“Ucraina, il Trentino non ti lascia sola. Sì, non ti lascia sola perché è un dovere di solidarietà con chi è sottoposto a una sanguinosa invasione e la solidarietà è uno dei valori fondanti anche di questo territorio, del Trentino, e lo esprimiamo appunto stando vicini agli ucraini.”
La sala è piena di bandiere giallo azzurre e di donne e uomini di varie età, molti dalle fattezze slave, che ascoltano attenti. D’altronde c’è ardore e partecipazione commossa nella voce, nei gesti di questo elegante signore sessantenne dai bei capelli argentati e i grandi occhiali dalla montatura scura che parla al microfono. è Giovanni Kessler, magistrato e politico trentino, figlio di Bruno, storico presidente democristiano della provincia autonoma di Trento negli anni Sessanta. È stato uno dei primi a mobilitarsi a favore della popolazione Ucraina all’indomani dell’invasione russa, fondando l’associazione EUcraina, una crasi tra la sigla EU, Unione Europea, ed Ucraina, un nome che è un programma. Ma ad oltre due anni dall’invasione russa non si sono mai fermate le iniziative di solidarietà verso il popolo ucraino: sit in, raccolte di fondi, serate di preghiera. Oggi è la sala di rappresentanza della regione, in piazza Dante a Trento, ad accogliere un dibattito organizzato da EUcraina con l’associazione culturale degli ucraini in Trentino RASOM APS e Допоможемо жити Associazione per gli aiuti umanitari in Ucraina, con il patrocinio della presidenza del Consiglio della Provincia Autonoma e del Comune di Trento.
“Non ti lasciamo sola, Ucraina, anche perché è nel nostro interesse che i dittatori imperialisti vengano fermati, perché si fermano solo quando qualcuno si mette di fronte a loro e resiste e vanno avanti fino a che noi li lasciamo fare. Contano sulla nostra debolezza. La democrazia europea è in pericolo ed è sotto attacco dell’imperialista dittatore russo. Noi questo dobbiamo capirlo.”
Kessler, dolcevita scuro su giacca scura dove risalta una spilla a forma di cuore con i colori dell’Ucraina, accompagna le sue parole con ampi gesti della mano destra, eredità delle vecchie scuole di partito ma forse anche eredità familiare, dell’oratoria del padre Bruno, almeno come lo testimoniano vecchi filmati d’archivio in bianco e nero. Kessler, figlio, ha concluso il suo intervento e ferma lo sguardo verso la platea che applaude con grande partecipazione emotiva. Dalla sala salgono anche gli incoraggiamenti, che abbiamo imparato a conoscere in questi due lunghi anni di guerra: “Slava Ukraini” “Gloria all’Ucraina”. Qualcuno risponde con altrettanto fervore “Herojam Slava” “Gloria agli Eroi”.
Molti si avvicinano al magistrato e politico trentino per complimentarsi e stringergli la mano. Giovanni Kessler è appena rientrato da una ennesima missione di solidarietà a Kyiv e nel Donetsk, nelle zone vicino al fronte, negli occhi ancora le distruzioni e il dolore di un popolo. Lo prendiamo da parte per porgli alcune domande per Trentino mese.
Dottor Kessler, cosa avete portato nel vostro ultimo viaggio in Ucraina?
“Negli ultimi viaggi abbiamo portato al fronte nella regione di Donetsk strumenti medici salvavita; l’estate scorsa anche un centro mobile di rianimazione. Si tratta di progetti di sostegno alla medicina d’emergenza, con la fornitura di equipaggiamento per i soccorritori, di cui c’è un gran bisogno. Materiale sanitario d’emergenza, acquistato grazie alla generosità dei trentini. Sono strumenti per interventi sul campo, immediati, in seguito a ferite da mine o per effetto delle bombe, per far sì che un’emorragia non diventi letale. È un piccolo segno per dire a una popolazione che resite ai bombardamenti e che sta combattendo in qualche modo anche per l’Europa, che noi siamo vicini. E le vittime si trovano anche fra la popolazione civile ben oltre il fronte”
Lei è stato anche direttore dell’Ufficio Europeo per la lotta antifrode e so che, oltre agli aiuti materiali, state lavorando anche ad un progetto anticorruzione…
Per un attimo Kessler, si toglie gli abiti del militante pro-ucraina per indossare quelli del magistrato anticorruzione che dal suo ufficio di Bruxelles combatteva le frodi nei confronti degli appalti pubblici in Europa.
