Teorie del complotto e pandemie: un film già visto?

Scena della peste del 1720 a la Tourette (Marsiglia), tavola di Michel Serre

La pandemia sta arretrando, nonostante un numero abbastanza consistente di cittadini si opponga ancora alla vaccinazione, soprattutto in virtù di (alcune discutibili, altre un po’ meno) ipotesi di complotto. Lungi da me ogni giudizio in questa sede. Trovo lecito però domandarmi cosa ne diranno i posteri, quando la pandemia sarà un ricordo lontano e, magari, saremo alle prese con qualche altra nuova grana legata alla proliferazione dei virus? A riguardo, ho provato a fare una breve cronologia dei complotti a sfondo pandemico nel corso della storia recente. Vittime incolpate della propria condizione, amministratori che ne approfittano per attuare politiche a sfondo razziale, stragi di medici ordinate da sciamani, la medicina additata come stregoneria da personaggi insospettabili. C’è un po’ di tutto.

Nel 1321, durante la pestilenza, il re Filippo V di Francia si lasciò persuadere che i responsabili dei lazzaretti stessero per infettare i pozzi nel tentativo di contagiare tutto il paese. Torturati a sangue furono costretti ad ammettere l’esistenza di un inesistente complotto, sostenendo di essere stati finanziati dagli ebrei e dai musulmani. Si allestirono allora roghi in tutta la Francia, dove arsero non solo i lebbrosi, ma anche gli incolpevoli ebrei.
Il 13 aprile 1348, quaranta ammalati di peste nera furono brutalmente uccisi nel quartiere ebraico di Tolone. Alla fine dell’anno, le comunità tedesche di Spira e di Worms misero in atto un suicidio di massa per sfuggire alla furia dei persecutori. Sedici anni dopo, il medico di papa Clemente VI, elencò nel suo “Chirurgia magna” le tracce e i segni della lebbra onde distinguere gli ammalati da coloro che “fingevano” la malattia allo scopo di incubarla e diffonderla.
Louis Pasteur, ma soprattutto Robert Koch, fautori della celebre teoria dei germi, furono osteggiati non poco, incontrando una forte opposizione da parte di coloro che ritenevano le loro teorie avessero finalità politiche. Perfino l’infermiera eroina Florence Nightingale sostenne che “l’ossessione nei confronti delle malattie provocate dai germi e l’ossessione contro la stregoneria sono il prodotto della stessa condizione mentale…”.
In Russia, nel XIX secolo, tra i ceti sociali più bassi si diffuse la convinzione che l’epidemia di colera fosse causata dall’aristocrazia per ridurre il numero di lavoratori. In Inghilterra, la stessa irragionevole presunzione di colpa fu rivolta contro i sanitari, accusati di essere veri e propri untori, allo scopo di avere a disposizione più cadaveri per i loro “esperimenti”.
Con l’immigration Act del 1891, senza alcuna giustificazione scientifica, gli Stati Uniti d’America assimilarono le infezioni di vaiolo e di difterite ad un qualsiasi altro reato che inibisse l’ingresso nel paese, dalla poligamia alla prostituzione, nemmeno fosse una colpa anziché una tristissima sorte.
Tre anni dopo la peste proveniente dalla Cina sbarcò a San Francisco. Di fronte alle proteste degli abitanti, le autorità si videro costrette ad applicare restrizioni, limitandosi però al quartiere di Chinatown.
Dal 1990 al 1993, gli immigrati di Haiti positivi al virus HIV vennero trattenuti nel tristemente celebre campo di Guantanamo.
Il 16 settembre 2014, in un villaggio della Guinea, gli otto componenti di una delegazione di Medici senza Frontiere vennero ritrovati morti, con la gola tagliata. Si erano recati per informare sulle misure di prevenzione e di contenimento del contagio della peggior epidemia del virus Ebola della storia. Si era sparsa la voce che fossero proprio loro a diffondere il virus.

A distanza di secoli, nonostante la crudezza di certi episodi, è possibile che qualcuno riesca a fare un po’ di ironia nel leggerli. Chissà se tra dieci o vent’anni sorrideremo anche nel ricordare la contrapposizione a cui stiamo assistendo oggi o proveremo un brivido lungo la schiena. Quel che è certo è che nuove tesi complottistiche sorgeranno a supporto di coloro che non vorranno allinearsi su specifiche imposizioni e che magari, anche senza rendersene conto, già lo stanno facendo per altre decine e decine. Il codice civile e quello penale, infatti, contengono migliaia di imposizioni, ordini di fare e raccomandazioni di non fare. Sono le regole della convivenza civile che bene o male tutti, volenti o nolenti, rispettiamo ogni giorno. Senza sarebbe il caos.

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Pubblicato da Pino Loperfido

Autore di narrativa e di teatro. Già ideatore e Direttore Artistico del "Trentino Book Festival". I suoi ultimi libri sono: "La manutenzione dell’universo. Il curioso caso di Maria Domenica Lazzeri” (Athesia, 2020) e "Ciò che non si può dire. Il racconto del Cermis" (Edizioni del Faro, 2022). Nel 2022 ha vinto il premio giornalistico "Contro l'odio in rete", indetto da Corecom e Ordine dei Giornalisti del Trentino Alto Adige. Dirige la collana "Solenoide" per conto delle Edizioni del Faro.