Alessio nella terra dei canguri

Alessio Caresia davanti alla skyline di Melbourne

Dal Trentino all’Australia. Dopo aver lavorato per qualche anno nelle realtà locali trentine Alessio ha deciso di voler provare qualcosa di diverso, viaggiando per oltre 14mila chilometri fino ad arrivare nell’emisfero australe.

Alessio, come è nata l’idea di partire? E perché proprio l’Australia?

Dopo aver lavorato per una stagione invernale in un albergo trentino, sono entrato in un periodo difficile, dove mi sentivo privo di ogni stimolo e sostanzialmente annoiato. Sentivo il desiderio e il bisogno di fare qualche esperienza significativa, in particolare all’estero per avere la possibilità di vivere contesti diversi. 

Quindi come ti sei mosso?

Ho preso informazioni, assieme ai miei amici, in primis sull’Europa, in particolare sulla Spagna. Dopo un po’ di ricerche però ci siamo resi conto di come la situazione lavorativa ed economica dei paesi in questione non fosse poi tanto diversa da quella italiana. Ad un mio amico poi è venuta l’idea dell’Australia e, dopo esserci dovutamente informati riguardo alla situazione del paese e alla burocrazia necessaria, il 20 settembre dell’anno scorso non abbiamo esitato e siamo partiti.

Sostanzialmente cercavi un posto dove ci fossero più opportunità rispetto all’Italia, lavorative e non?

Sì, la ragione principale era quella di fare un’esperienza all’estero. Poter quindi vedere cosa succede oltre i nostri confini, come si lavora e in generale come si vive diversamente rispetto a quanto possiamo essere abituati qui da noi.

Sei partito da solo?

No, insieme ad altri tre amici. Uno ha scelto di ritornare, quindi al momento siamo ancora in tre. È un’idea che è nata insieme e che abbiamo deciso di portare avanti insieme. 

A livello pratico come vi siete organizzati? Avete cercato un aggancio prima? Come funziona con il visto?

Abbiamo speso qualche giorno per informarci a fondo su tutto quanto fosse necessario per potersi trasferire e lavorare in Australia, attraverso internet e chiedendo direttamente a chi aveva già svolto quel tipo di esperienza. Una volta raccolte le dovute informazioni ed esserci resi conto che poteva essere una cosa realizzabile nonché avere un senso per noi, abbiamo fatto il visto per poi comprare i biglietti e partire. Non è necessario avere un partner o un contratto lavorativo per ottenere il visto, a volte anzi potrebbe essere un ostacolo.

Quindi a chi vi siete rivolti?

Avevamo un contatto con un’azienda locale. Ci avevano promesso diversi servizi, come la ricerca della casa e l’apertura del conto corrente australiano. Non abbiamo visto niente di tutto questo. Accade spesso quaggiù: promettono molto per attrarre lavoratori. In fin dei conti quindi sarebbe stato meglio arrivare e cercare da zero, come poi abbiamo effettivamente fatto.

Che lavori hai svolto e dove lavori attualmente?

La ditta sopracitata si occupava di installazioni per eventi temporanei. In Italia nell’ultimo paio di mesi abbiamo lavorato in questo settore, ad esempio per il concerto di Vasco Rossi a Trento. Visto che non ci eravamo trovati male cercavamo un impiego simile. Dopo quest’esperienza, che si è rivelata negativa, abbiamo deciso di appoggiarci ad un’agenzia che si occupava di smistare i lavoratori in diversi cantieri nel settore edilizio. Per tutti gli immigrati con il nostro visto è il settore dove c’è più richiesta di manodopera. La paga inoltre è leggermente sopra la media, quindi non era male come inizio. 

Ma? Cosa è successo?

L’agenzia non offriva un lavoro di tipo continuativo. Essendo venuti in Australia principalmente per lavorare, avevamo per diverse ragioni l’esigenza di avere qualcosa di un minimo più stabile e sicuro. Infine, abbiamo trovato una ditta di demolizioni. Sin da subito abbiamo percepito più serietà nell’approccio con il dipendente. Avevamo un lavoro sicuro, dal lunedì al venerdì, a volte pure il sabato, così abbiamo deciso di rimanere a lavorare per loro.

Quindi ora si potrebbe dire che avete trovato una vostra stabilità.

No, non ancora. Purtroppo in Australia il settore dei visti è molto complesso ed estremamente esigente. Fino a poco fa siamo stati a Melbourne con questa ditta, al momento siamo in vacanza in Indonesia, a Bali, perché per rinnovare l’assicurazione sanitaria è necessario uscire per almeno un giorno dall’Australia. Con la scusa ne abbiamo approfittato per una breve vacanza e per prendere il brevetto di subacqueo. Non torneremo a Melbourne bensì nell’entroterra Australiano a lavorare in una fattoria.

Come mai questo cambio?

Come ti dicevo tutto in funzione del visto. Per rinnovarlo è necessario lavorare per almeno 3 mesi all’anno in una fattoria. Negli ultimi anni, soprattutto per la pandemia, hanno allargato l’offerta di diversi lavori, includendo anche il settore dell’ospitalità, quindi alberghi e ristoranti. Sempre ovviamente in zone specifiche.

Mi sembra intuitivo il motivo

Già. È una specie di do ut des. Ovvero: noi Australia vi offriamo la possibilità di vivere e lavorare qui da noi, dandovi tutte le occasioni di crescita e sviluppo. In cambio però dovete garantirci 3 mesi di lavoro l’anno in zone periferiche e facendo lavori che un australiano molto difficilmente vorrebbe fare. C’è quindi un’altra domanda e il personale scarseggia, per questo il governo ha pensato di ovviare al problema con questa strategia. 

Come sono invece le condizioni lavorative, anche comparate con l’Italia?

