Franco Ianeselli: un sindaco a cuore aperto

Con Paolo Pardini, durante questa intervista

Il Sindaco Franco Ianeselli, 44 anni sposato, un figlio, laurea in sociologia all’Università di Trento, la barba brizzolata, i grandi occhiali tondi, la giacca di velluto scura, il look da intellettuale di sinistra o da ex sindacalista della Cgil, come lo era prima di diventare il primo cittadino di Trento, alza la mano sinistra e mi indica un busto di gesso al vertice opposto della grande e antica sala, il suo studio, dove ci troviamo per questa intervista al primo piano di Palazzo Geremia in via Belenzani, la sede del Comune. Mi volto ad osservare. Sembrerebbe Giuseppe Verdi. Sguardo fiero, baffoni all’Umberto, marsina e fiocco-cravatta lezioso, come si portava nell’Ottocento. Potrebbe essere Verdi ma non è Verdi, quindi inevitabile la manzoniana domanda: “Chi era costui?”.

Era il 23 settembre del 2020, dopo le elezioni, suono e salgo, io non ero mai stato neppure consigliere comunale, qui non ero mai entrato. Buongiorno, sono il nuovo sindaco, ho detto al custode, ed entro per la prima volta in questo ufficio. Passano pochi giorni e il 10 ottobre, nuova ondata di Covid, siamo ritornati in zona rossa, tutto chiuso e qui io ho passato tante ore perché erano quei momenti in cui si girava poco e si faceva tutto quanto da remoto, anche il consiglio comunale. Erano giornate lunghe e faticose piene di preoccupazione e seduto su questa scrivania, quando alzavo gli occhi, avevo davanti a me sempre quel busto. È Paolo Oss Mazzurana, il sindaco della rinascita di Trento nell’Ottocento, che ha lavorato molto sullo sviluppo economico, ad esempio con l’elettrificazione della città, e grazie a lui abbiamo avuto l’illuminazione pubblica tra i primi in Europa. Così seduto qui sulla mia scrivania potevo confrontarmi con lui che però, come vede, non accenna mai ad un sorriso ma rimane sempre serioso.

E nei momenti difficili cosa le diceva il mitico sindaco Mazzurana?

Ianeselli alza lo sguardo al suo predecessore, il convitato di pietra, e dopo un lungo silenzio.

Mi diceva, lavora seriamente, passo dopo passo le soluzioni arrivano… Sì assolutamente sì, se si lavora seriamente passo dopo passo le soluzioni arrivano, stando al pezzo in questo ufficio ma soprattutto uscendo fuori tra la gente e in ogni caso la porta del mio ufficio rimane sempre aperta”.

In effetti la porta dell’ufficio del sindaco, durante tutta la nostra intervista, rimane sempre aperta e spesso siamo interrotti dalle collaboratrici e collaboratori che entrano per sottoporli qualche questione urgente.

Veramente Sindaco lei non era mai entrato prima in questa stanza?

Ianeselli alza lo sguardo al grande soffitto con le belle travi in legno e resti di affreschi cinquecenteschi alle pareti, un ufficio importante in uno dei più bei palazzi della città, com’è giusto che sia per chi ha la responsabilità di perseguire la gestione del bene comune di una città con la storia di Trento. Sorride.

Per la verità in questa stanza c’ero già entrato molti anni fa. Ero giovane, uno studente delle superiori e avevamo organizzato una manifestazione contro il comune ed eravamo arrivati in corteo proprio qua sotto. Allora il sindaco era Lorenzo Dellai. Io ero il rappresentante degli studenti e il sindaco chiese di incontrarmi. Salii ed entrai, però ero troppo agitato per rendermi conto della bellezza di queste stanze. Non ricordo niente di questo studio ma fui molto colpito dall’attenzione che Dellai aveva per noi studenti, per voler ascoltare le nostre ragioni. Al centro della nostra protesta c’era una questione, che per la verità e in qualche modo è ancora di attualità, quella del trasporto serale per gli studenti. Io rimasi molto ben impressionato da un sindaco che si era preso il tempo di chiedersi, al di là delle manifestazioni, al di là di quello che c’era scritto sui giornali, proviamo ad ascoltare che cosa dicono questi giovani. Un insegnamento che non ho mai dimenticato.