“L’Ucraina ha una tradizione diffusa di corruzione, tipica dei Paesi ex-sovietici. Lo è in particolare fra i funzionari, che approfittano della loro posizione. Però, dopo la rivoluzione di Maidan del 2014 è iniziata una forte attività di contrasto. C’è un’autorità anticorruzione ucraina indipendente e molto efficace, una società civile attiva, giornalisti investigativi impegnati e una “ripulitura” in corso nel sistema giudiziario. Per farle un esempio le ricordo un episodio accaduto alla fine dello scorso anno. Decine di milioni di euro per forniture militari ad aziende non in grado di adempiere agli obblighi di contratto; acquisti milionari di alimenti per i soldati a prezzi clamorosamente gonfiati; cambio dei regolamenti di appalto per affidare la fornitura di indumenti invernali a una società collegata ad un deputato del suo partito, che poi fornisce un prodotto del tutto inadatto; acquisto di munizioni a prezzi gonfiati attraverso mediatori poco trasparenti. Ce n’è stato abbastanza per allontanare il Ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov, che si era ben adattato o aveva addirittura garantito abitudini corruttive inveterate.”
La determinazione che mette Kessler nel ricordarci questo episodio ce lo fa immaginare ancor giovane magistrato nella Direzione Distrettuale Antimafia in Sicilia negli anni Novanta. Ma la requisitoria del pm non è finita.
“Zelensky, allontanandolo, ha preso una decisione difficile in tempo di guerra. Non per la condotta delle operazioni militari, che spetta ai militari e non al ministro, ma per la fiducia nel suo governo da parte degli alleati, di cruciale importanza per il successo del Paese. Ha preso la decisione giusta; l’ha presa grazie al lavoro meticoloso di giornalisti investigativi e di attivisti anticorruzione ucraini che avevano evidenziato il malaffare e chiesto a gran voce la rimozione del ministro. Il successore, Rustem Umerov, è esponente di un partito dell’opposizione, un manager pubblico che ha dato prova di saper fermare sprechi e corruzione e un abile negoziatore, ricordo che è stato responsabile ucraino dell’accordo sul commercio di grano e autore di accordi per lo scambio di prigionieri. È anche un esponente di spicco della comunità tatara della Crimea, un musulmano nato in Uzbekistan, dove viveva la sua famiglia dopo che Stalin vi aveva deportato i tatari. Non è certo la persona che consentirà anche solo di ipotizzare la cessione della Crimea alla Russia. Quindi l’Ucraina dimostra di essere una democrazia dove il politico che sbaglia paga, i giornalisti e la società civile organizzata fanno liberamente il loro prezioso lavoro, i controlli funzionano e non vi è una ‘verità di Stato’ da imporre. Tutto ciò che Putin odia dell’Ucraina e che non vuole avere a casa sua”.
Annuisco. Sicuramente l’Ucraina in un possibile e auspicabile dopo guerra dovrà raggiungere degli standard occidentali, anche nel settore dei pubblici servizi e della lotta alla corruzione, per poter ambire ad entrare nell’Unione Europea ma al momento il problema principale rimane una sanguinosa guerra, che dopo gli iniziali entusiasmi seguiti alla reazione vittoriosa contro l’invasione russa, Kyiv potrebbe perdere.
Dottor Kessler, iniziativa importantissima questa sull’anticorruzione ma in questo momento, a oltre due anni dall’inizio del conflitto c’è un senso di stanchezza tra le opinioni pubbliche europee e anche americane …
Giovanni Kessler annuisce e non nasconde la sua preoccupazione.
