Per cosa possono ancora scendere in piazza gli studenti, oggi?

Trento, 17 dicembre. Un gruppo di persone manifesta dietro al Duomo. Tra loro, il sindaco. Saranno sì e no un centinaio: sono la comunità iraniana, con qualche simpatizzante la loro causa. Il motivo della loro marcia: ricordare le vittime del regime e supportare le proteste in corso nel paese. Si chiede al governo di Teheran di cessare le violenze. Noto la manifestazione perché sto passando in città, ma non ne sapevo nulla. Mi chiedo: perché non sono di più? Anzi, perché non siamo di più? Manifestazioni analoghe erano stato organizzate in altre città italiane a ottobre, sempre con poca partecipazione. Il simbolo della protesta: il taglio di capelli di alcune donne, in piazza, per ricordare Mahsa, uccisa dalla polizia iraniana perché non aveva osservato l’obbligo del velo. Si era scesi in piazza a Napoli, Milano, Roma, Bologna… Proprio a Bologna, 17 dicembre. Manifestazione contro il ddl anti-rave del governo. Si marcia in nome della libertà di organizzare feste autogestite. Diecimila ragazzi camminano e ballano per otto ore: la città è paralizzata. Anche Fridays for Future, solo a Trento, aveva raccolto oltre duemila studenti, il primo venerdì di proteste “italiano”,  nel 2019. Le proteste ecologiste sono andate avanti da allora, ma fanno decisamente meno clamore. Forse è stata solo una piazza un po’ più alla moda di altre. Cosa ci possono dire questi numeri? La libertà d’espressione non è forse più un tema da studenti, mentre le feste e il clima lo sono? Si marcia solo per temi più vicini a noi?  E la pace, allora, com’è messa nelle classifiche di interesse? Vale la pena?

A Milano, il 5 novembre, alla marcia per l’Ucraina c’erano 40 mila persone, solo quattro volte quelle in piazza a Bologna per i rave. Non erano molti i ragazzi presenti. Si obietterà: scendere in piazza non è più attuale, perché ci sono altri modi di protestare al giorno d’oggi. Può essere… ma quali, esattamente? La profonda attività di sensibilizzazione di una storia su Instagram, tra un aperitivo e un tramonto? La firma su una petizione online? O forse manifestare in piazza non ha più senso, perché si discute con più calma in altre sedi, come le scuole? 

Mah… Nel liceo scientifico dove attualmente insegno sono state proposte due assemblee di istituto in questi primi tre mesi. I temi erano interessanti, per carità: “le dipendenze” nella prima, “la cultura hip hop” nella seconda. Della guerra in Ucraina e delle proteste in Iran, però, finora nessuna traccia. Ho come l’impressione che, dopo la pesante vicenda del Covid e la tensione per la guerra (o forse più per l’inflazione dovuta alla guerra), ci sia nella società un senso generale di stanchezza, tale da farci credere che anche noi, in fondo, abbiamo già problemi molto seri da affrontare: come pretendere che ci accolliamo  anche le disgrazie altrui? 

Se chiedessi a un diciottenne oggi di scendere in piazza per solidarietà con i suoi coetanei iraniani, ne capirebbe il senso? Anche i più giovani, temo, sono immersi in questo egoismo – umano, senza dubbio – sempre più opprimente, e faticano a sentirsi parte di un mondo più vasto, in cui esistono – purtroppo – problemi maggiori di quelli che loro finora hanno vissuto, marginalmente, sulla propria pelle. Mi immagino lo sguardo di un diciottenne che a quindici anni urlava in piazza che il mondo sarebbe finito nel 2050, a sedici è rimasto chiuso in casa mesi, a diciassette ha ascoltato per un anno notizie di minacce nucleari in Europa. Scendere in piazza per la liberta di espressione in Iran? Davvero? E poi dov’è, l’Iran? Lì, almeno, si possono ancora fare rave?

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Pubblicato da Alessandro Zanoner

Nato a Trento nel 1993, insegnante di italiano, latino e storia nelle scuole superiori. Suonatore di strada con umili tentativi da cantautore e scrittore. Mi piacciono la montagne e il Mar Tirreno; viaggio con una buona frequenza, soprattutto in centro Italia. Un pomeriggio a Roma una volta all'anno, minimo. Pavese, Moravia ed Hermann Hesse i miei autori preferiti in narrativa. Per la musica De Gregori, Vinicio Capossela, Lucio Battisti e Giovanni Lindo Ferretti.