
Ad occhi chiusi, immagino un cuore pulsante, non il mio, ma quello di Charles Baudelaire, il poeta maledetto. Riesci a sentirlo? Ruvido, segnato, un abisso di «tesori» e «dolori» che pulsa sotto le tue dita. Così Baudelaire, maestro del simbolismo, ci invita a sperimentare la sua poesia «Il cuore» non solo con la mente, ma con tutti i sensi, soprattutto con il tatto. «Tocca questo cuore», ci implora. E noi, incuriositi, ci avviciniamo. Non è un cuore liscio e perfetto, ma un paesaggio accidentato, segnato dall’amore, dalla sofferenza, dalla vita stessa. Ogni parola è una carezza, un graffio, un morso. Sentiamo la passione bruciare come un fuoco, il dolore pungente come una spina. L’amore, per Baudelaire, non è un’emozione astratta, ma un’esperienza fisica, tangibile. Persino il «rumore» del cuore diventa una sensazione tattile. Non lo udiamo, lo «sentiamo» vibrare come una vecchia quercia, scricchiolante e piena di storia. E poi ci sono le temperature. Il «cuore freddo» dell’indifferenza, il «cuore caldo» della passione. Baudelaire ci fa «toccare» l’anima umana, con le sue contraddizioni, le sue fragilità, la sua bellezza selvaggia. E alla fine, dopo aver esplorato ogni anfratto di quel cuore, non possiamo che sentirci più vicini al suo genio tormentato. Perché la poesia, quando è vera, non si limita a descrivere, ma ci fa sentire, ci fa vivere.