Vestire usato va di moda


Quanti abiti abbiamo nel nostro armadio che non mettiamo più? Sepolti tra mensole e cassettiere, talvolta ci dimentichiamo addirittura di averli comprati, tant’è che quando li riesumiamo dalla coltre di maglioni, felpe e pantaloni vari, ci sembra quasi di aver scovato qualcosa di nuovo da mettere. Se invece proprio non ci vanno più, o perché troppo grandi o troppo piccoli, o semplicemente ci siamo stancati di vederli, se sono ancora in buono stato invece di buttarli possiamo donarli ad un ente di beneficienza, oppure portarli ad un negozio dell’usato o di abiti vintage. Negli ultimi tempi infatti, complici le crescenti difficoltà economiche e una sensibilità ambientale sempre più diffusa, i negozi dell’usato sono spuntati come funghi, così come le app che pubblicizzano la vendita di abiti usati (ma anche accessori, oggetti) on line. Insomma, vestire usato non ci fa più storcere il naso come un tempo, quando ci sembrava una scelta da poveracci. A dimostrazione di ciò, qualche settimana fa, anche nella capitale italiana della moda, Milano, si è tenuto un evento da tutto esaurito denominato “all you can wear”. L’iniziativa anti-spreco, organizzata da una cooperativa, ha lanciato un week-end di vendita di abiti, accessori – anche di grandi firme – usati, mettendo a disposizione 1000 borse di pezza, da riempire fino all’orlo con il numero di capi e oggetti desiderato. L’unico costo quello della borsa in questione, pari a 18 euro, con l’accortezza di non superare la sua capienza. Ovviamente, in questa due giorni il negozio è stato preso d’assalto, prolungando la vita di oggetti che altrimenti sarebbero stati buttati ed evitando all’ambiente qualcosa come l’equivalente delle emissioni di CO2 di 900 voli andata e ritorno tra Roma e Milano. Ma esistono altri modi per limitare lo spreco. Ad esempio gli swap party! Di cosa si tratta? Sono eventi dove è possibile scambiarsi abiti, accessori, o oggetti di vario tipo. Naturalmente, devono essere sempre in buono stato. E se non vi fidate degli abiti smessi indossati da perfetti sconosciuti, potete sempre organizzare una serata tra amici dove passarsi i capi che non si mettono più: può essere un modo simpatico per stare in compagnia, rinnovare il guardaroba e allo stesso tempo compiere un’azione sostenibile. In fondo non è nulla di nuovo, se pensiamo che in passato, quando i nostri genitori erano piccoli, un abito o un paio di scarpe prima di essere buttato passava dal fratello più grande ai fratelli più piccoli, per essere usato e riusato fino a consumarsi. La necessità di far fronte alla crisi economica, e soprattutto ambientale, ci può far quindi rispolverare abitudini passate magari perdute. Il settore della moda, infatti, è uno dei più impattanti a livello ambientale. È responsabile da solo di circa il 10% delle emissioni totali di anidride carbonica, del 20% del consumo di acqua a livello globale e del 20% dell’inquinamento delle risorse idriche mondiali. Basti pensare che per produrre una semplice t-shirt occorrono oltre 2000 litri d’acqua! E che un comune paio di jeans, prima di arrivare nei nostri negozi, attraversa 4 continenti, 12 paesi, e può viaggiare anche per 65.000 km! Purtroppo, alla fine del loro ciclo di vita, la maggior parte dei vestiti viene buttato, solo l’1% è riciclato. Sono letteralmente montagne di roba, che finiscono per accumularsi in discarica. Un esempio su tutti è il deserto di Atacama, in Cile: ogni anno qui finiscono quasi 40.000 tonnellate di vestiti usati, abbandonate semplicemente tra la sabbia, dove ci vorranno anni e anni per decomporsi. Insomma, vestire usato, allungare la vita dei nostri capi e comprarne di nuovi solo se è assolutamente indispensabile, non è solo una questione di moda del momento. È una stringente necessità.

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Pubblicato da Silvia Tarter

Bibliofila, montanara, amante della natura, sono nata tra le dolci colline avisiane, in un mondo profumato di vino rosso. La vita mi ha infine portata a Milano, dove ogni giorno riverso la mia passione di letterata senza speranza ai ragazzi di una scuola professionale, costretti a sopportare i miei voli pindarici sulla poesia e le mie messe in scena storiche dei personaggi del Risorgimento e quant'altro. Appena posso però, mi perdo in lunghissimi girovagare in bicicletta tra le abbazie e i campi silenziosi del Parco Agricolo Sud, o mi rifugio sulle mie montagne per qualche bella salita in vetta. Perché la vista più bella, come diceva Walter Bonatti, arriva dopo la salita più difficile.