L’omaggio di Armani alla città di Brescia

Ernesto Giuliano Armani, La fontana della Pallata a Brescia, acquarello, 1927. Trento, collezione privata

Uno dei simboli di Brescia, la fontana della Pallata, è il soggetto di due opere del pittore trentino Ernesto Giuliano Armani (Malé 1898 – Rovereto 1986), che si conservano in una collezione privata di Trento. La monumentale fontana fu eretta nel 1597 da Pietro Maria Bagnadore, architetto e pittore attivo anche a Trento nella cappella di palazzo Galasso. La struttura architettonica, di gusto manierista, ospita quattro sculture in pietra: alla sommità svetta una statua allegorica raffigurante la città stessa nelle vesti di Pallade Atena, nell’atto di reggere una cornucopia. Ai lati della vasca centrale, alimentata da un tritone, si notano le personificazioni dei due fiumi bresciani, il Melta e il Garza, esemplati sulle statue classiche del Tevere e del Nilo. Armani aveva visitato Brescia nel 1927 e vi aveva allestito una delle sue prime mostre personali. L’acquarello qui presentato risale a quell’anno, come risulta da una scritta a tergo: è condotto con la magistrale freschezza e sicurezza che resero famoso il suo autore, particolarmente dotato proprio in questa tecnica. La veduta della Pallata fu riproposta alcuni anni dopo dallo stesso artista in una bella acquaforte siglata e datata in lastra “Æ 35”, tirata in soli cinque esemplari. Uno di essi è illustrato nella monografia sul pittore curata nel 1959 da Riccardo Maroni e Carlo Piovan per la “Collana Artisti Trentini”. Il confronto diretto tra le due versioni, quella dipinta e quella incisa, palesa il carattere programmatico del lavoro dell’artista, il quale, in alcuni acquarelli particolarmente riusciti, individuava i prototipi per la sua attività incisoria. Le fontane monumentali furono uno dei temi preferiti di Armani. Tra i suoi lavori più famosi si annovera uno scorcio del fontanone delle naiadi costruito nel 1901 dallo scultore Mario Rutelli in piazza Esedra a Roma. Anche in questo caso sono note due redazioni: una all’acquarello, intitolata Voluttà d’acqua, e l’altra all’acquaforte, datata 1935 come la sua omologa bresciana. A testimonianza del successo riscosso dal pittore presso i contemporanei si può citare un articolo inviato nel 1941 da Emanuele Canesi alla redazione del mensile “Trentino”. Accennando proprio alle naiadi, lo scrittore genovese osservò che erano “viste attraverso iridescenze e trasparenze liquide” e “rese con tanta evidenza da comunicare a chi guarda il brivido che sotto il giuoco delle acque deve percorrere le loro membra”. Armani condusse una vita errabonda, che lo portò a soggiornare nelle principali città italiane e in molte capitali europee e dell’America Latina, spesso al solo scopo di fissare sulla carta le proprie impressioni relative a monumenti, interni di chiese, carrozze e vetturini in attesa nelle piazze, passanti intirizziti sotto la pioggia. Il suo catalogo è un lungo diario dipinto ad acqua.

Ernesto Giuliano Armani, La fontana della Pallata a Brescia, acquaforte, 1935. Trento, collezione privata

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Pubblicato da Roberto Pancheri

È nato a Cles nel 1972 e vive felicemente a Trento. Si è laureato in Lettere a Padova, dove si è specializzato in storia dell’arte. Dopo il dottorato di ricerca, che ha dedicato al pittore Giovanni Battista Lampi, ha lavorato per alcuni anni da “libero battitore” e curatore indipendente, collaborando con numerose istituzioni museali e riviste scientifiche. Si è cimentato anche con il romanzo storico e con il racconto breve. È infine approdato, per concorso, alla Soprintendenza per i beni culturali di Trento, dove si occupa di tutela e valorizzazione del patrimonio artistico. La carta stampata e la divulgazione sono forme di comunicazione alle quali non intende rinunciare, mentre è cocciutamente refrattario all’uso dei social media.