Pop X: musica senza compromessi

Venti anni di musica, sperimentazione e fedeltà alla propria visione: Davide Panizza e Walter Biondani, cuore pulsante di Pop X, riflettono su due decenni di carriera e sulla continua evoluzione del progetto. Con otto anni alle spalle sotto l’egida di Bomba Dischi, una delle maggiori etichette indipendenti italiane, il collettivo trentino continua a spingersi verso nuove frontiere, esplorando palchi internazionali e ampliando il proprio immaginario sonoro. In questa intervista, i due artisti raccontano il percorso che li ha portati all’ultimo album, segnato da una maturità riflessiva, senza mai perdere di vista l’ironia dissacrante e la libertà creativa che li contraddistinguono.

Davide e Walter: con Pop X vent’anni di musica e otto con una delle più grandi etichette indie italiane. Avete raggiunto il vostro obiettivo? O l’idea è di crescere ancora?

Siamo sempre pronti a vedere se si aprono nuove strade, e siamo aperti a coglierle. Al momento però non abbiamo obiettivi a lungo termine: cerchiamo di vivere alla giornata e di goderci ciò che ci convince; se si presenta l’occasione, è giusto anche allargare gli orizzonti. Recentemente si è iniziato a suonare all’estero, sia con Panico Concerti sia in alcuni live con la nostra etichetta, Bomba Dischi. La nostra etichetta ci aiuta a sviluppare le cose nel migliore dei modi, quindi va bene così.

Quest’ultimo album rappresenta un ritorno a pezzi più cantautoriali, con testi ricchi di spunti: è forse anche un discorso di maturità? Ascoltando l’album si percepisce quasi una certa saggezza di fondo.

In realtà questo disco è un punto d’arrivo per noi, perché abbiamo scritto molti dei testi a quattro mani, ed è la prima volta che ci riusciamo in vent’anni di lavoro assieme. La variabile tempo è importante: non siamo più gli stessi, ci siamo evoluti, e anche nella musica c’è un adeguamento all’età, perché per forza di cose crescendo si diventa più tranquilli, o più naturali. Per il nostro primo disco, nel 2005, ci siamo accampati senza impegni a casa (di Davide), senza bambini, ovviamente; ora che abbiamo famiglia ci troviamo a lavorare con maggiore regolarità, in orari prestabiliti. Anche i testi sono nati in modo più riflessivo, a volte quasi a tavolino, e si sente forse l’influenza di filastrocche e storie, che poi sono quelle che raccontiamo ai nostri figli. Questi temi più simbolici e infantili ci piacciono perché sono meno crudi e quotidiani, vanno in direzione del fantastico, con immagini aperte, interpretabili, che è quello che abbiamo sempre cercato di ottenere. L’unica eccezione negli ultimi anni forse è stato l’album Enter Sandwich, più vicino a temi quotidiani, domestici. Ora siamo in qualche modo ritornati all’immaginario fantastico di sempre.

In questo album non ci sono collaborazioni, e in generale non capita spesso di vedervi pubblicare con altri artisti. Perché? Non avete richieste?

Collaborare con un progetto come il nostro non è semplice. Pop X è un collettivo con una visione ben definita, e vogliamo mantenere una coerenza. Se troviamo qualcuno con cui collaborare, bene, ma finora sono stati rari i casi in cui questo è accaduto. È anche importante ricordare che il nostro nasce già come progetto collaborativo, perché ci sono diverse figure, e quindi si affronta una certa complessità già nell’adattare i pezzi tra di noi.

Spesso si accosta a Pop X l’aggettivo “geniale”. Sicuramente si può dire che avete inventato un genere, intuendo le potenzialità dell’unione di musica elettronica ballabile e testi tra il profondo e l’assurdo, l’allucinato. Eravate consapevoli fin dall’inizio della particolarità del progetto e del suo potenziale successo? Ci credevate?

Sicuramente eravamo consapevoli di stare creando qualcosa di particolare e di importante per noi, ma non c’erano delle ambizioni specifiche. C’era tanta voglia di abitare il presente. Nel 2005 siamo partiti con l’idea di fare musica diversa da quella che si sentiva nelle radio. Abbiamo continuato a zappare sullo stesso terreno e, col passare degli anni, ci siamo resi conto che il nostro buco si faceva sempre più profondo. Ci siamo perciò impegnati a mantenere la nostra visione senza cambiarla radicalmente, perché alla fine i progetti migliori probabilmente sono quelli che perseverano nella loro idea, senza snaturarsi, quelli che rimangono fedeli alla prima essenza. Anche per questo non abbiamo mai pensato di espandere il nostro pubblico a scapito della nostra identità.

Pop X potrebbe essere definito punk, per la componente dissacrante a livello musicale e lirico e performativo. Non pensate, a volte, che portarlo in tour nei club o nei festival lo abbia snaturato? Vi manca suonare sulle strade o in luoghi improbabili, come alle origini, o avete accettato volentieri l’evoluzione verso qualcosa di più strutturato?

Il palco è solo una questione di confezione. In tutti i contesti si può creare un’atmosfera simile a quella di quando suonavamo per strada o in locali più piccoli o meno organizzati. L’obiettivo nostro forse è proprio quello di vincere il contesto e dare la stessa atmosfera che uno può trovare in strada, ma su un grande palco. È interessante perché è una sfida sia tecnica sia di sensazioni, quindi non è scontato ottenere un risultato del genere.

