Se al “Serafini” vi sembra di respirare una certa atmosfera da “belle époque viennese”, non è certo un caso. Mezzo secolo di arte del gelato, prima a Vienna e poi a Lavis: la famiglia Serafini festeggia un lungo percorso in cui ha cercato di coniugare l’innovazione e la tradizione.
«Cerchiamo di offrire ai clienti prodotti capaci di raccontare il Trentino», ha detto Luciana Serafini, moglie di Rocco, “decano” del gelato e della ristorazione locale. La storia del “Serafini” di Lavis si intreccia con quella delle emigrazioni dal Trentino verso la Mitteleuropa.
Era il 1973 quando il giovanissimo Rocco salutava la val di Cembra per dirigersi nell’elegante Vienna: «Rocco si spostò a Vienna quando aveva appena quattordici anni. Una grande città fa paura quando sei piccolo, ma non si fece spaventare».
Iniziò a lavorare con colui che gli aprì le porte di un mondo, il gelatiere Iginio Alberti, che in un primo momento lo ingaggiò come garzone: «La sua famiglia era originaria di Bocenago, si erano trasferiti a Vienna ancora verso la fine dell’Ottocento. Fu uno straordinario gelatiere ed insegnò a Rocco le basi dell’arte meravigliosa del gelato».
Dopo qualche anno Iginio cedette a Rocco la gestione dell’”Eis-Salon” di Vienna: «Il locale divenne un punto di riferimento nella capitale austriaca, usato anche per incontri di rappresentanza, apprezzato per la capacità tipicamente italiana di innovare», ha sottolineato Luciana. L’Eis-Salon aveva puntato sull’italianità e sull’eleganza del prodotto: «Persino la carta per gli involti era scelta con cura e portava i colori del Tricolore italiano – indica Luciana. Ricordo le canzoni di Albano e Toto Cutugno a tutto volume nel locale!». Dopo venticinque anni a Vienna, nel 1999 i Serafini decisero di tornare a Lavis, in uno stabile posto all’incrocio tra via Cembra e via Rosmini. Ed è in quei momenti decisivi che Luciana si conferma come protagonista della vicenda: «Tornare a Lavis fu una scelta coraggiosa e difficile, perché Lavis è un paese vitivinicolo, non è certo Vienna e dovemmo ricostruire tutto a partire dalla cultura gastronomica – racconta Luciana – Ma capii che dovevamo riuscire a distinguerci, partendo dalle colazioni e arrivando poi con il tempo e la cura a trasformarci in un ristorante del gelato».
È cruciale la scelta degli ingredienti, di cui è specializzato Rocco: «È lui il “selezionatore” dei prodotti, ha sottolineato Luciana. Sceglie con attenzione gli ingredienti, tenendo i rapporti con i produttori, che spesso hanno produzioni piccole e di nicchia». Il tocco di Luciana si percepisce soprattutto nella ricerca dell’eleganza e nella cura estetica: «Da Vienna portammo con noi la tradizione delle posate e delle stoviglie in argento. I gusti del pubblico sono cambiati moltissimo, ma noi abbiamo sempre cercato di anticipare le tendenze, informandoci, andando alle convention, continuando a ricevere rappresentanti con molte proposte innovative».
Perché dietro al gelato, ma in generale a tutta la gastronomia, per i Serafini c’è un’idea precisa di racconto: «Cerchiamo prodotti e ricette che possano rappresentare le specialità regionali italiane ed in primis trentine. Su due coppe abbiamo il logo della “farfalla” del Trentino, usiamo l’Olio del Garda, proponiamo spumante trentino e non il prosecco, insomma ci crediamo molto e cerchiamo di spiegare ai clienti dove siamo. Proponiamo anche delle visite guidate per i bambini in modo che scoprano il mondo della gelateria», ha indicato Luciana, che mostra con orgoglio i premi conquistati nel corso degli anni. Solo per citarne alcuni: “Bar d’Italia”, “Gambero Rosso”, il “Golosario” con le cinque migliori gelaterie d’Italia.
La nuova generazione dei Serafini imprenditori è rappresentata dal figlio Roberto: «Dopo la maturità è diventato importantissimo per la gestione della nostra attività – ha sottolineato Luciana. Ci ha accompagnato nelle scelte e nell’ingrandirsi dell’azienda. I nostri figli hanno tutti studiato e lavorato, sono il nostro orgoglio».
Oggigiorno un cruccio è rappresentato dalla difficoltà, generale a tante aziende, di reperire personale. Ma al “Serafini” si cerca di tenere i componenti dello staff motivati: «Cerchiamo di trasmettere a chi lavora con noi l’orgoglio d’essere parte della filiera gastronomica. Serve un nuovo approccio anche rispetto al personale, come ci insegnano i nostri figli che studiano proprio queste tematiche nel loro percorso di formazione. Il lavoro non deve diventare un obbligo, un’oppressione. Le nuove generazioni hanno bisogno di grandi stimoli e sentire di essere parte di qualcosa di significativo».