Rifiutare la tessera fedeltà mi ricorda di avere un cervello

L’altro giorno, dopo aver comprato carta igienica e ricariche del detersivo in un negozio di detergenti, mi è stato proposto, per l’ennesima volta, di fare la tessera fedeltà. Come sempre la mia risposta è stata un educato “no, grazie”. La mia voglia di perdere tempo a compilare un formulario con i miei dati e acconsentire a ricevere mail commerciali, che si sarebbero aggiunte a quelle da cancellare quotidianamente, era pari a zero. “Ma così si perde delle offerte vantaggiose, vede, sul catalogo di questa settimana…“, ha rilanciato la commessa e si è affrettata a mostrarmi il depliant cartaceo con i bagnoschiuma in formato famiglia a prezzo ridotto. Non ce l’ho con la commessa, che si impegna per fare bene il suo lavoro, come le è stato chiesto di fare, per raggiungere gli obiettivi di vendita. Ad irritarmi è il meccanismo di profilazione di queste aziende, a cui cediamo tanto facilmente la nostra privacy per qualche euro in meno (forse). Sarà anche vero che avrei risparmiato qualcosa con i bagnoschiuma maxi (a parte che uso il sapone solido) ma dire quel semplice “No grazie” è stato come rimarcare simbolicamente un piccolo diritto alla libertà. Libertà di non comprare qualcosa di non necessario. Di non sentire l’ansia di dove acquistare per forza qualcosa perché ci sono i saldi o il black Friday di turno. Libertà di non essere ulteriormente scannerizzata da questo schema commerciale in cui siamo, volenti o nolenti, imbrigliati per sostenere l’intero apparato economico da cui ahimè dipendiamo. Dobbiamo pur andare al supermercato se vogliamo mangiare, possedere una macchina che va lavata, revisionata, riempita di costosissima benzina, per arrivare al lavoro, puntuali, dobbiamo avere lo smartphone e il computer per comunicare, in certi casi lavorare, per conoscere il referto di una visita e persino per gestire i nostri soldi. Dobbiamo correre. Sempre. Stare al passo con la tecnologia. Circondarci di strumenti che richiedono denaro e manutenzione, custodie, antivirus, applicazioni, per non parlare dell’energia elettrica, sempre più richiesta. Stare anche al passo con la moda. Culinaria, estetica… Altrimenti siamo emarginati. Ma essere attivi sui social, avere una mail, possedere uno smartphone, un’automobile, un’assicurazione, andare al mare in estate, in vacanza durante i ponti, mangiare il sushi, farsi le unghie dall’estetista per apparire curate, comprare un capo di tendenza… Avete idea di quanto sia faticoso tutto questo? Di quanta ansia ci provochi stare al passo con tutto? E che pur di farlo facciamo un sacco di cose col pilota automatico, trasportati come rami tra le onde dopo le mareggiate, rimbambiti da mille sirene, reali e virtuali? Ecco, il mio rifiuto alla tessera fedeltà è solo un piccolo gesto di ribellione. Non conta nulla, non cambia nulla. Ma mi ricorda di avere una mente che ogni tanto può fermare questo flusso di stimoli e ragionare, riflettere sulle cose che ci vengono costantemente propinate e chiedersi qualche volta: ma perché?

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Pubblicato da Silvia Tarter

Bibliofila, montanara, amante della natura, sono nata tra le dolci colline avisiane, in un mondo profumato di vino rosso. La vita mi ha infine portata a Milano, dove ogni giorno riverso la mia passione di letterata senza speranza ai ragazzi di una scuola professionale, costretti a sopportare i miei voli pindarici sulla poesia e le mie messe in scena storiche dei personaggi del Risorgimento e quant'altro. Appena posso però, mi perdo in lunghissimi girovagare in bicicletta tra le abbazie e i campi silenziosi del Parco Agricolo Sud, o mi rifugio sulle mie montagne per qualche bella salita in vetta. Perché la vista più bella, come diceva Walter Bonatti, arriva dopo la salita più difficile.