Quanto sollievo ci dà, dopo una camminata al sole, ripararci sotto un albero? Non serve la scienza per spiegarci che la vegetazione, oltre ad assorbire diossido di carbonio, ha una straordinaria funzione termoregolatrice ed è una soluzione semplice e naturale, più efficace di molte tecnologie, per contrastare il surriscaldamento del clima. Forse qualcuno ricorderà il famoso racconto del francese Jean Giono: “L’uomo che piantava gli alberi”, dove un saggio pastore riusciva a trasformare un territorio arido e spopolato piantando pazientemente, uno dopo l’altro, centinaia di alberi, dando vita ad un luogo verde ed ospitale.
Adesso possiamo fare letteralmente anche noi la stessa cosa, dato che esistono diverse piattaforme on line, dove è possibile dare il proprio contributo al rinverdimento del pianeta acquistando, o regalando, un albero in diverse parti del mondo, facendolo piantare a un contadino locale e monitorando la sua crescita da remoto. Come treedom.net, azienda fiorentina che dal 2010 ad oggi ha contribuito a far piantare oltre due milioni di alberi in tutto il mondo, per conto di singoli privati e di aziende. Un’idea che ha consentito di assorbire anidride carbonica e impattare positivamente sulle comunità.
Idee come questa ci fanno capire che le nostre azioni, nel bene e nel male, pesano. Prese da sole sembrano invisibili, invece possono fare la differenza. Anche le azioni più semplici, hanno infatti una carboon footprint, ovvero un impatto ambientale in termini di emissioni inquinanti nell’intero ciclo di vita, di svariate tonnellate annue. Al ritmo attuale, se tutti vivessero come viviamo noi italiani servirebbero 2 pianeti e mezzo, quando la media globale è di 1,7. Quali le abitudini più pesanti? Il 26% del totale del nostro impatto globale è dovuto alla produzione di cibo. In cima alla lista troviamo la carne. Un semplice hamburger, ad esempio, richiede oltre 2400 litri d’acqua per essere prodotto, ed emette 2,5 kg di Co2. Una tazzina di caffè, da sola, richiede almeno 140 litri d’acqua. Una sigaretta rilascia nell’aria 14 grammi di CO2. Provate a immaginare quindi, l’impatto delle pause caffè + sigaretta di ogni giorno… Che dire della moda? Anche senza vestirsi come chi sfila sul red carpet, quando acquistiamo una qualunque maglietta di cotone non pensiamo che dietro a quei cm di tessuto ci sono oltre 2000 litri d’acqua e 150 grammi di pesticidi.
Se noi trasformassimo alcune pratiche in buone abitudini, ed è possibile farlo (in fondo, molte cose che all’inizio ci sembravano sfide difficilissime ora sono delle abitudini, vedi differenziare i rifiuti o smettere di fumare nei locali…), riusciremmo a ridurre il nostro impatto ambientale annuo di emissioni di CO2 e altri gas serra di qualche tonnellata. Come? Ad esempio, preferendo l’uso dei mezzi pubblici all’auto privata e il treno per i viaggi lunghi; scegliendo un riscaldamento a pompa di calore per le nostre case; privilegiando un fornitore di servizi energetici che fornisca energia rinnovabile; una dieta che preveda prodotti locali e più proteine vegetali che animali; comprando pochi vestiti e accessori, e prestando attenzione alla loro provenienza e al materiale con cui sono realizzati (oppure acquistando abiti vintage); bevendo acqua del rubinetto; scegliendo di investire il nostro denaro in fondi ecologici… Sono azioni che non stravolgerebbero il nostro stile di vita e non andrebbero a diminuire il nostro benessere. Da sole sembrano contare poco e invece fanno tanto. Proprio come gli alberi piantati, uno alla volta, pazientemente, dal pastore francese del nostro racconto, che piano piano riuscì a trasformare radicalmente il luogo in cui viveva.