Marco Martinuzzi, architetto da riscoprire

Marco Martinuzzi (1877-1949) ph. Bendelli

Nel mese di giugno la delegazione di Trento del FAI ha organizzato un “trekking urbano” dedicato alle architetture di Marco Martinuzzi visibili in città. L’iniziativa rappresenta un importante segnale di interesse nei confronti di questa personalità ancora poco conosciuta, che si annovera tra i protagonisti dell’architettura trentina nei primi trent’anni del Novecento.

Martinuzzi nasce a Murano il 13 agosto 1877, figlio di un maestro vetraio. Diplomatosi all’Accademia di Belle Arti di Venezia nel 1899, si trasferisce poco dopo a Trento, avviando una collaborazione professionale con il già affermato architetto Emilio Paor. Nel 1902 affianca l’ingegnere Domenico Fogaroli nella progettazione della centrale idroelettrica di Fies a Dro, che assume l’aspetto di un castello merlato. Due anni dopo comincia a insegnare presso la Scuola d’Arti e Mestieri del capoluogo, istituzione di cui più tardi progetterà la nuova sede, l’odierna Scuola Media “A. Manzoni” in corso Buonarroti. Nel 1907 sposa Maria Molignoni, figlia del notaio Felice Molignoni, e si trasferisce al civico 20 di via San Bernardino: dal matrimonio nasceranno due figlie. Nel 1909 la SAT gli commissiona il progetto di ampliamento del rifugio della Tosa, che sarà realizzato tre anni dopo. Al 1910 risale il Passaggio Dorigoni, edificio in stile neorinascimentale che funge da elemento di raccordo tra via del Suffragio e via Torre Verde: di fatto, una nuova monumentale porta di accesso al centro storico. Nel 1912 sorge su suo progetto a Povo la sede della Famiglia Cooperativa. Nel marzo del 1914, su commissione della Società Acque Minerali di Sant’Orsola, firma il progetto per un edificio termale da erigersi a Pergine, mai realizzato a causa dello scoppio della prima guerra mondiale.

Come molti irredentisti, nel 1915 viene arrestato e subisce la deportazione a Katzenau, mentre la moglie e le figlie si rifugiano a Murano. Rientrato a Trento nel 1918, Martinuzzi continua a propugnare un’architettura eclettica e storicista, scontrandosi con la nuova generazione di architetti di formazione mitteleuropea capitanata da Giorgio Wenter Marini. Nel 1920 progetta per i giardini di piazza Dante l’Albergo Diurno, poi Caffè Savoia, oggi noto come “Palazzina Liberty”. Suoi sono pure i progetti della Galleria Garbari e della Banca Cooperativa in piazza Vittoria, oggi sede della Banca d’Italia.

Tra gli edifici civili anteriori alla guerra si ricordano la villa già Martinuzzi in viale Rovereto (1908) e la villa Rizzi a Sardagna (1910), mentre al primo dopoguerra risalgono la casa Slomp in viale Rovereto (1921), la casa Ziglio in largo Carducci, progettata insieme a Ettore Gilberti (1922-23), e la villa Zabini in via Barbacovi (1932), che sarà distrutta nel 1966 per far posto a un condominio. L’architetto veneziano muore a Trento il 30 novembre 1949, quando l’affermazione del razionalismo sembra condannare all’oblio tutta l’architettura d’inizio secolo. 

Come contributo alla conoscenza di questa personalità pubblichiamo un suo inedito ritratto eseguito a Trento dal fotografo Germano Bendelli (1829-1913). L’immagine, come molte delle notizie qui riferite, ci è stata trasmessa dall’ing. Marco Giuliani di Ravenna, nipote dell’architetto per parte materna, che ha condotto sul conto del suo avo un’accurata ricerca biografica.

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Pubblicato da Roberto Pancheri

È nato a Cles nel 1972 e vive felicemente a Trento. Si è laureato in Lettere a Padova, dove si è specializzato in storia dell’arte. Dopo il dottorato di ricerca, che ha dedicato al pittore Giovanni Battista Lampi, ha lavorato per alcuni anni da “libero battitore” e curatore indipendente, collaborando con numerose istituzioni museali e riviste scientifiche. Si è cimentato anche con il romanzo storico e con il racconto breve. È infine approdato, per concorso, alla Soprintendenza per i beni culturali di Trento, dove si occupa di tutela e valorizzazione del patrimonio artistico. La carta stampata e la divulgazione sono forme di comunicazione alle quali non intende rinunciare, mentre è cocciutamente refrattario all’uso dei social media.