Tbsod. Dove eravamo rimasti?

“Il nostro successo è la nostra libertà”. In questa frase, per noi, si nasconde l’anima profonda  dei Bastard Sons of  Dioniso, la band trentina più famosa di sempre se si parla di rock. Alle spalle Michele Vicentini, Federico Sassudelli e Jacopo Broseghini hanno ormai un lungo percorso musicale iniziato ben prima della ribalta catodica di X Factor che ha messo in fila una bella serie di album e tantissimi live. 

È passato quasi un anno dall’uscita del vostro ultimo disco: soddisfatti di come è stato accolto?

Con il lancio dell’album ad aprile sono ricominciati anche i concerti dal vivo. Dopo il periodo a singhiozzo dovuto ai lockdown, con concerti un po’ particolari, con le modalità che si erano imposte vista la pandemia, la nuova musica si è subito rilevata funzionare sia dal nostro punto di vista di musicisti che dal punto di vista degli ascoltatori, visto le tante soddisfazioni che ci hanno regalato.

Nel titolo vi chiedevate “Dove sono finiti tutti?”: lo avete scoperto?

Pensiamo che questa domanda non si sia esaurita con la pubblicazione del disco. Come per le canzoni che lo compongono, è il momento in cui le si ascolta che conta. I tempi e le situazioni che viviamo sono in continuo mutamento, come il modo che abbiamo di percepire il presente mentre accade. In quel “tutti” ci siamo anche noi, che non siamo più quelli che stavano scrivendo questo disco. È più facile da capire che da spiegare, ma con un esempio forse funziona meglio: canzoni che sono state scritte pensando di parlare di una cosa, col tempo, trasmutano e ti sbloccano delle visioni e dei significati che prima non si vedevano nemmeno.

Si tratta dell’ottavo capitolo della vostra discografia: che effetto vi fa… insomma 8 album più un EP incominciano ad essere davvero tanta roba?

Ogni passo della creazione della nostra discografia è stato un periodo della nostra vita che ci ha fatto sudare e godere dei frutti della nostra passione. Vederne tanti ci rende orgogliosi di avere sempre trovato lo spunto per portare a termine ciò che volevamo realizzare e di averlo fatto per così tanto tempo.

Per molti è il vostro lavoro più “maturo” siete d’accordo?

È un complimento che ci piace accettare. Ma come per ogni album precedente, non sappiamo quanto fosse effettivamente maturo. Ad esempio il lavoro che è stato concentrato su alcuni brani non è stato dedicato ad altri. Brani che per forza di cose avrebbero dovuto avere più tempo per poter arrivare allo stesso livello, vista la necessità di mettere un punto al lavoro, hanno ricevuto “meno cure”. Per un artista la fase creativa potrebbe essere infinita perché essere soddisfatti è sempre un compromesso con le proprie aspettative, il tempo ed i mezzi che si hanno a disposizione. Ma anche questo è il bello.   

Avete pensato questo album concettualmente in due lati. 

Il lato A è quello più piratesco. Le ambientazioni viaggiano tra “Sirene”, “Il tuo tesoro”, “L’isola di chi” e “Tali e squali”. Si naviga in quei mari tempestosi che stavano per sempre modificando la nostra quotidianità tra la pandemia e poi la guerra.

E il lato B?

Dal mondo che ci circonda, il lato B guarda allo specchio. Verso noi stessi: “Ribelli altrove”, “Restiamo umani”, “Ti piace o no?” ed “È l’ora” parlano dell’uomo, con giochi retorici e con l’intento di metterci di fronte alla onnipresente pluralità delle cose e delle visioni che ne abbiamo.

Appunto due lati, come il vecchio caro vinile, e la scelta di pubblicarlo anche in questo formato: come sono andate le cose ne è valsa la pena?

Grazie allo streaming la musica viaggia in tutto il mondo e chi ne vuole fruire è solo distante qualche clic. Il vinile è come un vassoio di pasticcini mangiato vicino ad un fuoco che crepita. La confezione, la disposizione dei brani lo rendono simile ad un esperienza gastronomica. Contiene immagini delle registrazioni e tante informazioni che, da amanti del vinile, abbiamo voluto inserire perché quando lo si ascolta lo si tiene in mano e lo si legge.

Poi l’uscita in digitale e niente CD: ma è davvero vetusto questo supporto?

Abbiamo voluto fare una scelta. Non abbiamo nulla contro i cd ma ormai i supporti per leggerli sono sempre più rari, e anche nella distribuzione sono ormai in drastico calo, i punti vendita ne sono ormai sprovvisti.

Un lavoro che avete portato poi on stage: in quale modo i vostri fan lo hanno accolto, quale risposta hanno dato ai nuovi brani?

Le risposte sono state molto calde, ed ognuno ha la canzone che preferisce. Quando non suoniamo qualche brano, per un motivo o per l’altro, alla fine del concerto ci vengono a chiedere perché non l’abbiamo suonata.

