Una quindicina di uomini di diverse età assiste spiritato al passaggio di una bellissima ragazza, presumibilmente straniera, alta, slanciata, con un fisico e ai piedi dei calzari da vera dea greca. Tra i 15 c’è chi sorride, chi ammicca, chi fischia e addirittura pare tastare qualcosa nelle parti intime. L’espressione della giovane esprime preoccupazione, umiliazione, paura. Questo almeno in apparenza. Perché nel 2011, sessant’anni dopo il servizio fotografico che Ruth Orkin eseguì a Firenze, ormai 83enne, la modella che vediamo al centro dello scatto – al secolo, Ninalee Allen Craigh – volle dire la sua.
In 60 anni era diventata suo malgrado un simbolo del catcalling, un’icona del sessismo pubblico, così ebbe a dichiarare: “Quella foto non è un simbolo di molestie. È il simbolo di una donna che sta vivendo un momento assolutamente meraviglioso! Stavo camminando in un mare di uomini e me ne stavo godendo ogni minuto”.
La dichiarazione di Ninalee naturalmente disorientò svariate sacerdotesse del politically correct, gender equality et similia. Come darle torto? Tanto più che la fotografia era stata artatamente progettata. Sì, insomma, non c’è molto di spontaneo.
Inoltre, fa parte di un intero servizio (Cosmopolitan lo pubblicherà con il titolo “Non avere paura di viaggiare da sola”). Su un’altra immagine, ritroviamo la ragazza addirittura in sella alla motoretta guidata dal biondino che si vede sulla destra. “Gli italiani? Ti fanno sentire apprezzata”, dirà ancora Ninalee, serafica e sincera.