Ma endó vat entorno tut brodech?


A elo, professor, el Pascoli ghe piàselo? Mi vago for da mat per el Pascoli: Oh! Valentino vestito di nuovo, come le broche dei biancospini! Bisogn esser en gran poeta per enmaginar i biancospini embrocadi dala Primavera sui zesoni!” 

“Ma che cosa dici? Pascoli parla di brocche intese come germogli!” 

“Ah mi credevo che al parlassa dele broche de fer, dei ciodi che na volta i dopreva per ferar scarpe e scarponi…”. 

“Vieni qui, fatti vedere!” 

“Perché me vàrdelo entéi oci sior professor?” 

“Perché voglio capire se mi stai prendendo in giro. Sì è proprio così. Mica è possibile che un parlante, un esperto di dialetto come te scambi i germogli coi chiodi. Tu volevi mettermi alla prova, mica prendermi in giro…”.

“Schèrzelo, sior professor: no me permeterìa mai!” 

“E allora piantiamola lì. Di che parola vernacola vogliamo parlare oggi?” 

“Mi ghe n’avevo en ment qualcheduna, verguna come diseva me nona Augusta. Per esempi: brodech”.

“Non è difficile. Questo termine, come molti altri (broda, bródegar, sbrodegar, sbrodegón), è di origine germanica: Ma endó vat for de cà come en mat sbrodegón?! Le parole di origine germanica citate vengono dal franco brodeh, o dal celtico bruck, che significa sanguinolento, torbido e si riferiscono ai liquidi. Vi sono legati anche sostantivi come bricco, brocca… Ed ecco che ritorniamo alla poesia del Pascoli, di “Valentino vestito di nuovo”.

”Che bel, che bel, professor!“

Che bello, che cosa?” 

“Che bel ’sto viazo en tra le parole. L’è n’aventura che continua, che no termina mai: te pareva de saver tut su quela parola e eco che te vegn en ment de scavar e poch pu en là e te scopri ‘n altro ‘tesoreto… Zerte volte mi me diverto a scavar en del vocabolari endó che ero za passà e salta sempre for robe nove…”.

“Succede anche a me. Prendete il dizionario di Elio Fox (un giorno gli faranno un monumento, per adesso non si può), apritelo a caso. Ecco, per esempio, guardate qui, sotto la lettera ‘v’, “vendro”. Proverbi (perché il buon Elio ci mette anche i suoi bravi proverbi: Né de vendro né de marte, no se ariva né se parte. È uno di quei saggi motti del buon tempo antico che, se applicato adesso, risulterebbe più rovinoso d’una guerra. Proseguiamo: veneranda, (disusato), giubba, soprabito all’antica; ventala, ventaglio; ventarol (in botanica) pollone, ventarola, ventola, ventaglio; ventil, valvola delle camere d’aria delle moto e delle biciclette. Sono parole del passato come del presente. E il vocabolario di Fox, procede con utilissime nomenclature dall’italiano al dialetto che riguardano l’acqua, l’aria, il mondo animale, il mondo vegetale, l’abbigliamento, l’alimentazione. E così via per quasi mille pagine!”

renzofrancescotti@libero.it

Condividi l'articolo su:
Avatar photo

Pubblicato da Renzo Francescotti

Autore trentino dai molti interessi e registri letterari. Ha al suo attivo oltre cinquanta libri di narrativa, saggistica, poesia in dialetto e in italiano. È considerato dalla critica uno dei maggiori poeti dialettali italiani, presente nelle antologie della Garzanti: Poesia dialettale dal Rinascimento a oggi (1991) e Il pensiero dominante (2001), oltre che in antologie straniere. Sue opere sono tradotte in Messico, Stati Uniti e in Romania. Come narratore, ha pubblicato sei romanzi: Il Battaglione Gherlenda (Paravia, Torino 1966 e Stella, Rovereto 2003); La luna annega nel Volga (Temi, Trento 1987); Il biplano (Publiprint, Trento 1991); Ghibli (Curcu & Genovese, Trento 1996); Talambar (LoGisma, Firenze 2000); Lo spazzacamino e il Duce (LoGisma, Firenze 2006). Per Curcu Genovese ha pubblicato Racconti dal Trentino (2011); La luna annega nel Volga (2014), I racconti del Monte Bondone (2016), Un Pierino trentino (2017). Hanno scritto prefazioni e recensioni sui suoi libri: Giorgio Bàrberi Squarotti, Tullio De Mauro, Cesare Vivaldi, Giacinto Spagnoletti, Raffaele De Grada, Paolo Ruffilli, Isabella Bossi Fedrigotti, Franco Loi, Paolo Pagliaro e molti altri.