Qualche curiosità sui live più recenti?

Le date di questo 2022 sono state un vero nuovo inizio, abbiamo girato in lungo ed in largo la penisola macinando qualche decina di migliaia di chilometri. Tra gli episodi curiosi che ci sono rimasti in mente ci fa sempre sorridere quella volta che abbiamo dormito, per un paio d’ore, in questo hotel sulle colline sopra Cesena. Parlare delle nostre condizioni post concerto penso non serva, la cosa divertente è che avevamo una sauna finlandese accesa e lo abbiamo scoperto solo prima di ripartire (era dentro l’armadio).

A proposito di live come avete vissuto il periodo (quasi) senza concerti?

Quel periodo è stato dedicato alla creazione. Il nuovo album è nato proprio in quei mesi dove tutto si era fermato. Non avevamo mai interrotto l’attività dei concerti nei 18 anni precedenti, ed è stato il vero e proprio spunto per voler ritornare a suonare cose nuove. Purtroppo i concerti con le limitazioni si sono rivelati molto più strani di quanto ci si potesse immaginare. Il contatto con le persone e divertirsi in libertà sono le cose che completano lo spettacolo.

Fare un disco per una band come la vostra che ha una visibilità nazionale significa anche fare promozione: radio, giornali, interviste: cosa vi diverte di più di questo aspetto e cosa vi pesa maggiormente?

È sempre un piacere trovare chi ti dona una finestra dove poter far affacciare la nostra musica, non è un peso, ma un impegno che ci si prende che impone orari particolari, lunghi spostamenti, tanta pianificazione ed ore trascorse al telefono. Penso che la cosa che pesa di più a tutti siano i viaggi che superano le dieci ore.

A chi dice che se aveste ceduto a qualche compromesso avreste avuto un successo maggiore cosa rispondete?

Dipende cosa ognuno intende per successo. Per noi chiaramente non è così. Il nostro successo è la nostra libertà.

Il quarto “bastardo” è Piero Fiabane, praticamente il vostro manager dai tempi di X Factor?

A dire la verità è il Caio. Più che un quarto che si aggiunge, quando si parla di Piero, pensiamo sia meglio definirlo come il nostro “magnate”. Una persona che ci ha sempre dato la possibilità di esprimerci in centinaia di concerti e ad ogni nuova pubblicazione ha dato il suo completo supporto alla realizzazione di tutto ciò che ne concerne.

Quale importanza hanno per voi i videoclip, intendo le immagini legate alla vostra musica e ci potete anticipare qualcosa sul prossimo video?

I video sono un modo per dare alla musica un ulteriore mezzo per esaltare il ritmo ed il concetto. Tendenzialmente è dal video che traspare maggiormente la nostra indole ed amicizia. Per ora non ci sono video in cantiere e le idee solitamente vengono a pari passo con la musica, quello che sicuramente ci possiamo prefigurare è che sarà freddo e umido e sarà una follia.

I Bastard oltre la musica iniziando da Federico.

Federico è juventino, vive a Vigolo Vattaro, padre di due figli, porta avanti la tradizione di falegnameria della famiglia Sassudelli, collezionista di cavalieri dello zodiaco, ama i colori della Svezia, fare festa e giri in montagna.

E Michele cosa combina?

Michele non tifa calcio. Anche lui papà. Non è mai stanco di suonare, perché se sei sempre stanco è come non esserlo. Oltre a suonare con i Bastard, lavora come meccanico nell’officina Vicentini, artigiano anche lui di terza generazione. Milita in svariati gruppi musicali che si possono trovare a suonare in giro per il Trentino ed anche oltre, tra cui Die Schweinhaxen ed Under Leggings.

I segreti di Jacopo?

Jacopo tifa Fiorentina perché l’ha promesso ad un amico, è da poco padre, si diverte in studio a registrare e a produrre musica. Appassionato di archeometallurgia, funghi e storia. Milita anche lui in altri gruppi musicali. I Karatechesi e gli Dmanisi.

Troppo presto per parlare del prossimo tassello della vostra discografia?

È ancora un po’ presto, ma ci sono un po’ di canzoni avanzate dall’ultimo lavoro che non aspettano altro che essere riaperte.

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Pubblicato da Fabio De Santi

Classe 1967, si nutre fin da ragazzo di musica e passione per la scrittura con particolare dedizione alle pagine di Vonnegut, Dagerman e Cèline. Scrive dalla metà degli anni '90 per il quotidiano l'Adige e da tempo quasi immemore collabora con Trentinomese. Frequenta le onde radio dagli anni '80 con diversi programmi fra cui quelli proposti su Radio Rai Regionale dove da spazio alla scena musicale trentina cosi come accade sulle pagine del nostro mensile.