Cuore di tenebra ed empietà

È il solo momento in cui riesco a convincermi che bene e male non sono solo due convenzioni umane, ma forse persistono da qualche parte, in un angolo misterioso della nostra realtà: quando è il male stesso a prendere la parola. Letterariamente parlando qualcosa di simile mi era già accaduto leggendo “Le Benevole” di J. Littell. Lo stesso brivido sulla schiena mi percorre sin dalle prime pagine di questo romanzo di Paolo Maurensig, intitolato “Il quartetto Razumovsky” (Einaudi, pag. 143, € 17,50). I membri del quartetto hanno avuto l’onore di esibirsi davanti al Führer, poi, dopo la “disfatta”, si sono rifugiati negli USA, dove adesso infoltiscono le schiere dell’etnia tedesca, la più numerosa, ben 50 milioni di unità. Il perbenismo borghese del Terzo Reich ha messo nuove radici in un’altra terra e, chissà, germoglierà un giorno in nuovi, inediti aneliti totalitari.

Tre uomini e una donna. Tre tedeschi e uno no. Tre eterosessuali e uno no, che si ritrovano dopo 30 anni, in una piccola città del Montana, per suonare Beethoven, con la stessa bravura di molti lustri prima, ma la mente come una roccaforte assediata dal nemico e molto prossima alla caduta. Tutt’attorno, i fantasmi di quella “stirpe abominevole”, pronti a “strappare i denti d’oro alla propria madre prima di seppellirla”. Rudolf Vogel, che adesso si fa chiamare Mr. Fowl, oltre a suonare il violino nel quartetto è stato in passato “il Torturatore” di Bergen-Belsen. Un cuore di tenebra pronto però ad uscire di scena a testa alta, perché “la dignità è l’unica cosa che possiamo opporre di fronte alla morte”. Le suggestioni mitteleuropee di Maurensig (1943-2021) colpiscono ancora nel segno e ci fanno rimpiangere (nonostante alcuni curiosi refusi) ancor di più la sua assenza nell’attuale, desolante panorama editoriale italiano.

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