Tavolini, tisane e torrenti

Cavalese quella mattina appariva come tutte le altre mattine: un’infinita distesa di nebbia, case e montagne troppo vicine. M. era tutta la vita che abitava in quel paese, ormai per lui quello scenario era diventato l’abitudine, non ci faceva più nemmeno troppo caso. Quel giorno, come tanti altri giorni degli ultimi anni, doveva andare dai cugini antipatici altoatesini, come amava chiamarli lui. Era infatti un falegname, e come tale operava a domicilio. Riparazione di porte, finestre, tavolini. Era un lavoro nobile che lo faceva sentire bene. Aveva infatti la sensazione, ogni qualvolta finiva il suo lavoro, di lasciare un pezzo di sé in ogni casa. Senza voler cambiare nulla, sentiva che nel suo piccolo stava cambiando indelebilmente la traiettoria dell’esistenza altrui.

Non aveva scelto quel lavoro con coscienza. M. pensa sia stata anzi una scelta ad esclusione. Quando si era affacciato per la prima volta nel mondo del lavoro, è stato subito schifato da tutte le costrizione a cui un individuo è tacitamente e subdolamente costretto per poter vivere. Contratti, clausole, condizioni. Una prigionia continua. A quale fine? Lui voleva solo guadagnarsi da vivere per poter andare il pomeriggio nel bosco a mettere i piedi nel torrente, contemplare le montagne, bere tisane. Ma cosa doveva firmare? Per questo aveva deciso di trovare un lavoro per rimanere libero, e questo lavoro corrispondeva con il falegname. Nessun contratto, nessuna tassa. Faccio il tavolino, vengo pagato per il tavolino, semplice no?

Quel giorno, come si stava dicendo, andava dai cugini antipatici. Tutto procedeva per il meglio, il tempo era bello, la strada era libera. 

Tutto si infranse quando dopo una curva spuntarono i carabinieri, con le loro divise nere e la paletta. M. gli chiamava sarcasticamente gli umpa lumpa, per il loro essere asserviti e, a suo dire, essenzialmente inutili. Quando si fermò, il più basso dei due gli chiese patente e libretto. “Patente? Libretto? Ma di che state parlando? Io non ho alcuna patente, alcun libretto. Io questa macchina l’ho presa da mio zio e ora scusate ma devo andare a guadagnarmi la tisana della sera.” “Ci prende in giro?!”, domandò il carabiniere più alto. Lei sa benissimo che per circolare deve avere un’assicurazione, pagare il bollo, avere la patente etc etc.” “Io non so benissimo un bel niente! Io faccio tavolini! Voi sapete come si fanno? No? Ecco, non mi pare che io sia venuto a dirvi: sapete benissimo come si fanno i tavolini!”

I carabinieri non si smossero, non sorrisero, non espressero emozione alcuna. Invitarono solo M. a scendere, lo caricarono sulla volante e lo portarono via. La macchina, il tavolino e la libertà di M. rimasero li per sempre, in quella piazzola, a fare compagnia alla nebbia a imperitura memoria di ciò che fu la sua vita. Prima che gli venisse strappata via.

Mai conseguita quella roba lì

Pare guidasse l’auto, di sua proprietà, senza aver mai conseguito la patente. L’uomo, residente a Cavalese, è stato scoperto perché fermato, durante un normale servizio di pattuglia, ad Anterivo dai carabinieri della stazione di Trodena.

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Pubblicato da Fabio Loperfido

Nato allo scadere del millennio, Fabio è uno studente errante che ancora non ha ben chiaro cosa potrebbe volere il mondo da uno come lui. Nel mentre prova ad offrire ciò che vede con i suoi occhi tramite una sua lettura, con la speranza che il suo punto di vista possa essere d'aiuto a qualcuno martellato dai suoi stessi interrogativi.