Paolo Vivian: “Memoria & identità”

A indirizzare Paolo Vivian verso l’arte è stata «la memoria del cuore». Una scelta «autonoma rispetto a ciò che mi diceva il cervello» che oggi, diciassette mostre personali e numerosi riconoscimenti dopo, possiamo definire riuscita. A coronare il 2024 dell’artista perginese l’assegnazione del prestigioso Premio Suzzara, ideato nel 1948 nel mantovano da Dino Villani, padre nobile della pubblicità italiana. Vivian ha concorso alla cinquantunesima edizione dell’iniziativa, a tema “Materia instabile” con l’installazione “Colonna della memoria”.

Come si è avvicinato all’arte? 

Ho iniziato coi disegni e la pittura. Più tardi mi sono dedicato alla scultura in legno, pietra e metallo. A darmi l’input fu Giovanna, la mamma di mia figlia Martina. Devo molto anche al gruppo Studio Arti Visuali di Mariano Fracalossi, al pittore Carlo Girardi, ad Adolf Vallazza che mi incuriosiva per il modo diverso di lavorare il legno, ad Egidio Petri che mi ha guidato nell’ambito della scultura lignea e a Veronica Fonzo per quella su marmo. La gallerista Dora Bulart, infine, mi ha insegnato cose che la maggior parte degli artisti fatica a capire, come curare la comunicazione, le mostre, quali eventi scegliere. Anche in collaborazione con la sua Galleria Contempo ho girato e lasciato le mie opere in tutta Europa e persino in Cina. 

Tra i suoi cavalli di battaglia ci sono i temi della memoria e dell’identità. Cosa rappresentano per lei? 

Memoria e identità vanno a braccetto. Guardo mia figlia, sua madre, la mia mamma mancata due anni fa. E penso che i momenti trascorsi insieme siano quella memoria che cresce, autoalimentandosi e definendo la nostra identità. Penso che avere dei solidi punti di riferimento sia molto importante, soprattutto per tanti giovani, che mi sembrano disinteressati rispetto a ciò che accade loro intorno. Indifferenza verso la sorte del prossimo che ho denunciato nella mostra “Mare Nostrum” sul concetto di confine e sulle tragedie del Mediterraneo. Sulla memoria, invece, di recente, ho lavorato assieme all’Istituto culturale mocheno. Abbiamo installato delle aste ondulate in ferro che escono da un cubo primordiale, provando a rispondere alla domanda “Chi sono” in diverse lingue, tra cui quella mochena. 

E cento cubi impilati su un perno metallico sono anche quelli che vanno a formare la maestosa “Colonna della memoria” alta quattro metri e sessanta da lei realizzata per il Premio Suzzara. 

Sì, già nel 2005 avevo costruito un’installazione su un muro esterno composta da nove cubi rossi di dimensioni diverse. Qualche anno dopo, il bisogno di tener vivo il rapporto fra terra e cielo, materia e spirito, mi spinse a studiarne una versione verticale. Di lì in poi, ho realizzato diverse colonne della memoria, cinque nel 2023 per la Via degli Dei sull’Appenino bolognese e tre nel 2024 per il museo a cielo aperto Balade de Séprais in Svizzera. Quando ho letto il tema del Premio Suzzara, mi son detto: perché non proporre una colonna dedicata, ispirata al pittore Giuseppe Zigaina, anche lui vincitore della kermesse, in occasione del centenario della sua nascita? Ho immaginato una colonna di cento cubi poggiati uno sull’altro, ma non fissati – instabili quindi – e colorati con le tinte presenti nelle tavolozze di Zigaina. L’effetto è quello di una spina dorsale gigante con le vertebre che si arrampicano verso il cielo, interrotte da anelli di legno e crepe spontanee dell’essenza viva del larice, che ricordano lo scorrere del tempo e richiamano il concetto della società “liquida”, dove tutto si trasforma, si evolve e si fonde, invitandoci a godere appieno del presente. 

E il futuro, invece, cosa ha in serbo per lei? 

Sto lavorando a un grande minatore in tubolari di ferro, più di sei metri per quindici quintali che verrà installato in primavera vicino alla miniera di Palù del Fersina. Contemporaneamente devo realizzare una scultura in acciaio per il percorso degli alpini all’Alberè di Tenna. Proprio al forte, lo scorso anno ho proposto il percorso “Memoria e Segno”, per approfondire i concetti di radici, patria, appartenenza e libertà. Mi piace l’idea che un ex teatro di guerra sia oggi un luogo di incontro, cultura e confronto per interrogarci su cosa, come adulti e società, possiamo e dobbiamo fare di fronte ai troppi bambini vittime dei conflitti aperti nel mondo. 

Se dovesse riassumere cosa rappresenta l’arte per lei in una sola parola, quale sceglierebbe?

Vita. L’arte è tutta la mia vita. Al pari di mia figlia. Senza l’arte o senza Martina, sarei una
persona completamente diversa.

Memorie rosse, 2006

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