In tanti si saranno chiesti se l’immagine artistica di Pop X sia un personaggio, un alter ego, o se siete fuori dagli schemi anche nella vita al di là della musica, nella quotidianità. Qualcuno potrebbe chiedersi, per essere chiari, se ci siete o ci fate…

Nel processo creativo è naturale sentirsi quasi un’altra persona, ma alla fine si è sempre se stessi. Ovviamente, nella vita di tutti i giorni si devono rispettare determinate regole sociali. Fuori da queste, Pop X è un canale di sfogo che permette di esprimere parti della personalità che rimarrebbero nascoste, e alle quali è giusto mettere dei freni, quando si sta in società. Non è una finzione, però: rimane qualcosa di vero che semplicemente ha trovato un modo di emergere. Più facciamo concerti, più ci sentiamo liberi di essere noi stessi, artisticamente parlando. I nostri primi live in questo senso erano frustranti, perché non sapevamo ancora come esprimere determinati sentimenti o sensazioni, ma col tempo, piano piano, abbiamo trovato un modo per comunicare ciò che volevamo: è stata una strada difficile, ma possiamo dire che con questo album siamo vicini a realizzare l’idea che abbiamo in mente da vent’anni. Servivano tempo e lavoro per arrivarci, sia a livello tecnico che concettuale.

Pur lavorando con un’etichetta romana, rimanete stabili in Trentino. Non c’è la tentazione di vivere in un ambiente con più interazioni, anche artistiche?

La nostra vita l’abbiamo trascorsa qui e non ci siamo mai posti il problema di spostarci. Con Bomba Dischi lavoriamo bene a distanza, quindi in questo caso per noi non conta molto il luogo dove ci si stabilisce. Poi per i tour si viaggia in tutta Italia e all’estero, e questo ci permette di uscire dal Trentino, pur mantenendo sempre un piede qui.

Si dice spesso che gli artisti abbiano uno sguardo più profondo sulla realtà. Qualcuno, dai vostri testi, potrebbe pensare che si voglia decostruire tutto, con una sorta di tragica ironia. C’è in fondo una spinta rassegnata o nichilista in voi, o vi considerate persone ottimiste?

Per noi si distrugge tutto quando si afferma qualcosa in modo netto, secco. Se invece si osserva nel profondo, cogliendo le sfumature affrontando i temi con una mente aperta, pronti a mettersi in discussione, allora si può raggiungere la profondità,  senza cercare di prendere posizioni assolute o essere perentori.

Non sappiamo se “ottimismo” sia la parola giusta. Forse è più “curiosità”, e per essere curiosi sicuramente occorre un po’ di fiducia, pur nella consapevolezza del fatto che la realtà sia ricca di apparenze, illusioni. La verità va un po’ scovata, e anche nell’esperienza dell’educare i figli questo passaggio non è semplice. È importante insegnare a non fidarsi delle apparenze, perché spesso tante situazioni si rivelano essere solo fumo, ed è giusto smascherarle, sia come artisti che come esseri viventi, nella costante ricerca dell’essenza più vera delle cose.

Quando ti ritrovi da solo a fare qualcosa di vero e faticoso conosci i tuoi limiti e cerchi di superarli, e questo è quello che proviamo a trasmettere. Abbiamo sempre cercato di arrivare al nocciolo della nostra poetica, senza cadere nel rischio di idealizzarci o di seguire strade che non ci appartengono. L’amare il nostro tempo è comunque un carattere importante del progetto Pop X.

Ci sono decine di pezzi nei meandri di YouTube che per molti fan decennali sono delle perle che meriterebbero la fama degli ultimi singoli. Non avete mai pensato a un BEST OF 2 per regalarli al grande pubblico? Preferite che rimangano un tesoro nascosto per chi c’era fin dall’inizio?

Un BEST OF potrebbe avere senso, anche se rimane forse il problema di alcuni contenuti espliciti, non adatti a una distribuzione ufficiale. Al tempo stesso in effetti è anche bello che certi brani rimangano un tesoro nascosto, perché hanno un loro fascino, legato anche ai tempi in cui sono usciti. Ci penseremo.

Le domande flash di TM

(Prima risposta Davide, seconda Walter)

Il libro che stai leggendo. Jack London, “La peste scarlatta”. Jack London, “Racconti del Pacifico”.

Il tuo colore preferito?  Azzurro. Giallo.

Il piatto che ami di più? Pasta al pomodoro. Carbonara.

Il film del cuore? “Voci nel tempo”, di Franco Piavoli.

La squadra di calcio che tifi? Nessuna.

L’automobile preferita? Renault Avantime. Subaru Impreza.

Il viaggio che non sei ancora riuscito a fare? L’aldilà. L’aldiqua.

Hai animali domestici? Un gatto. Due figlie del gatto di Davide.

Cantante, compositore o gruppo preferito? Michael Jackson (nell’infanzia). Bob Marley.

Se non avessi fatto quello che hai fatto, cosa avresti voluto fare? Pellegrino. Navigatore solitario.

La cosa che ti fa più paura? I quartieri degradati delle grandi città. Le malattie.

Il difetto che negli altri ti fa più paura? Violenza irrazionale. Idem.

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Pubblicato da Alessandro Zanoner

Nato a Trento nel 1993, insegnante di italiano, latino e storia nelle scuole superiori. Suonatore di strada con umili tentativi da cantautore e scrittore. Mi piacciono la montagne e il Mar Tirreno; viaggio con una buona frequenza, soprattutto in centro Italia. Un pomeriggio a Roma una volta all'anno, minimo. Pavese, Moravia ed Hermann Hesse i miei autori preferiti in narrativa. Per la musica De Gregori, Vinicio Capossela, Lucio Battisti e Giovanni Lindo Ferretti.