“Siamo in una fase di stallo sanguinoso. I russi puntano a sfiancare l’Ucraina, che senza gli aiuti non può resistere. Determinante è quello che si decide lontano dal fronte, nei nostri Paesi. Al momento in Europa non c’è una tendenza a diminuire il supporto. L’Europa è interessata a contenere l’espansionismo russo. Ritirare il sostegno sarebbe una grave sconfitta del disegno democratico europeo e un rischio per la sopravvivenza della stessa Unione Europea. Teniamo a mente che Putin ha continuato a tentare, ad esempio attraverso il “ricatto energetico” ai Paesi europei, di far cessare gli aiuti all’Ucraina, ma non c’è riuscito. Noi dobbiamo sostenere gli ucraini perché è la cosa giusta, per la solidarietà nei loro confronti, ma anche per difendere il mondo di valori nostri, di democrazia, di rispetto dei diritti, di legalità che è messo sotto attacco. La nostra solidarietà è quella che deciderà l’esito del conflitto“.
Mentre parliamo a fianco del palco la sala si svuota ma sono in molti, soprattutto ucraini che vivono in trentino, che si avvicinano con le bandiere giallo azzurre sotto il braccio, per ringraziare Kessler del forte sostegno alla loro causa. Ci fermiamo per lasciargli stringere alcune mani, poi riprendiamo la nostra conversazione.
Lei ha citato l’Europa ma sono gli Stati Uniti a sostenere il massimo sforzo per il sostegno all’Ucraina, anche se l’opposizione dei repubblicani al Senato per approvare l’ultimo pacchetto di aiuti, 61 miliardi di dollari, non fanno dormire sonni tranquilli a Zelensky.
Kessler annuisce gravemente a questa nostra domanda.
“La verità è che alle elezioni presidenziali si deciderà se la scommessa del presidente russo Vladimir Putin contro l’Europa è vincente e Putin farà di tutto per influenzare quelle elezioni. Abbiamo un candidato, Trump, che dice di non essere interessato al conflitto russo-ucraino, che è per lui solo una questione europea. Se gli Stati Uniti invece continueranno a sostenere Kyiv, la Russia avrà problemi di sostenibilità della guerra. Perciò, chi guiderà la nuova amministrazione americana avrà un peso fondamentale per gli esiti del conflitto».
E l’attentato al centro commerciale di Mosca? Putin ha accusato l’Ucraina…
Questa volta l’ex magistrato trentino, dedita anima e corpo alla causa di Kyiv, scuote la testa di fronte a questa domanda e reagisce.
“Piangiamo le oltre cento vittime dell’attentato terroristico di Mosca e condanniamo l’uso del terrorismo, chiunque sia stato, contro civili innocenti. Ma non possiamo dimenticare e piangiamo le oltre diecimila vittime civili della guerra terroristica della Federazione russa contro l’Ucraina e condanniamo il terrorismo di Stato del dittatore di Mosca. “
E qui torna il Kessler pubblico ministero che ci guarda dritto negli occhi.
“Poi, fateci caso, nella Russia di Putin i colpevoli non rimangono sconosciuti. I russi non saranno tanto bravi nella prevenzione dei gravi reati, e avevano ignorato gli avvertimenti americani su un possibile attentato a Mosca, ma quanto a rapidità di trovare un colpevole non li batte nessuno. Per ogni delitto eclatante, dall’omicidio di giornalisti come Politkovskaya o figure pubbliche come Dugina, a teatri o scuole assalite, nel giro di pochi giorni i servizi e la polizia russi mostrano sempre un colpevole con tanto di passaporto e di prove inconfutabili. Anche ora, con straordinaria prontezza e sospetta efficienza, in poche ore hanno identificato e arrestato i presunti responsabili della strage del Crocus City Hall…”
E come se si rivolgesse ad una giuria in un tribunale prosegue:
“…quattro disgraziati tagiki, pestati e interrogati dalla polizia ancora per strada e di fronte alle telecamere. Ma come, si sta facendo un’indagine per capire chi sono i responsabili e i mandanti, o uno show a uso e consumo dell’opinione pubblica? E dove si stavano dirigendo i presunti terroristi? Ma in Ucraina, evidentemente. Cercando di passare per il confine più militarizzato del mondo. Attendiamo la rivelazione dei messaggi Telegram con Budanov e magari una bandiera di Azov dimenticata nel bagagliaio”.
Kessler, da politico che conosce le dinamiche della storia ha sposato con ferma convinzione la causa ucraina ma il mio dovere di giornalista mi impone di presentargli anche un punto di vista opposto.
