Voce di santa intrappolata in un’arpa di vetro

La città irlandese di Limerick ha alle spalle un passato di guerre, povertà e delinquenza giovanile, ma è anche il luogo in cui è cresciuto il premio pulitzer Frank McCourt, autore di Le ceneri di Angela, uno dei libri più noti della letteratura irlandese contemporanea, e soprattutto dei Cranberries, una delle più talentuose rock-band degli anni ‘90. E dire Cranberries significa dire soprattutto Dolores Mary Eileen O’Riordan, la loro straordinaria cantante e chitarrista. Vera figlia d’Irlanda, paese magnifico, doloroso e ultracattolico, ultima di sette fratelli, scomparsa in circostanze tragiche nel 2018, a Londra, O’Riordan, ha avuto dalla vita talento e successo, ma anche troubles di ogni genere, dagli abusi in età infantile (da parte di un amico di famiglia) al disturbo bipolare che le era stato diagnosticato, probabilmente responsabile dei suoi problemi di anoressia e con l’alcol.  La musica dei Cranberries riflette tutto questo in maniera sincera e intensa. No Need to Argue (“nessun bisogno di discutere”), il loro secondo Lp, uscito nel 1994, un grandissimo successo in tutto il mondo,  non è certamente un  lavoro “spensierato”, pur essendo a tutti gli effetti un disco rock, caldo e elettrico. I tratti dominanti sono il sentimento (proprio di tanta musica uscita dall’Isola verde) e il conflitto. Emblematica in questo senso la hit Zombie, il cui tema è l’interminabile “guerra a bassa intensità” con l’Inghilterra: “Nella tua testa stanno ancora combattendo, con i loro carri armati e le loro bombe, nella tua testa stanno morendo” (O’Riordan peraltro non ha mai dato una valenza propriamente politica alla canzone, scritta subito dopo un attentato compiuto dall’Ira in Inghilterra). Ode to my Family è dolce e nostalgica, mentre Ridiculous Thoughts ha un crescendo magnifico, per chi scrive il momento più emozionante dell’album. Tutto il disco comunque si mantiene su ottimi livelli; ma che cosa fa veramente la differenza? Di nuovo,  il cantato di O’Riordan, un mezzo soprano capace di un falsetto che ai critici aveva fatto tirare in ballo persino lo yodel. “La voce di una santa intrappolata in un’arpa di vetro”, l’aveva definita il Melody Maker.

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Pubblicato da Marco Pontoni

Bolzanino di nascita, trentino d’adozione, cittadino del mondo per vocazione. Liceo classico, laurea in Scienze politiche, giornalista dai primi anni 90. Amori dichiarati: letteratura, viaggi, la vita interiore. Ha pubblicato il romanzo "Music Box" e la raccolta di racconti "Vengo via con te", ha vinto il Frontiere Grenzen ed è stato finalista al premio Calvino. Ma il meglio deve ancora venire.