Con Chiara e Andrea durante le feste di Natale (ph. Facebook)

Avrebbe mai immaginato che un giorno al posto di Dellai ci sarebbe stato proprio lei, quello studente che nonostante la foga giovanile era rimasto intimidito ed impressionato di fronte al sindaco che contestava?

No, non avrei mai immaginato, anche perché poi ho fatto il sindacalista, una parola che con sindaco ha solo la stessa radice – sorride – ma non avrei mai immaginato e neppure pensato di poterlo diventare un giorno. Ma ora sono felice di entrare ogni mattina qua dentro… certo la responsabilità si sente ma contano i cittadini e i cittadini di Trento sono meravigliosi… venga le voglio mostrare tre targhe di cui sono orgoglioso.

Il sindaco si alza e mi accompagna nel grande salone che fa da anticamera al suo ufficio. Mi indica con evidente orgoglio tre targhe appoggiate su di una antica cassettiera- credenza in legno.

Ecco questi sono gli ultimi riconoscimenti che abbiamo preso: miglior Comune d’Italia rifiuti free, cioè comune riciclone. Una menzione per l’anno 2022 sulla mobilità sostenibile e questo il più importante, me l’hanno consegnato a Danzica a dicembre, Trento capitale Europea del volontariato per il 2024. Quando me l’hanno consegnato mi sono sentito emozionato come nel giorno in cui sono stato eletto sindaco.

Nello sguardo e nelle parole di Ianeselli c’è tutto l’orgoglio di chi sa di rappresentare una città che ha fatto sempre della solidarietà una sua cifra fondante.

I nonni vigile di Oltrefersina

È stato un onore competere con Leopoli e ora queste nostre città che si sono incontrate non continueranno il cammino da sole. Il legame che si è creato con Leopoli è per noi un seme prezioso, lo coltiveremo assieme per costruire un ponte di pace tra le due città e per coinvolgere ancor di più il nostro volontariato in questa sfida solidale con il popolo ucraino. Una candidatura costruita attraverso un percorso partecipato in cui sono state mobilitate tutte le nostre forze migliori. D’altronde, qui a Trento una persona su cinque fa volontariato e sono attive ben 660 associazioni in cui volontarie e volontari sono impegnati in diversi ambiti di intervento, dal sociale all’ambiente, dalla protezione civile alla cultura e allo sport.

Sembra quasi commuoversi il sindaco parlando della Trento solidale mentre mi guida fuori dal bellissimo palazzo Geremia per attraversare corso Belenzani ed entrare nell’edificio di fronte, altrettanto maestoso e ricco di storia, Palazzo Thun, sede del Consiglio Comunale. Saliamo l’ampia scalinata di marmo e arriviamo davanti alla sala del consiglio sovrastata da una scritta in latino che Ianeselli mi indica “Hoc limen intrantes abiecta privata charitate pubblicam induant”.

Chi entra da questa porta abbandoni gli interessi privati e si rivesta della carità pubblica, più o meno dice così questa scritta che è importantissima ed è fondamentale che sia proprio qui all’ingresso della sala del consiglio comunale. Quando superi questa soglia non ci sono gli interessi privati, li dobbiamo lasciare fuori e occuparci solo degli interessi pubblici. Credo che questo riguardi ciascuno di noi quando entra qua dentro, riguarda il sindaco e riguarda i consiglieri comunali .

Entriamo nell’antico salone trasformato in Sala del consiglio Comunale con gli scranni dei consiglieri sovrastati dai dipinti di fine anni Trenta, del pittore veronese Pino Casarini, dedicati a momenti della storia civica tridentina. Qui, ancora una volta, è il lato umano emozionale del sindaco a guidarci nei ricordi.

Punto Lettura di Madonna Bianca; punto autogestito grazie al patto dei Beni Comuni

Sindaco qui lei, durante il suo discorso di insediamento, disse una frase che mi colpì, diciamo nello stile di un Kennedy: dobbiamo essere capaci di futuro.

