Pastificio Felicetti: sostenibilità e nuovi packaging

Pastificio Felicetti: per il nuovo packaging in carta l’indicatore di riscaldamento globale scende al -30%, il consumo di fonti non rinnovabili al -57%. E lo spaghetto è il formato di pasta più ecologico.

Il richiamo a investire in sostenibilità è ormai un coro planetario, ma non basta compiere scelte green, utilizzare materiali ecologici, impegnarsi per ridurre le emissioni. Per partecipare attivamente al processo di transizione ecologica occorre “fare” e “fare bene”, così come misurare gli effetti del proprio operato per superare l’ottica autoreferenziale e puntare al miglioramento continuo. Con questa consapevolezza il Pastificio Felicetti non solo ha avviato da tempo l’introduzione di confezioni in carta al 100%, ma ha anche commissionato una ricerca all’Università di Trento per rispondere a una domanda molto semplice: il packaging di carta è più sostenibile, ma in quale misura?

Il risultato è interessante e niente affatto scontato. I ricercatori dell’ateneo trentino – che hanno compiuto un’analisi Lca (Life cycle assessment) valutando il ciclo di vita delle due soluzioni di imballaggio, in carta e in plastica – certificano che il pacchetto di carta riduce in maniera decisamente consistente gli impatti ambientali per le due fondamentali categorie di indicatori: -30% riscaldamento globale, -57% consumo di fonti non rinnovabili. Di contro, lo stesso studio evidenzia che molto resta da fare per migliorare ulteriormente la performance sul fronte dei consumi. Il volume maggiore del materiale (la carta ha più massa della plastica) in fase di confezionamento comporta una minore velocità di avanzamento dell’impianto, quindi consumi comunque elevati. «Noi puntiamo al miglioramento continuo, con la consapevolezza che investire in sostenibilità è ‘un lento procedere controcorrente’ come qualcuno ha affermato, ma non bisogna lasciarsi scoraggiare – ha commentato Riccardo Felicetti, ad dello storico pastificio delle Dolomiti – In questo senso sono fondamentali anche le scelte in materia di energia, come quelle compiute per il nostro nuovo stabilimento di Molina di Fiemme, alimentato da un impianto di cogenerazione capace di coprire l’intero fabbisogno, senza sprechi».

Tra le curiosità emerse dallo studio anche il minor impatto della pasta lunga rispetto a quella corta, per le dimensioni delle confezioni che incidono sulla pallettizzazione, consentendo una riduzione complessiva della massa degli imballaggi.

Più in generale, l’analisi di Lca – che tecnicamente ha lo scopo di quantificare le prestazioni di un prodotto considerando l’intero ciclo di vita, dall’estrazione/produzione delle materie prime fino allo smaltimento – mette in luce che per tutte le tipologie di pack esaminate il maggior costo ambientale non è da ascrivere al confezionamento. In realtà sono le fasi upstream (ovvero l’estrazione e raffinazione delle risorse, la produzione di elettricità/carburanti, il trasporto, ecc.) e core (produzione industriale) le più onerose per il pianeta. Per la pasta il cosiddetto downstream – che comprende le operazioni di confezionamento, il trasporto al cliente finale/distributore e il fine vita del prodotto – impatta molto di meno.

«Scopo dell’analisi Lca è proprio questo – conclude l’ad – identificare i punti critici per l’ambiente nel ciclo di vita di un prodotto, per consentire alle aziende di prendere decisioni consapevoli sotto il profilo ambientale. Uno strumento indispensabile, quindi, per chi ha la responsabilità di guidare un’attività produttiva in un processo di transizione non più eludibile».

Fondato nel 1908, il Pastificio Felicetti è una società per azioni ancora saldamente nelle mani della famiglia del fondatore, che da quattro generazioni porta avanti una produzione di specializzazione nell’alta Val di Fiemme. E se la montagna e i climi estremi sono ora ingredienti ricercati e apprezzati dai gourmet di tutto il mondo, non era lo stesso nei primi anni del Novecento, quando Valentino Felicetti ebbe l’intuizione che l’acqua di sorgente e l’aria d’alta quota potessero conferire alla pasta di grano duro un sapore distintivo. Un esperimento imprenditoriale da cui è nata una dinastia di pastai tra le Dolomiti e un percorso produttivo di ricerca che, in oltre un secolo, ha conosciuto molti epigoni e aperto un nuovo segmento di mercato: quello delle paste di montagna. Ancora oggi è l’unico pastificio in Europa situato sopra i 1.000 metri di altitudine.

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