Silvia Gadotti, giornalista “liquida”

“Mi chiamo Silvia Gadotti. Lavoro da oltre quindici anni come giornalista e comunicatrice, principalmente nel territorio trentino ma ho sviluppato contatti anche sul nazionale. La mia è una personalità che definirei liquida…”. Viene in mente, ovviamente, Zygmunt Bauman che definisce con questo aggettivo divenuto famoso il nostro tipo di società in perenne, molecolare cambiamento, instabile, precaria, nell’organizzazione del lavoro, della famiglia, dei legami umani. Ma Silvia adotta la parola modificando il concetto: liquida è la persona flessibile e polivalente, che, nel suo caso ha incrementato il suo “bagaglio di competenze con altri aspetti multidisciplinari e trasversali, inseriti in un’ampia analisi e comprensione del territorio trentino, con focus particolare su economia e innovazione, turismo e sport, natura e sostenibilità”. 

Bene: linguaggio professionale, ineccepibile di una persona, padrona della materia, sicura di sé. E io le sparo un: “Che bambina eri?” “Timida” mi risponde, sorprendentemente, lei. E mi racconta della sua infanzia. Papà geometra, mamma impiegata, lei nata a Trento nel 1980 nel rione popolare di San Giuseppe. Timida ma molto curiosa: “D’estate andavo in collina a Oltrecastello da mia zia. Mi divertivo molto con la mia amica Lucia Cristina e i bambini Oltrecastelòti. C’erano dei vasconi scavati nel terreno che raccoglievano l’acqua per irrigare. Ci facevamo il bagno. C’era una casa abbandonata; ci portammo i nostri giochi e ci passavamo interi pomeriggi. C’era anche un maneggio, andavamo ad ammirare cavalli e cavalieri e Lucia Cristina imparò in seguito a cavalcare…”. 

Alessandro Olivi, Francesco Moser e Silvia

Silvia crebbe, si diplomò al Liceo scientifico: ”Studiavo a giurisprudenza. Un giorno mio cugino Mauro Bonvecchio, giornalista, mi propose di scrivere delle cronache di gare di nuoto. Bene: qualche soldino mi avrebbe fatto comodo: accettai. Firmavo i miei pezzi e m’ero un po’ fatta conoscere. Nel 2005 mi proposero di collaborare in televisione a RTTR, sempre in ambito sportivo, questa volta calcistico. Non apparivo però sullo schermo: dopo la partita facevo telefonate agli allenatori e le interviste venivano utilizzate nel programma serale in cui si discuteva della partita. Un giorno verso mezzogiorno ero in sede, quando il direttore Luigi Giuriato (scomparso di recente) mi disse: “Vai al microfono e leggi il telegiornale!” “Io? E il vestito, e i capelli?” “Vai come sei”. Obbedii con un’emozione pazzesca. E tutto andò bene. Seppi che Giuriato aveva fatto così anche con altri: era la prova del fuoco; chi la superava veniva arruolato. Così per sei mesi feci la lettrice del telegiornale di mezzogiorno, continuando a lavorare per la domenica calcistica. Poi passai ad un’agenzia giornalistica che faceva promozione turistica del Trentino. Un lavoro che durò quattro anni. Nel mio lavoro free lance passai ad un altro settore, quello sulle imprese del territorio per conto del Centro Europeo di Impresa e di Innovazione (che oggi non esiste più). Cercavo di perfezionare la mia professionalità frequentando corsi di dizione, (uno era condotto da Andrea Castelli, con cui imparai molto); corsi in cui si insegna come presentarsi in pubblico. Importante è riuscire a capire, nel minor tempo possibile, chi ti sta di fronte, o che tipo di pubblico è quello. Mi accorsi di avere una certa capacità in questo, mi accorsi di saperci fare…”. 