Si, qui l’emozione è stata forte forte quando ho fatto il mio primo intervento da sindaco. Si, invitai tutti ad essere capaci di futuro ma soprattutto volli ricordare che ero entrato, per la prima volta nella mia vita, in questa sala da sindacalista perché c’era stata una vertenza molto complicata per le lavoratrici delle pulizie del Comune e io nel mio primo discorso da sindaco ho voluto ricordare questo. Che non bisogna mai dimenticarsi di queste persone che guadagnano 500-600 al mese che sono le più deboli e che occuparsi di interessi pubblici significa proprio questo, partire dai più deboli.

Lei nella sua vita precedente è stato sindacalista, in qualche modo ha continuato la sua vocazione, in fondo il sindaco è il sindacalista di cittadini.

Sì, ovviamente bisogna tutelare gli interessi dei singoli ma sempre in una visione generale. Questa deve essere la politica e soprattutto dobbiamo pensare al futuro anche di quelle persone che oggi non sono cittadini attivi perché sono troppo piccoli, come i nostri bambini, bisogna lavorare in questa prospettiva, questa è la politica.

Mentre parliamo avanziamo lentamente nella sala verso il fondo dove c’è la postazione centrale con un cartellino appeso ad un microfono con su scritto semplicemente Franco. Lo prendo in mano.

Suppongo che questa sia la poltrona del sindaco…

Ianeselli sorride e si siede nella postazione da dove presiede i consigli comunali.

“A proposito di politica perché c’è sempre maggiore disaffezione nei cittadini? Sempre meno persone vanno a votare.

Lui sospira e medita a lungo questa risposta e nelle parole c’è sempre una sorta di rispetto sacro per il luogo dove ci troviamo, quello che è il tempio della democrazia, del governo della polis.

Giornata del Riuso a Ravina, in compagnia delle volontarie e la Presidente di Circoscrizione, Camilla Giuliani (seconda da sx)

Il perché, esattamente, non lo so neppure io ma penso che sia una rinuncia e quando sento i cittadini che si lamentano delle cose che non vanno io rispondo sempre che la risposta sta nella partecipazione civica e nella partecipazione politica, perché lamentarsi se poi non sei andato a votare? Un po’ come diceva Kennedy, non chiederti cosa può fare il tuo paese per te ma chiediti cosa puoi fare tu per il tuo paese. Ma evidentemente non possiamo prendercela con i cittadini se c’è questa mancata partecipazione al voto. Non è questione solo del giorno delle elezioni, significa che non abbiamo creato le condizioni per questa partecipazione attiva, credo che a livello comunale sia più semplice rispetto ai livelli più distanti, quelli nazionali. Certo se penso che siamo stati scelti come capitale del Volontariato, con tanti cittadini attivi sul territorio. Se il volontariato non diventa un guscio in cui chiudersi ma una predisposizione per l’altro, allora da questo attivismo dei volontari, secondo me, può anche nascere, al di fuori dei canali tradizionali, una nuova partecipazione civica e anche politica nel senso più alto.

Si parla sempre di giovani, della condizione giovanile, si parla di giovani anche con scetticismo, generazioni vuote, superficiali, dedite all’edonismo del telefonino, cosa sono i giovani visti da quassù, da Palazzo Thun?”

Ianeselli, che prima nella sua stanza mi aveva indicato il busto di Oss Mazzurana, ora indica un posto vuoto davanti a sé tra i banchi dei consiglieri comunali.

Sì, tante volte guardo laggiù dove siede la consigliera Giulia Casonato, lei è stata eletta in consiglio comunale a 23 anni, adesso ne ha 25, ma io sono sempre molto, molto, colpito dalla profondità dei suoi interventi e, sembra un gioco di parole, è la più giovane ma sembra la più matura. Quindi se penso ai giovani dico che è possibile partecipare, essere eletti e portare anche in questo consiglio delle istanze che fanno riflettere tutti quanti.

“Sindaco, un errore che ha fatto e di cui si è pentito nella vita e che non rifarebbe più.