Papa Benedetto XV definì la Prima Guerra Mondiale l’inutile strage e ci sono vasti settori dell’opinione pubblica che le pensano così anche per questa. Anche Papa Francesco ha parlato, tra mille polemiche, di bandiera bianca. Per alcuni quello che si è completamente smarrito nella guerra in Ucraina è, appunto, l’idea di un negoziato che possa fermare questo macello, dove nessuno dei due contendenti può vincere. E di questo si accusa, neppur troppo velatamente, l’intransigenza di Zelensky a voler continuare questa guerra ad ogni costo…
Kessler non si lascia certo mettere all’angolo ed esce il politico abituato alle dialettiche, anche brusche, delle aule della Provincia e del Parlamento.
“Per cominciare, il cardinale segretario di Stato Parolin ha aggiustato il tiro. Ha detto che la prima condizione per la soluzione diplomatica è quella di mettere fine all’aggressione. A cessare il fuoco devono essere innanzitutto gli aggressori. Quindi quando Putin deciderà di fermarsi ci sarà la pace. Se l’Ucraina decidesse, se gli ucraini decidessero di fermarsi non ci sarebbe più l’Ucraina; ma non ci sarà neppure la pace, ci sarà un cimitero, un silenzioso cimitero, fatto di deportazioni e imprigionamenti, come già avviene nelle zone occupate. Poi il cessate fuoco cosa vuol dire? Che la Russia si tiene tutto quello che si è presa? Dmitry Medvedev, Vicepresidente del Consiglio della Sicurezza russo ed ex Presidente della Federazione Russa ha proposto la “formula di pace” russa: eliminazione della classe dirigente ucraina, pagamento dei danni fatti ai russi, dichiarazione di scioglimento dell’”ex Ucraina” e sua annessione alla Federazione Russa. Una proposta da lui definita “realistica”, “umana per tutti”, “l’unica possibile”.
La passione politica di Bruno Kessler dei filmati in bianco e nero sembra rivivere incarnata dal figlio nei gesti, nell’eloquio.
“Altro che Donbas, russofoni e altre amenità. Ora anche i ciechi possono vedere quello che già dai discorsi di Putin e dalle azioni militari dei primi giorni di guerra si capiva bene: quella russa all’Ucraina è una guerra neocoloniale e genocida per annettere l’Ucraina. In queste condizioni gli appelli al compromesso e al negoziato sono ipocriti e immorali: che spazio di negoziato c’è con una parte che nega l’esistenza stessa dell’altra? Il negoziato si farà quando le truppe russe saranno ritornate dove erano partite nel febbraio di due anni fa; in Russia.“
Non demordo e provo a ribattere.
Ma agli italiani, ai trentini che vogliono la pace senza se e senza ma …
Qui Kessler fa una pausa, come se con dolore prendesse atto di una necessità che non piace a nessuno, a lui in prima persona, ma che si trasforma in un dovere morale. Ora non c’è più foga oratoria ma riflessione.
“Tanti si chiedono preoccupati come andrà a finire. Dipende da noi e da quello che faremo nei prossimi giorni, nei prossimi mesi. Da un lato della bilancia ci sono la spietatezza e le risorse della Russia. Dall’altra parte ci sono il sacrificio degli ucraini e il nostro sostegno. Il loro sacrificio sarà sufficiente, se il nostro aiuto sarà sufficiente. Abbiamo tutti, governi democratici e cittadini, la possibilità non comune di fare del bene facendo anche il nostro interesse. Gli ucraini difendono la nozione di un ordine internazionale con delle regole, rendendo meno probabile una guerra altrove. Gli ucraini da due anni mettono in gioco volontariamente la loro vita. A noi questo non è richiesto, almeno oggi per fortuna, ma è richiesto anche a noi di mostrare a Putin che la violenza, la guerra non paga. Così otterremo la pace“.
Annuisce gravemente e mi stringe la mano. È il segnale che l’intervista è finita. Raccoglie le carte che aveva lasciato sul tavolo e si allontana, il pensiero sicuramente già al prossimo viaggio verso l’Ucraina per portare nuovi aiuti offerti dai generosi trentini. ■