno un po’) la gravità del suo stesso essere. Come si può immaginare, la carriera di un’insegnante è costellata dall’ascolto di errori colossali, ossia quegli svarioni che meritano di essere ricordati. Ricordo di un collega che annotava con costante regolarità le sviste più celebri dei suoi studenti, scrivendole minuziosamente su un quadernetto. Con dovizia di particolari, registrava, a mo’ di tabella, autore del misfatto, lapsus, data, anno scolastico, classe e scuola. Alla vista di cotanta precisione ero rimasta sbalordita, ritenendolo forse un lavoro troppo impegnativo nella sua dettagliata regolarità. Ed anche perché, diciamolo, bisognerebbe non staccarsi mai da questa sorta di “quaderno delle cantonate”, tanta ne è la frequenza in età scolare. E invece quest’anno mi sono ricreduta sul soprannominato quadernetto, spinta non solo dalla quantità ma anche da una sorprendente qualità delle follie linguistiche e semantiche scaturite dalle aule scolastiche. Farne un elenco risulterebbe sterile e fine a se stesso; ho invece preferito, in questa sede, presentare qualche caso degno di nota, spiegandone il contesto e ricostruendo un po’ la situazione. Incominciamo con quella che potrei definire come una perla nel suo genere: “la legge del contrabbasso”. Siamo in fase di interrogazione e stiamo parlando dell’impianto generale della “Divina Commedia”; nell’Inferno, le anime vengono punite secondo questa regola, per analogia o per contrasto. Ma da contrappasso a contrabbasso il passo è breve. Mettiamoci pure la confusione con la prova di musica sugli strumenti; ricerchiamo come scusante anche l’assonanza tra le lettere labiali “p” e “b”. L’effetto, qualunque fosse la motivazione dello scambio galeotto di consonante, è esilarante e strabiliante al tempo stesso. A pari merito metterei senz’altro “la guerra dei 7 nani”. Un semplice scambio di lettere, un innocente anagramma diventa indimenticabile nella sua semplicità. Vuoi per la reminiscenza infantile di trasformare una guerra lunga (e barbosa) in una fiaba, vuoi per quel meccanismo mentale che ci fa associare concetti difficili a ricordi semplici, anche qui il risultato è da annotare tra le cantonate esemplari. Arriviamo così alla raccolta di lettere, “l’epistolero”, pronunciata da un ragazzo in fase di interrogazione. L’epistolario del poeta viene rivisto così alla Sergio Leone, in chiave spaghetti – western, con la premessa di quella “e” che lo rende un ibrido niente male. Il periodico milanese dell’Ottocento diventa “Il Consigliatore” anziché “Il Conciliatore”, con l’intrinseco significato di dare consigli a chi voleva liberarsi dal dominio austriaco. E Silvio Pellico chi era? Il primo re d’Italia! E alla richiesta di spiegazioni, mi sento rispondere che “nella vita bisogna sempre provarci, come dice lei prof!” Ma in questa assurdità di strafalcioni storico – letterari, mi ci metto pure io. Da adolescente ero fermamente convinta che la Nazione del Medio Oriente fosse “Isdraele”. Talmente convinta da averlo scritto ripetutamente, portando avanti la cosa con ostinata supponenza; quelle vocali vicine, nel mio immaginario linguistico, non suonavano per niente, necessitavano inevitabilmente dell’ausilio di una bella consonante. Uno svarione niente male, da annotare sul libro nero della prof. (continua…)

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Pubblicato da Tiziana Tomasini

Nata a Trento ma con radici che sanno di Carso e di mare. Una laurea in materie letterarie e la professione di insegnante alla scuola secondaria di primo grado. Oltre ai grandi della letteratura, cerca di trasmettere agli studenti il piacere della lettura. Giornalista pubblicista con la passione della scrittura, adora fare interviste, parlare delle sue esperienze e raccontare tutto quello che c’è intorno. Tre figli più che adolescenti le rendono la vita a volte impossibile, a volte estremamente divertente, senza mezze misure. Dipendente dalla sensazione euforica rilasciata dalle endorfine, ha la mania dello sport, con marcata predilezione per nuoto, corsa e palestra. Vorrebbe fare di più, ma le manca il tempo.