Innanzitutto c’è proprio una mentalità diversa riguardo al lavoro. Da noi in Italia a volte pare quasi un’ossessione, mentre qui in Australia il lavoro è soltanto una delle tante attività che puoi svolgere nella tua giornata così come nella tua vita. Vi è inoltre una sensibile differenza nella retribuzione, ovviamente comparato con il costo della vita. Il potere d’acquisto in Australia, con un salario medio, è nettamente superiore rispetto a quello che si può avere in Italia. È presente inoltre una diversa attenzione rispetto alla sicurezza. 

Cioè?

Quando ci sono dei fattori di rischio il cantiere si ferma per svolgere ogni tipo di controllo atto alla sicurezza del lavoratore. Non ti fanno letteralmente muovere un dito fino a quando non c’è una condizione di sicurezza totale. Infine il lavoro è estremamente meritocratico, si può infatti trattare lo stipendio basandosi sull’esperienza così come sulle proprie abilità.

L’Australia a livello culturale e relazionale come l’hai trovata? È stato difficile adattarsi?

Con ogni probabilità la vera Australia non l’abbiamo ancora vista. Melbourne infatti è una città molto globalizzata, c’è un altissimo numero di stranieri e non ha molti tratti peculiari. Un po’ come essere in una grande metropoli in qualsiasi stato di fondazione neo-moderna, come New York o Los Angeles. I segni e le possibili caratteristiche solitamente dettate dalla storia inevitabilmente scarseggiano. Gli australiani sono molto diversi rispetto a noi italiani. Le relazioni sono molto più passeggere, è complesso stabilire un legame durativo con loro. 

Dove vivi? È complesso trovare casa?

Abbiamo affittato un appartamento da un privato. Il mercato immobiliare di Melbourne è selvaggio, paragonabile a quello di Londra e Parigi. Le agenzie danno le case per almeno un anno, ma come detto per chiunque con il nostro visto non avrebbe alcun senso fermarsi per un anno intero a Melbourne, oltre che non essere semplicemente possibile. Quindi l’unica occasione è trovare un privato, sebbene costi sensibilmente di più. Inoltre una volta riaperti i confini dopo la pandemia sta arrivando sempre più gente, rendendo il tutto ancora più complesso.

Se uno volesse rimanere in Australia a tempo indeterminato è possibile?

Ci sono alcune possibilità. Una è quella di trovare un o una partner australiani. È quella più semplice ma se vogliamo anche quella più rischiosa. È infatti necessario rimanere con questa persona per almeno 4 anni. Durante questo periodo è tutto in mano al partner, che può infatti decidere in qualsiasi momento di revocare il visto. 

E al termine del periodo?

È possibile richiedere il visto permanente, ma è molto complesso. 

Non ci sono altre possibilità?

Quella del visto studentesco. È il più semplice da prendere, anche se il più costoso. Si parla infatti di più di 10mila euro. Molti fanno questa scelta iscrivendosi casualmente ad un’università per poi andare in realtà a lavorare. È infatti possibile in ogni caso lavorare anche con questo visto. Spesso molti che hanno fatto il mio visto, estendibile al massimo per tre anni, scelgono questa strada.

Ultima opzione?

Quella di farsi sponsorizzare da un’azienda. Questa forse è la strada più complessa, sia per il costo esoso totalmente a carico dell’azienda sia per il fatto che una volta terminato il rapporto lavorativo con tale azienda il visto automaticamente scade.

Una vera corsa ad ostacoli. Eppure dici che ne vale la pena? È un’esperienza che ti sentiresti di consigliare?

La consiglierei a tutti. In primis per un motivo di carattere prettamente economico. È possibile infatti mettere da parte molti soldi con il lavoro qui, togliendo ovviamente i soldi necessari per mantenersi, con più facilità rispetto all’Italia. Inoltre l’esperienza di stare lontano da casa subito dopo i 20 anni ritengo sia molto importante. Soprattutto se qualcuno come me si trova in una fase di stallo, fare un’esperienza del genere anche solo di un anno può aiutare a chiarirsi le idee. Anche perché un anno non è niente se paragonato ad una vita intera. Io ad esempio ho sempre vissuto a casa con i miei genitori, quindi questa è la prima esperienza lontano da casa e sento che sto ricevendo da essa davvero molto. Vi è poi il fattore linguistico. Vivendo all’estero infatti si apprende e solidifica una lingua straniera, che nel futuro sempre più globalizzato che si va prospettando sarà sempre più necessaria.

Ti piacerebbe continuare a vivere lì?

No, per quanto ho vissuto al momento non mi vedo a vivere qui per sempre. Si tratta infatti di un paese molto diverso rispetto all’Italia e ci sono diversi motivi per cui non vorrei stare qui a tempo indeterminato. Sembra un fattore di poco conto ma ad esempio il meteo gioca buona parte nella decisione. Infatti qui a Melbourne è molto più simile al meteo londinese con cambi repentini e inaspettati. 

E poi ci sono gli australiani...

Già, sono molto diffidenti. Non so se perché Melbourne è una metropoli oppure se si tratta di un tratto caratteristico australiano, ad ogni modo sento che a lungo andare potrebbe essere un problema per me. 

E il cibo?

Beh, quello è un altro fattore chiave…Noi italiani abituati molto bene, adattarsi a una dieta diversa non è una cosa così scontata ed immediata.

I tre amici al lavoro…
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Pubblicato da Fabio Loperfido

Nato allo scadere del millennio, Fabio è uno studente errante che ancora non ha ben chiaro cosa potrebbe volere il mondo da uno come lui. Nel mentre prova ad offrire ciò che vede con i suoi occhi tramite una sua lettura, con la speranza che il suo punto di vista possa essere d'aiuto a qualcuno martellato dai suoi stessi interrogativi.