L’altro giorno sono andato a vedere la partita del Trentino Volley con i capi della tifoseria perché sono miei amici, ex operai della Whirlpool, ero con loro in curva quando uno di loro mi dice: Franco ma come fai a essere così paziente? No, non è vero. In realtà se io penso a dei miei errori è proprio questo, il contrario, essere stato troppo impaziente. Quindi mi riprometto di esserlo di più ma non con quella pazienza che poi significa non decidere. No, si deve decidere ma con una capacità sempre maggiore di ascolto.

Sindaco a proposito di sport, vedo che è appassionato di volley e nel grande calcio per chi tifa?

Sono interista – sorride divertito – ma mi par di capire che sia una tradizione dei sindaci di Trento, se non sei interista non ti prendono.” 

E qui Ianeselli si fa una bella risata.

Prima parlava di ascolto, sindaco a lei piace la musica? Nelle scorse settimane c’è stato qui a Trento un importante evento musicale, non parlo di Vasco Rossi ma della Missa Sancti Vigilii nella cattedrale.

A proposito di Vasco Rossi stiamo lavorando al piano urbanistico per sviluppare l’area di San Vincenzo a prescindere dai concerti, perché c’è richiesta di spazi per le attività sportive e immaginiamo un’area che possa vivere tutti i giorni con lo sport outdoor. Le palestre invece sulla riva destra dell’Adige. Ma tornando alla Missa, è stato un momento importante, musica sacra nuova, inedita, scritta appositamente per Trento, un testo pensato da un autore sensibile come Pino Loperfido in onore della nostra cattedrale, che ha ritrovato la sua straordinaria bellezza dopo un lungo, complesso restauro. Un progetto che ha rivelato già da subito la sua forza e la sua originalità. Se poi consideriamo che a eseguire la partitura è stata un’orchestra sinfonica locale insieme al coro della Sat, al coro Filarmonico trentino e ai ragazzi di una scuola di canto della Val di Sole per la parte dei Pueri Cantores, allora si comprende che siamo di fronte a un progetto audace e ambizioso anche nel coinvolgimento del territorio. Potremmo leggerlo come il tentativo di mettere in musica una storia, una tradizione, il genius loci tipicamente trentino e insieme di interpretare con un linguaggio contemporaneo il nostro anelito verso la bellezza, la spiritualità, l’armonia.

Giornata del Banco Alimentare con la Presidente della Circoscrizione di Gardolo, Gianna Frizzera (seconda da dx) e alcuni volontari

Mi siedo a fianco del sindaco nella sala vuota del consiglio, è il momento di tornare a sondare gli aspetti più profondi del pensiero di Ianeselli.

Sindaco, sento che ha apprezzato molto la spiritualità di quell’evento, ma lei crede, ha fede in Dio?

No, io non sono credente. Io non vivo il mio non aver Fede come un vantaggio, anzi. Io ho mio suocero che è molto credente e per me è molto importante discutere con lui. Penso che questa debba essere una società che riconosce il pluralismo e questa è la città di Chiara Lubich; quindi, una città che riconosce le diverse fedi, le diverse credenze e nel rispetto reciproco e nel dialogo reciproco. Con questo io credo che possiamo diventare una comunità più forte” 

La pausa questa volta è lunga. Il sindaco intreccia le mani e guarda davanti a sé. Lo incalzo.

Ma non si sente solo? Intendo dire che alle volte ci si affida a Dio…

Io credo che inevitabilmente un non credente si senta più solo. Il punto è che la fede non può essere un qualcosa di ipocrita, credo solo per agganciarmi ad un senso di sicurezza, credo solo perché ho bisogno di qualcosa, di qualcosa di interiore che a un certo punto arriva… Certo, per carità, anch’io ho avuto un’educazione cattolica; vengo da una famiglia cattolica, l’oratorio è stato uno dei miei momenti formativi, però bisogna anche dirsi le cose come stanno. Credere negli uomini, nella capacità che gli uomini hanno anche di trascendere, di diventare qualcosa di diverso da sé stessi sia comunque un punto di partenza.

