È il 1990 e Peter Turnley osserva la giovane coppia accanto a lui, seduti su una terrazza di uno dei suoi ristoranti parigini preferiti, la Brasserie de l’Ile Saint Louis.
A quanto pare, i due sono in viaggio da più di un anno, attraversano il mondo, ma sembra che il loro viaggio sia anche un cammino interiore, una ricerca che parla di curiosità, di speranza, di desiderio di conoscere. Lui, lei, così simili, così uniti. Non sono semplicemente una coppia, appaiono come un’unica entità. Si guardano con gli occhi che parlano senza parole, come se fossero un tutt’uno, come se l’uno non potesse esistere senza l’altra. È una bellezza che traspare, che non ha bisogno di spiegazioni.
Peter allora solleva la sua macchina fotografica. Sente che quel momento va catturato, che quella scena deve essere cristallizzata nel tempo. Con un click, fissa quell’immagine che racchiude più di quanto le parole possano dire. Un momento di perfezione, di complicità, di un amore che sembra invincibile, eterno. Ogni dettaglio sembra riflettere la loro unione: il sorriso appena abbozzato, la posa, la luce che gioca sui loro volti, come se il tempo si fermasse per permettere di immortalare tanta bellezza.
Peter si chiede spesso dove siano ora, cosa facciano. Se stiano ancora insieme, se quel legame che li teneva uniti sia sopravvissuto al tempo. Ma poi si rende conto che non importa. Quello che conta non è il futuro, né il prima, ma “quel” momento. Già. Ecco cosa veramente importa, ora. Quell’attimo immortale che durerà per sempre.