Silvia l’ha scritto nelle sue note curricolari: “Scrivere, immaginare, creare. E comunicare. Che sia attraverso la carta stampata o in nuovi media, guardandoti in faccia, o parlando al microfono, questo è quello che sono brava a fare. E che mi piace fare. E a voce mi confida: “Nei miei programmi alla radio cerco soprattutto di far emergere le passioni dell’intervistato”. Lei, per esempio, non si era mai interessata al mondo dei cori; ed ecco esplodere la curiosità (che si porta con sé da quando era piccola), per questo pianeta in cui rivivono le leggende, la storia, la natura, le passioni umane, le pene e le gioie modulate con il canto. Che a pensarci è uno strano modo di esprimersi storcendo la bocca, nato chissà quando, prima o dopo, in tutti i posti del mondo. I canti nascono dalla solitudine, dal bisogno di trovare conforto, anche da soli, oppure di stringersi assieme se si canta in coro. Ha appreso tante cose, Silvia, frequentando il pianeta dei coristi: ad esempio, che non esistono individui stonati: esistono solo (per usare un solecismo meridionale) individui “non imparati”. E così, in tempi di pandemia, è nato questo ciclo di trasmissioni radiofoniche di successo: ”La terra dei cori”, condotte dalla nostra Gadotti. Come conduttrice televisiva il programma di maggior successo, anch’esso in tempo di pandemia, è stato un programma sui quartieri e i sobborghi di Trento, nato dall‘idea di un oriundo, Giuseppe D’Agostino, siciliano di Palermo arrivato dalla città di Santa Rosalia a quella di San Vigilio qualche anno fa: l’idea era quella di “spiegare Trento ai trentini” in un’ottica diversa, a cominciare dall’ottica siciliana del regista D’Agostino. Il ciclo ha realizzato sinora cinque puntate (e altre sono in progetto) è gestito da un tris di alto profilo professionale, giacché alla conduttrice Silvia Gadotti e al regista Giuseppe D’Agostino si è aggiunto Alessandro Franceschini, giornalista e architetto, che dei rioni e sobborghi sa dare una lettura urbanistica.

Il successo professionale di Silvia è un cocktail di molte qualità: la curiosità, l’intelligenza, la tenacia, la polivalenza, l’avvenenza… Per fermarci un attimo su quest’ultimo ingrediente del cocktail, diciamo che lei ha la bellezza della ragazza della porta accanto, ovvero l’avvenenza di una che non se la tira, con un fisico non da pin-up, ma da sportiva. Fin dall’adolescenza infatti lei ha modellato il suo fisico praticando diversi sport: sci, sci-alpinismo, trekking, vela, nuoto… In quest’ultima disciplina, ha militato per diversi anni nella mitica Rari Nantes, la più prestigiosa squadra di nuoto della regione, gareggiando e vincendo gare, nei 200 e 400 metri stile libero, seguita da Walter Bolognani che allenò anche la nazionale. Bolognani la spinse anche a praticare gli 800 metri, che sono una gara di fondo molto faticosa: diceva che nuotare quella distanza le avrebbe fatto bene per guadagnare resistenza e fiato. Successe che una volta Silvia si sbagliò: si fermò ai 750 metri, facendo una vasca in meno. La volta dopo invece nuotò volutamente una vasca in meno: gli “ottocento” proprio non li sopportava, non li nuotò più! Seria e diligente come è, forzando la sua natura, fu probabilmente l’unica volta che fece la lavativa…

Trento Festival dello Sport al Muse , Trento ottobre 2020 © foto Daniele Mosna
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Pubblicato da Renzo Francescotti

Autore trentino dai molti interessi e registri letterari. Ha al suo attivo oltre cinquanta libri di narrativa, saggistica, poesia in dialetto e in italiano. È considerato dalla critica uno dei maggiori poeti dialettali italiani, presente nelle antologie della Garzanti: Poesia dialettale dal Rinascimento a oggi (1991) e Il pensiero dominante (2001), oltre che in antologie straniere. Sue opere sono tradotte in Messico, Stati Uniti e in Romania. Come narratore, ha pubblicato sei romanzi: Il Battaglione Gherlenda (Paravia, Torino 1966 e Stella, Rovereto 2003); La luna annega nel Volga (Temi, Trento 1987); Il biplano (Publiprint, Trento 1991); Ghibli (Curcu & Genovese, Trento 1996); Talambar (LoGisma, Firenze 2000); Lo spazzacamino e il Duce (LoGisma, Firenze 2006). Per Curcu Genovese ha pubblicato Racconti dal Trentino (2011); La luna annega nel Volga (2014), I racconti del Monte Bondone (2016), Un Pierino trentino (2017). Hanno scritto prefazioni e recensioni sui suoi libri: Giorgio Bàrberi Squarotti, Tullio De Mauro, Cesare Vivaldi, Giacinto Spagnoletti, Raffaele De Grada, Paolo Ruffilli, Isabella Bossi Fedrigotti, Franco Loi, Paolo Pagliaro e molti altri.