Tenere in palmo di mano

La scadenza per la chiusura della rivista (e per questo editoriale) si avvicinava e non avevo ancora concepito nulla di interessante. Guardavo il cursore lampeggiare sullo schermo, provando a dare ordine ai pensieri. Il territorio, l’overtourism, l’inquinamento. Temi urgenti, certo, ma da dove iniziare? Alla fine ho rinunciato: sono andato a dormire, confidando nella mia insonnia (che però quella notte mi ha tradito, lasciandomi ronfare come un poppante). E ho fatto un sogno. C’eravamo io e un’intelligenza artificiale, ma era lei a interrogare me. Una situazione ribaltata: non l’uomo che scruta il futuro, ma il futuro che chiede conto all’uomo. “Dimmi,” mi ha detto con quella voce che non era né maschile né femminile, “cosa pensi del mondo in cui vivi?” Ovviamemente non avevo risposte pronte. Solo un’immagine: una mano aperta, tesa nel vuoto. Il gesto istintivo di chi salva, di chi si aggrappa. E poi un’espressione: tenere in palmo di mano. Una volta significava cura, attenzione, un tocco leggero sulle cose amate. Ma oggi? Il territorio che abitiamo non è tenuto in palmo di mano, è sfruttato, venduto, lottizzato. Le montagne sono sfregiate da colate di cemento, le città fagocitate dal turismo di massa, gli affitti inaccessibili. L’aria è più calda, i fiumi più magri. E la terra? La terra si sgretola sotto il peso di troppi passi.

L’AI non ha detto nulla. Si è limitata ad aspettare. Così ho continuato, parlando di equilibri spezzati, di case che nessuno affitta e di sentieri usati impropriamente. Della bellezza che si svuota quando diventa solo cartolina, quando si trasforma in esperienza usa e getta. Del fatto che il paesaggio non è uno sfondo, ma un organismo vivo. “E allora?” mi ha chiesto AI.

Allora servirebbe quella mano. Un gesto di salvezza prima della caduta. Servirebbe una nuova idea di cura, di limite, di responsabilità. Servirebbe ripensare il nostro posto qui, smettere di consumare come se non ci fosse un domani. L’AI ha annuito (nel modo in cui un’intelligenza artificiale può annuire). Quindi mi sono svegliato.

La scadenza è oggi. Ma ora so cosa scrivere. Anzi, l’ho già fatto.

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Pubblicato da Pino Loperfido

Autore di narrativa e di teatro. Già ideatore e Direttore Artistico del "Trentino Book Festival". I suoi ultimi libri sono: "La manutenzione dell’universo. Il curioso caso di Maria Domenica Lazzeri” (Athesia, 2020) e "Ciò che non si può dire. Il racconto del Cermis" (Edizioni del Faro, 2022). Nel 2022 ha vinto il premio giornalistico "Contro l'odio in rete", indetto da Corecom e Ordine dei Giornalisti del Trentino Alto Adige. Dirige la collana "Solenoide" per conto delle Edizioni del Faro.