Outlandos d’Amour

Quando, nel novembre 1978, uscì il disco d’esordio de The Police, nessuno immaginava che quel cantante e bassista con un nome d’arte “pungente”, Sting, pur bello, bravo e carismatico, si sarebbe rivelato uno dei più grandi autori di canzoni della musica pop. Si era ancora in epoca punk, da cui stava nascendo, per germinazione spontanea, la new wave. In Outlandos d’Amour, inciso su un sedici piste nei Surrey Sound Studios (a sud di Londra), con un budget di sole 1.500 sterline, tutto questo si sente, fin dal brano di apertura, Next to You, teso e veloce. Ma è con il successivo So Lonely che il segreto dei primi Police viene a galla: è il matrimonio, del tutto riuscito, fra il reggae giamaicano, reso popolare in quegli anni da Bob Marley, e il rock. In seguito Sting ridimensionò un po’ la portata di questa scelta, dicendo che The Police non volevano assomigliare ai gruppi punk che avevano attorno, troppo grezzi, e che il reggae, su cui fecero leva, era una musica comunque gradita a quel tipo di pubblico (persino Johnny Rotten, il frontman dei Sex Pistols, era un estimatore del genere). Ma la verità è che quel sound arrivò a destinazione semplicemente perché suonava nuovo, fresco, inedito. Il secondo album dei Police, Reggatta de Blanc, confermerà la bontà dell’intuizione, che però in seguito la band avrebbe abbandonato, per non fare il verso a se stessa.

L’altra ragione per cui i Police presero il volo è presto detta: la qualità dei musicisti. Di Sting sappiamo. Steward Copeland è stato senza dubbio uno dei batteristi più dotati della sua generazione, e Andy Summers, all’epoca già non più giovanissimo (aveva 36 anni, e una lunga carriera alle spalle) si rivelò chitarrista  fantasioso e di buon gusto, lontano dagli egocentrismi di tanti virtuosi della sei corde (perennemente in competizione con il fantasma di Hendrix). Il risultato è un album pieno di energia e di voglia di emergere, con un brano che spicca su tutti, Roxanne, in cui Sting invita una giovane prostituta di un quartiere a luci rosse a cambiare vita. Ma c’è spazio anche per il classico new wave rock di quella stagione, in brani come Peanuts  o Born in the ‘50 , una sorta di inno generazionale mancato. 

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Pubblicato da Marco Pontoni

Bolzanino di nascita, trentino d’adozione, cittadino del mondo per vocazione. Liceo classico, laurea in Scienze politiche, giornalista dai primi anni 90. Amori dichiarati: letteratura, viaggi, la vita interiore. Ha pubblicato il romanzo "Music Box" e la raccolta di racconti "Vengo via con te", ha vinto il Frontiere Grenzen ed è stato finalista al premio Calvino. Ma il meglio deve ancora venire.