Vorrei raccontare una storia che arriva da lontano. Sono circa settecento i titoli e almeno 4561 i volumi rimossi dalle biblioteche scolastiche nello Stato della Florida. Tra i titoli mandati al macero, non ci sono solo quelli con protagonisti gay o transgender, ritenuti inaccettabili, ma anche opere che hanno fatto la storia della letteratura, come “Arancia Meccanica” di Anthony Burgess e “1984” di George Orwell. L’opera di Burgess è ritenuta troppo esplicita per i temi sessuali trattati e per la feroce critica ai meccanismi della propaganda, mentre il capolavoro di Orwell racconta una società distopica in cui ogni libertà è distrutta dal Partito che guida lo Stato, capace di sorvegliare i cittadini in ogni istante attraverso la tecnologia del “Grande fratello”. Si tratta di uno dei massimi libri del Novecento, un inno tragico alla libertà e alla democrazia, uno di quei libri che ti lasciano cambiato. Questo “rogo” (metaforico, ma non troppo) dei libri avviene in America, una nazione che fa della libertà d’espressione uno dei suoi massimi cardini costituzionali. L’epurazione dei libri sgraditi avviene in Florida, lo Stato guidato dall’ultraconservatore Ron DeSantis, che ha dichiarato guerra alla “cultura woke”, accusandola di promuovere una visione delle relazioni umane in contrasto con i valori tradizionali. L’aspetto più inquietante di questa vicenda è che sono i genitori ad attivarsi e pretendere l’eliminazione dei titoli indigesti dalle biblioteche: non si tratta di un’epurazione che arriva dall’alto, ma “dal basso”, a indicare una diffusione sempre più massiccia del verbo dell’intolleranza. Anche la cultura “woke” si è resa colpevole a sua volta di ridicole e inaccettabili censure, accusando di razzismo classici come Shakespeare o Mark Twain. Ma al netto delle responsabilità condivise da entrambi i lati della barricata, l’abisso inumano in cui siamo trascinati da questa guerra culturale fa francamente paura. E se in Italia siamo per ora lontani da raggiungere questi livelli di indecenza, non dimentichiamo che gli Stati Uniti da sempre dettano le tendenze. La risposta dev’essere una sola: diciamo “Viva i libri”, tutti, anche quelli scomodi, anche quelli che fanno arrabbiare. Perché in ogni parola che disturba, c’è una parte di umanità che cerca di raccontarsi, di farsi sentire, di affermare il suo diritto ad esistere ed essere ascoltata.
Viva i libri (anche quelli che ci fanno arrabbiare)
Fabio Peterlongo Scritto il
Pubblicato da Fabio Peterlongo
Nato nel 1987, dal 2012 è giornalista pubblicista. Nel 2013 si laurea in Filosofia all'Università di Trento con una tesi sull'ecologismo sociale americano. Oltre alla scrittura giornalistica, la sua grande passione è la scrittura narrativa. È conduttore radiofonico e dal 2014 fa parte della squadra di Radio Dolomiti. Cronista per il quotidiano Trentino dal 2016, collabora con Trentinomese dal 2017 Nutre particolare interesse verso il giornalismo politico e i temi della sostenibilità ambientale. Appassionato lettore di saggi storici sul Risorgimento e delle opere di Italo Calvino. Mostra altri articoli