“Nature effimere” di Elisabetta Doniselli

Con «Nature effimere», titolo della mostra godibile allo Spazio FoyEr di Trento dal 16 al 30 marzo (www.spaziofoyer.it), l’artista Elisabetta Doniselli intende da un lato collegarsi idealmente a quell’affascinante capitolo della storia dell’arte europea dedicato alle nature morte, dall’altra raccontare la sua attenzione al senso concreto delle cose comuni, il suo sguardo empatico sul mondo vegetale e sui suoi contenitori. «Desidero esternare il fascino delle cose che popolano incontri di tutti i giorni, dal supermercato alla nostra dispensa – dichiara –.  Perché andrebbe colta la bellezza intrinseca di un frutto, ben consapevoli che oggi è il risultato di selezioni, di artificialità. Ma anche un cavolo ha una sua bellezza: è improponibile questa riflessione sulla natura? Certo, se diamo per scontata la sua presenza, la forma e il suo utilizzo. La frutta, la verdura che arrivano sulle nostre tavole – continua l’artista Doniselli – racchiudono la nostra idea di bellezza che in astratto si è formata sulla base della natura, qualcosa di ancestrale che portiamo con noi, che si è formata nel corso della storia dell’umanità: il luccichio della buccia di un peperone o di una mela, le nervature delle foglie del radicchio, la forma geometrica del cavolo romano, la semplicità degli anelli della cipolla, il colore della zucca. E poi tutto, velocemente e meccanicamente, confluisce sulla nostra tavola, si esaurisce in quell’attimo di contemplazione, in quell’istante quasi di realismo magico, di sguardo rinnovato sulla semplicità». I 25 disegni a matita di Elisabetta Doniselli, realizzati con infinita precisione invitano quindi a fermarsi a contemplare anche questa natura più comune, «a essere consapevoli del suo intrinseco significato effimero, della precarietà di un frutto, come di un manufatto di vetro o di ceramica che, senza retorica, è anche la nostra fragilità – commenta l’artista e aggiunge –. Fermarsi a cogliere il segreto di una forma semplice ed umile, ad esempio quella delle rape, invita a ragionare sul suo posto nella cucina d’un tempo come sulla nostra, sui sapori dell’orto, ma anche al non vederla più, perché con gesti veloci, abitudinari, trasformata in nutrimento». Osservare opere come Radicchio, Rami, spinge dunque a fermarsi sul senso delle cose e sulla caducità delle stesse, per contrastare così la velocità del nostro contemporaneo e riflettere sul valore del tempo.

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Pubblicato da Silvia Vernaccini

Nata a Trento, dove risiede, è giornalista e scrittrice. Ha al suo attivo diversi libri di storia dell’arte, di narrativa per bambini (segnalata dal Ministero dell’Istruzione) e guide escursionistiche, nonché libri di gastronomia e folclore con cui ha vinto il cardo d’argento al Premio ITAS letteratura di montagna (2003). L’autrice ama camminare lungo le valli del Trentino per conoscerne e apprezzarne anche gli aspetti culturali e ambientali minori e quindi valorizzarli attraverso guide turistiche e progetti a valenza regionale e nazionale. GÈ guida e accompagnatore turistico e docente presso l'Università della Terza Età e del tempo disponibile.