È il primo dicembre ed inizia il mese del Natale. Il giorno in cui i bambini possono aprire la prima casella del calendario dell’avvento per scovarne i tesori. I camini sono accesi nelle case delle valli trentine; c’è della legna scoppiettante nelle stufe che riscaldano i salotti e i cuori delle persone adesso che l’inverno si avvicina. È proprio in queste case, disperse in tutte le valli di montagna della nostra regione, che questo mese faremo visita per parlare di un dolce che molti conoscono bene: lo zelten.
È inutile cercare un luogo d’origine dello Zelten; ogni famiglia lo fa a modo proprio, sebbene la base sia la stessa. Gli ingredienti che lo compongono sono quelli facilmente reperibili e conservabili a lungo e quindi diversi da zona a zona. Un tempo, questi erano principalmente frutta secca, come noci, fichi secchi, mandorle, pinoli e uva sultanina e un impasto a base di farina, uova, burro, zucchero e lievito.
L’origine del nome, come spesso accade dalle nostre parti, è tedesca e ricorda il termine tedesco selten, che significa “raramente”, “a volte”. Questo perché il dolce mitteleuropeo, al contrario di adesso, era un’usanza tipica solo del mese di dicembre, sebbene non ci sia un accordo completo sull’occasione specifica. Una tradizione vuole che lo Zelten venisse preparato durante la festività di Santa Lucia, mentre un’altra vuole che il dolce fosse preparato in occasione della vigilia di San Tommaso. Spesso, durante la preparazione, era comune segnare il pane dolce con una croce a mo’ di benedizione. Era comune prepararne uno grande per la famiglia, e altri più piccoli che sarebbero stati donati dalle figlie da marito ai futuri consorti.
Anche per quanto riguarda il giorno in cui doveva essere consumato ci sono due diverse varianti: tornati dalla messa di Natale o per l’Epifania? Probabilmente ha poca importanza, poiché ciò che lo rende un dolce adatto alle nostre tavole natalizie è il sentimento di familiarità e festa che lo circonda.