E dopo non c’è niente… Ha paura della morte?” 

Qui la pausa si fa molto più lunga accompagnata da un profondo sospiro.

Io credo che sia molto importante non pensare che siamo eterni e questo credo sia un grande rischio che tutti quanti noi corriamo. Abbiamo bisogno di riconoscere la presenza della morte. All’Università ho frequentato il corso di Piergiorgio Rauzi che era dedicato alla storia della morte nell’Occidente. Noi veniamo da una società che ha completamente sdoganato tutto quello che riguarda il sesso, però sulla morte è come se la volessimo accantonare, negare, la vogliamo mettere da un’altra parte. Siamo passati da una società dove la morte era nell’ordine  delle cose ad una società che la nega e questo è un problema per noi come individui ma più in generale come società.

Il volto del sindaco è profondamente segnato da questa considerazione. La nostra conversazione potrebbe fermarsi qui, sul mistero più grande, quello della morte, ma dopo la morte qualcosa comunque sopravvive a noi: il ricordo. Allora l’ultima domanda non può prescindere da questo.

Ma come vorrebbe essere ricordato dalla sua città tra cento anni? Come lei ricorda, con affetto il suo predecessore Oss Mazzurana che nel suo ufficio lo controlla silenzioso ogni giorno.

Mia mamma mi ammonisce sempre con un detto popolare che tutti conosciamo: ricordati sempre che chi si loda si imbroda. E questa è la base di saggezza popolare ma poi c’è la frase che usiamo spesso, attribuita a diversi politici: Il politico vero non è quello che pensa alle prossime elezioni ma che guarda alle prossime generazioni. Noi stiamo prendendo delle scelte non semplici per Trento, c’è la circonvallazione ferroviaria, c’è l’interramento della ferrovia… Io lo so che fare opere impatta sulle persone, che si creano dei dissidi, però se pensiamo al futuro credo che queste opere si debbano fare e a me piacerebbe essere ricordato come un sindaco che ha saputo prendere decisioni, e non semplici, non pensando solo alle elezioni.

Le 14 domande fisse

1) Il libro che sta leggendo?
“Ufo 78” di Wu Ming, che racconta il periodo della fine degli anni ‘70 in Italia.

2) Il suo numero preferito?
25, come il famoso numero della vasca di Andrea Castelli.

3) Il suo colore preferito?
Azzurro.

4) Il piatto che ama di più?
La pizza. Tra l’altro ci tengo a ricordare che la pizzeria Smorza ne ha dedicata anche una al nostro vicesindaco, si chiama “Drago”.

5) Il film del cuore?
“Nuvole in viaggio” di Aki Kaurismäki.

6) La squadra di calcio che tifa?
Oltre al Trento e all’Inter, come tutti i miei predecessori, sono molto legato alla squadra del FC St. Pauli di Amburgo.

7) L’automobile preferita?
Da anni possiedo una Volvo station wagon con cui mi trovo molto bene; sicuramente nel mio futuro vedo un modello elettrico.

8) Il viaggio che non è ancora riuscito a fare?
Quello nella Columbia Britannica, nel Canada occidentale.

9) Ha animali domestici?
No, ma se dovessi sceglierne uno penso che mi piacerebbe avere un gatto.

10) Cantante, compositore o gruppo preferito?
Neil Young.

11) Se non avesse fatto quello che ha fatto, cosa avrebbe voluto fare?
Mi sarebbe piaciuto diventare medico.

12) La cosa che le fa più paura?
Inaridirsi.

13) Il suo sogno notturno ricorrente?
Sogno spesso cose che riguardano il mio lavoro, forse perché mi assorbe molto!

14) Il difetto che negli altri le fa più paura?
L’ipocrisia.

Oltrefersina, Casa Orlando
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Pubblicato da Paolo Pardini

(Pisa 1955) ha lavorato per trent’anni come giornalista e come inviato per tutte le principali testate della RAI. È stato conduttore del Tg3 e di numerosi programmi televisivi fino a ricoprire il ruolo di responsabile dei Tg3 regionali RAI a Trento, Firenze e Milano.