Sentieri d’Autonomia 

Il presidente De Gasperi e il ministro Gruber furono protagonisti del processo autonomistico con la loro attività diplomatica

L’Autonomia speciale del Trentino rappresenta la caratteristica saliente con cui si organizza il nostro territorio. Al cuore dell’Autonomia c’è l’aspetto della rappresentanza democratica garantita dal Consiglio provinciale. È il “Parlamento” del Trentino, eletto ogni cinque anni e composto da trentacinque consiglieri. A coordinarlo, c’è il presidente del Consiglio provinciale: a dicembre scorso, l’aula ha eletto Claudio Soini, già sindaco di Ala. Vicepresidente è Mariachiara Franzoia, già vicesindaca di Trento. Li abbiamo incontrati per un confronto sui temi dell’Autonomia e sul ruolo del Consiglio provinciale.

IL “PARLAMENTO” DEL TRENTINO

Il presidente Soini ha sottolineato la centralità della rappresentanza democratica: «Il sistema elettorale garantisce che i cittadini eleggano i rappresentanti che portano la loro voce. Le elezioni consegnano una maggioranza e una minoranza perché ci deve essere un governo che prenda decisioni. Ma si ragiona insieme a partire dalle Commissioni legislative ed accade che in aula si approvino disegni di legge condivisi. Un aspetto da rimarcare nell’azione del Consiglio provinciale è la tutela delle minoranze linguistiche, ladina, mochena e cimbra». La vicepresidente Franzoia ha riflettuto sul mandato trasversale di ogni eletto: «Ogni consigliere porta le istanze degli elettori, ma abbiamo la responsabilità di rappresentare tutti i trentini, anche i tanti che non sono andati a votare. La lontananza dei cittadini dalle istituzioni è uno dei problemi più importanti».

LE RADICI STORICHE DELL’AUTONOMIA

Dal Medioevo, i trentini si sono dati strutture originali di autogoverno: dalle Carte di regola, alle Magnifiche comunità, ai diritti collettivi (usi civici). Il principale attore è stato il Principato vescovile, entità statuale di tradizione italica dentro il Sacro Romano Impero germanico. Dal 1815 fino alla Prima Guerra Mondiale il Trentino fu parte del Tirolo dentro l’Impero asburgico, insieme all’attuale Alto Adige e all’odierno Tirolo austriaco. In quel secolo si consolidò il sentimento del retaggio tirolese caro ad una parte della popolazione, mentre i movimenti irredentisti sottolineavano il legame tra il Trentino e la cultura italiana. Nasceva in quel periodo il movimento cooperativo che plasmò l’assetto socio-economico locale. Dopo la Prima Guerra Mondiale combattuta anche sui nostri monti, il Trentino e l’Alto Adige furono annessi al Regno d’Italia. Durante il regime fascista non fu riconosciuta nessuna autonomia. Si assisté ai tentativi di italianizzazione forzata dell’Alto Adige e anche le minoranze linguistiche in Trentino, mocheni, cimbri e ladini, non vennero riconosciute in nome del nazionalismo fascista. Tutto cambiò alla fine della Seconda Guerra Mondiale: nel 1946 fu siglato a Parigi l’Accordo De Gasperi-Gruber che garantiva tutele alla popolazione di lingua tedesca dell’Alto Adige e alle minoranze germanofone del Trentino. L’accordo deve il nome al capo del Governo italiano, il trentino Alcide De Gasperi, e al ministro degli Esteri austriaco Karl Gruber. Nel 1948 fu approvato lo Statuto speciale del Trentino-Alto Adige, sancito nella Costituzione italiana e rafforzato dall’ancoraggio internazionale grazie al Patto di Parigi.

«LO SPIRITO DELLA COOPERAZIONE È ESSENZIALE»

Riflettendo sulle radici dell’autogoverno trentino, la vicepresidente Franzoia ha evidenziato alcuni elementi: «Tra le esperienze più significative c’è quella di don Lorenzo Guetti, iniziatore dello spirito della cooperazione, che va valorizzato anche nel presente. Un altro pezzo di dna trentino sta nella diffusione dei diritti collettivi, degli usi civici, delle “carte di regola”, tramandate tra le generazioni. Tramite queste consuetudini, i trentini si prendono cura del loro territorio».

Il presidente Soini sottolinea come anche nei decenni recenti il Trentino è stato laboratorio di pratiche politiche: «Per l’Autonomia, quella di Alcide De Gasperi è stata una figura cruciale e va sottolineato il ruolo del movimento cooperativo. Non dimentichiamo quelle istituzioni intermedie che sono le Comunità di Valle, istituite nel 2006 e non sempre comprese, ma che possono ottimizzare l’autogoverno, mettendo insieme il livello centrale con le istanze dei Comuni».

DAL SECONDO STATUTO ALL’EUREGIO

Lo Statuto d’Autonomia del 1948 istituiva la Regione Autonoma Trentino-Alto Adige con capoluogo Trento. Ma la centralità della Regione non soddisfaceva la popolazione di lingua tedesca dell’Alto Adige. La riforma della carta fondamentale dell’Autonomia portò al Secondo Statuto del 1972 attualmente in vigore: le province autonome di Trento e Bolzano guadagnarono più competenze a scapito della Regione. Ma se l’istituzione regionale perdeva centralità, si iniziava a ragionare su un nuovo ancoraggio transnazionale per rivitalizzare la cooperazione tra le aree del “Tirolo storico”. Dal 1991 fu attivato l’istituto del Dreier Landtag: è la seduta congiunta biennale tra i Consigli provinciali di Trento e Bolzano e l’assemblea legislativa del Land Tirol nell’ottica di perfezionare il coordinamento tra le aree. Dal 2011, le due Province autonome e il Land Tirol hanno stretto un patto di cooperazione chiamato “Euregio”, che sta per “Euroregione Tirolo-Alto Adige-Trentino”, per affrontare in maniera coordinata le sfide del presente.

«LA DIMENSIONE EUROPEA È IMPRESCINDIBILE»

Il presidente Soini invita a una visione strategica mettendo al centro proprio l’Euregio, passando per un nuovo ruolo della Regione Autonoma: «La dimensione euroregionale deve però andare oltre il folklore condiviso, può essere uno strumento per risolvere i problemi che spesso sono comuni e meglio risolvibili su più larga scala, pur nel rispetto delle differenze. Non dimentichiamo il fondamentale confronto con Bolzano: la Regione rimane un baluardo per l’Autonomia». La vicepresidente Franzoia sottolinea l’imprescindibilità della dimensione europea: «Il nostro campo da gioco è l’Europa, tante dinamiche cruciali si decidono lì. La dimensione euroregionale va promossa partendo dal basso, soprattutto dai giovani, che sono sensibili ai temi della mobilità ed ambiscono a fare esperienze importanti di studio internazionale».

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Pubblicato da Fabio Peterlongo

Nato nel 1987, dal 2012 è giornalista pubblicista. Nel 2013 si laurea in Filosofia all'Università di Trento con una tesi sull'ecologismo sociale americano. Oltre alla scrittura giornalistica, la sua grande passione è la scrittura narrativa. È conduttore radiofonico e dal 2014 fa parte della squadra di Radio Dolomiti. Cronista per il quotidiano Trentino dal 2016, collabora con Trentinomese dal 2017 Nutre particolare interesse verso il giornalismo politico e i temi della sostenibilità ambientale. Appassionato lettore di saggi storici sul Risorgimento e delle opere di Italo Calvino.