Addio cara Raffaella! Ma l’amore è bello anche da Trieste “in su”

Era il 1978 quando Raffaella Carrà incideva “Tanti auguri” che avrebbe fatto ballare diverse generazioni. Un inno all’amore, come suggerisce il verso: «Tanti auguri, a chi tanti amanti ha…», che libera il desiderio sessuale dalle costrizioni della monogamia. Sdoganava la parola “amante” che ha una connotazione torbida, essendo l’amante contrapposto al legittimo coniuge, con il quale l’espressione fisica dell’amore è lecita. L’amante invece rimanda alle tresche, alle “corna”. Il responsabile dell’ufficio censura dell’Italia democristiana del 1978 si dev’essere quasi strozzato sentendo una così sfacciata ode alla scappatella. Un altro verso recita: «L’importante è farlo sempre con chi hai voglia tu…». Enfasi sulla bellezza della sessualità espressa liberamente da parte femminile. Non era scontato: nel 1968 era in vigore il reato d’adulterio e solo nel 1981 sarà abolito definitivamente il “delitto d’onore”, che prevedeva sanzioni penali attenuate per il marito che uccideva la moglie e l’amante colti nel fattaccio. E infine: «E se ti lascia, lo sai che si fa? Trovi un altro più bello che problemi non ha!». Puro edonismo, pura carnalità: l’amante non dev’essere altro che bello e senza problemi. “Tanti auguri” incastona in una melodia funky il desiderio delle donne di fare ciò che vogliono con il loro corpo. Eppure… tutte le volte che c’è da cantare quel ritornello: «Com’è bello far l’amore da Trieste in giù», a noi trentini si è sempre palesato un senso di rimostranza e fastidio. Esclusi dal grande racconto pop della nazione, dimenticati, privati della cittadinanza del Paese dell’amore. Ma in realtà la Raffa non ci stava. Ha raccontato al Fatto Quotidiano: «Quando Gianni Boncompagni (autore del testo) mi propose il ritornello, protestai: “Ma a Bolzano non ci rimarranno male?”. Lui rispose che Trieste suonava meglio per questioni di ritmo». Risposta bizzarra, perché Trieste e Bolzano hanno entrambe tre sillabe e a livello di ritmica entrambe completano felicemente il verso. Però almeno ora sappiamo che quando la Raffa cantava: «Da Trieste in giù» nel suo cuore ci comprendeva tutti, anche i valdostani, i trentini, i bolzanini, i bellunesi e quelli di Pordenone. Magra consolazione, ma omaggiamo comunque Raffaella Carrà, straordinaria interprete dei cambiamenti dell’Italia, a nome di tutti quelli che “da Trieste in su” ritengono fare l’amore un’attività quanto mai gradevole. Consapevoli che il suo messaggio di gioia non ha confini geografici.

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