Una villa di Emilio Paor in Alto Adige

La villa Viesi di Piccolongo, progettata da Emilio Paor, in una fotografia di Sergio Perdomi

Dell’architetto trentino Emilio Paor (1863-1935) è ben nota l’attività nella sua città natale, che vede nel palazzo della Filarmonica e nella chiesa del Santissimo Sacramento i suoi edifici più emblematici: entrambi sono riconducibili al più rigoroso storicismo, benché siano stati realizzati a distanza di vent’anni l’uno dall’altro. Nel capoluogo sorsero su suo progetto anche alcune interessanti abitazioni private, come la casa Paor in via Gocciadoro e la villa Niccolini alla Bolghera: quest’ultima risale al 1934 ed è un’eloquente testimonianza dell’ultima fase creativa dell’architetto, che rimase fedele fino all’ultimo ai propri ideali estetici. Nelle valli va almeno ricordata la chiesa di Vezzano, dove ritornano i fondamentali dell’architettura romanica, dal rosone agli archetti pensili in facciata.

Meno conosciuta è l’attività progettuale espletata da Paor nell’odierno Alto Adige, dove il suo più qualificato intervento – raramente ricordato nella letteratura e nella sitografia locali – riguarda la nuova chiesa parrocchiale di Gargazzone/Gargazon, concepita nel 1899 in un severo stile neoromanico ed eretta in blocchi di porfido tra il 1900 e il 1902. Da non trascurare è pure il suo progetto di ampliamento della chiesa parrocchiale di Scena/Schenna, poi scartato a favore di quello presentato dall’architetto viennese Eduard Hütter.

Tra gli edifici privati progettati da Paor merita di essere segnalata la villa Viesi, che sorge isolata nella frazione di Piccolongo/Piglon a Vadena/Pfatten, a pochi metri dal corso dell’Adige e a ridosso dell’autostrada. Il progetto della nuova dimora gli fu commissionato da Silvio Viesi (1866-1930), possidente agricolo originario di Cles, che aveva bonificato l’area di Piccolongo trasformandola in una fiorente azienda. Viesi fu pure deputato del partito liberale alla Dieta tirolese e assertore dell’irredentismo.

L’assetto originario dell’edificio è documentato da una fotografia conservata nell’archivio fotografico storico della Soprintendenza di Trento. Lo scatto si deve al fotografo Sergio Perdomi (1887-1935), che fu attivo a Trento dal 1922. Da allora l’edificio non ha subito stravolgimenti e si presenta in perfetto stato di conservazione. L’aspetto esterno è caratterizzato dall’incastro di tre corpi di fabbrica, ciascuno con propria copertura a spioventi, tra i quali svetta una torre di tre piani. Ad essa è addossata sul lato orientale un’ariosa loggia ad arcate poggianti su colonne, cui si accede tramite una scala esterna in pietra. Sopra la loggia si estende una terrazza circondata da un parapetto traforato di gusto neorinascimentale. Le finestre presentano cornici in pietra rossa e ai piani superiori assumono fogge a monofora, bifora, trifora e quadrifora. Il terzo piano della torre è ingentilito da un elegante balconcino angolare con parapetto in ferro battuto.

La villa costituisce uno dei più interessanti esempi di architettura in stile “italiano” realizzati nella prima metà del Novecento nella Bassa Atesina.

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Pubblicato da Roberto Pancheri

È nato a Cles nel 1972 e vive felicemente a Trento. Si è laureato in Lettere a Padova, dove si è specializzato in storia dell’arte. Dopo il dottorato di ricerca, che ha dedicato al pittore Giovanni Battista Lampi, ha lavorato per alcuni anni da “libero battitore” e curatore indipendente, collaborando con numerose istituzioni museali e riviste scientifiche. Si è cimentato anche con il romanzo storico e con il racconto breve. È infine approdato, per concorso, alla Soprintendenza per i beni culturali di Trento, dove si occupa di tutela e valorizzazione del patrimonio artistico. La carta stampata e la divulgazione sono forme di comunicazione alle quali non intende rinunciare, mentre è cocciutamente refrattario all’uso dei social media.