Perché gli studenti non parlano più di politica

Quest’anno insegno in un liceo scientifico, e ho quindi vissuto le prime settimane di lavoro in concomitanza con la campagna elettorale; l’occasione mi ha portato a osservare nuovamente il veloce cambiamento nella percezione della politica a scuola. Ricordo con piacere i giorni in seconda superiore, nel 2008, quando si passarono diverse ricreazioni a discutere sui candidati alle elezioni americane, cioè Obama e McCain. Si confrontavano programmi e ideali, anche se, come è naturale a quell’età, le nostre posizioni erano quasi sempre quelle che assimilavamo in famiglia. La mia classe era, per la verità, ricca di appassionati di storia e di politica, e forse non fa testo, ma il divario tra l’interesse che respiravo in quei giorni (per elezioni, tra il resto, in un altro continente!) paragonato con il dibattito che si trova oggi nei licei, è perlomeno interessante. Poco tempo fa ho rivisto “Ecce Bombo”, il capolavoro del 1978 di un Nanni Moretti 25enne: è enorme ovviamente anche il divario tra le discussioni ai tempi del mio liceo e l’incredibile pervasività della discussione politica negli anni d’oro delle contestazioni studentesche. Non si vuole qui sostenere che a quei tempi ci fosse per forza una grande cultura o profondità negli studenti, ma solo notare il diverso livello di interesse e di coinvolgimento, anche emotivo.

A scuola oggi il dibattito politico sta scomparendo; non sono certo l’unico a dirlo: in campagna elettorale alcuni leader hanno ricordato, con preoccupazione, questa mancanza di interesse tra i giovani. Quali sono i motivi di questo allontanamento?  

Innanzitutto è fondamentale la questione degli trasferimenti in altre regioni, o all’estero: quanti studenti liceali di Trento si immaginano il proprio futuro nella loro città? Direi pochissimi. Le questioni locali (il nuovo ospedale, la ferrovia, le scelte sull’accoglienza) interessano un pubblico esclusivamente adulto o addirittura anziano, che sente un forte legame con la circoscrizione, o con il proprio comune. Chiedete a un diciottenne oggi se sa cos’è una circoscrizione… 

Se non vivo innanzitutto la partecipazione a una vita pubblica nella mia comunità, se non inizio lì le mie “battaglie”, ovviamente mi sentirò ancora più lontano dalla politica nazionale. Non a caso i temi che appassionano gli studenti oggi sono quelli alti, trasversali a tutta l’Europa, se non al mondo, come i diritti civili o l’ambiente: questioni però così generali  che risulta difficile ci sia una minima profondità di analisi, o che si arrivi a proposte pratiche sulle quali impegnarsi nelle realtà locali.

Un secondo motivo credo sia rappresentato dalla crisi dell’informazione. Se già è difficile per un adulto trovare giornali o servizi di qualità, immaginiamo il livello di profondità che può raggiungere uno studente, che si informa quasi esclusivamente sui social, scorrendo allo stesso modo pagine di siti di informazione come video di personaggi celebri, politici o meno. Parliamo di notizie o opinioni espresse in schermate da massimo venti parole, o in video di trenta secondi, in cui l’obiettivo è semplificare, ridurre a slogan, a un confronto a due (“o noi o loro”, per citare un candidato alle recenti elezioni). L’esempio più emblematico è forse quello della recente discussione sul DDL Zan: la scelta è essere giudicato un eretico dall’influencer Salvini, o essere condannato come omofobo dall’influencer Fedez. In un mondo in cui la politica è semplificata a bianco o nero, e in cui la discussione verte solo su temi elevati ed emotivi, c’è ancora posto per un dibattito in classe?

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Pubblicato da Alessandro Zanoner

Nato a Trento nel 1993, insegnante di italiano, latino e storia nelle scuole superiori. Suonatore di strada con umili tentativi da cantautore e scrittore. Amo la montagna e il Mar Tirreno e passo molto tempo a viaggiare, soprattutto in centro Italia; non sono ancora mai uscito dal Vecchio Continente. Cesare Pavese e Hermann Hesse le mie guide in narrativa. Per la musica De Gregori, Guccini e Vinicio Capossela.