Un viatico per gli anni Ottanta

Ci ha lasciati Franco Battiato. È un giorno che temevamo sarebbe arrivato, ma in fondo ci piaceva continuare a far finta di niente. Lo ricordiamo qui, omaggiando il suo disco più bello, rivoluzionario, sorprendente, unico: “La voce del padrone”

La voce del padrone, di Franco Battiato, uscito nel 1981, fece dell’artista siciliano una star. Il segreto è racchiuso in una parola: pop. Qui intesa non semplicemente come musica pop (ovvero popular, “popolare”), ma come pop art. Ed il segreto della pop art, quella di Andy Warhol, ad esempio, era mescolare l’alto e il basso, il colto e il commerciale, i musei e gli atelier, la sacralità dell’arte (il suo essere unica, inimitabile) e la riproducibilità della cultura, anche artistica, di massa (gli oggetti di largo consumo, le icone sfornate a ciclo continuo per soddisfare la domanda).

La Voce del padrone è stato tutto questo. Una collezione di brani geniali, ma anche orecchiabilissimi, costruiti da un musicista colto e non più giovane – all’epoca aveva trentasei anni – già passato per Sanremo, l’elettronica, il minimalismo, e ormai orientato verso una nuova forma-canzone, lontana da quella cantautorale che aveva dominato negli anni precedenti. La musica mette assieme batteria, tastiere synth e il coro dei Madrigalisti di Milano, (grazie, Giusto Pio!). I testi non raccontano più una storia e non assomigliano a poesie di Pascoli o Gozzano, sono frammenti, schegge, sentenze fulminanti, come in un cut-up di Burroughs. Sacro e profano vanno a braccetto, l’Adorno di Minima Moralia, Beethoven e Vivaldi assieme ai Beatles di Lady madonna, al Bob Dylan di Like a Rolling Stone o all’uva passa. Le suggestioni esotiche ed esoteriche che Battiato semina a piene mani, il suo spiritualismo, la ricerca di un “centro di gravità permanente” incrociano gli aspetti più prosaici del quotidiano, i “programmi demenziali con tribune elettorali”. Tutto questo produce a volte hit irresistibili come Cuccurucucù paloma (un’altra citazione, del messicano Tomás Méndez), a volte brani colmi di uno stupore metafisico che non si era mai sentito prima, fatta eccezione per qualche esperimento progressive, come in Gli uccelli o Segnali di vita.

Questo disco è stato anche un perfetto viatico per gli anni Ottanta, gli anni, dell’esoterismo di massa, del trionfo delle edizioni Adelphi, della fascinazione per i Templari o l’Età dell’Acquario. La voce del padrone sta alla musica italiana come Il nome della rosa e Il pendolo di Foucault di Umberto Eco stanno alla sua letteratura.

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Pubblicato da Marco Pontoni

Bolzanino di nascita, trentino d’adozione, cittadino del mondo per vocazione. Liceo classico, laurea in Scienze politiche, giornalista dai primi anni 90. Amori dichiarati: letteratura, viaggi, la vita interiore. Ha pubblicato il romanzo "Music Box" e la raccolta di racconti "Vengo via con te", ha vinto il Frontiere Grenzen ed è stato finalista al premio Calvino. Ma il meglio deve ancora venire.