9. Dove si va quando tutto cambia?

A Strawberry Field, Central Park, il chitarrista chiede di applaudire. Mi alzo, gli metto un dollaro nella custodia della chitarra e gli dico che no, ehi amico, stai scherzando per caso?! Qui non si può applaudire perché tu stai celebrando un rito. “It’s a mystical moment, man” e un applauso potrebbe rompere l’incantesimo. È il luogo simbolo, dedicato alla “sua” memoria, al nostro caro e amato John che proprio a poche centinaia di metri da qui venne freddato dai quattro colpi della Smith & Wesson calibro 38 del suo fanatico fan. Ci vado lo stesso davanti all’elegante ingresso del Dakota Building, sulla 72esima, è una residenza molto lussuosa, limousine vanno e vengono, due portieri in livrea aiutano a salire o a scendere da Bentley e da GMC infinite con i vetri oscurati. Qui, proprio in questo punto ebbe fine l’esistenza terrena di John Lennon. Mi fermo in un momento di strano raccoglimento, mentre i livreati iniziano a guardarmi un po’ in tralice, quindi prima che vengano a dirmi qualcosa alzo i tacchi verso l’86esima a prende la subway che arriva dal Bronx, per tornare all’Hotel, mesto, come solo chi ha percepito l’incanto di una presenza ed ora non la percepisce più può fare.

Ma Central Park non è solo Strawberry Field, ma un intero mondo, una giungla nella città, un polmone verde in un ammasso incommensurabile di cemento e vetro. Lo sterminato parco di New York si estende, da sud a nord, dalla 59th St fino alla 110th St e, per i turisti, è praticamente impossibile da visitare in poco tempo, tanti sono gli spunti di interesse che offre. Storici, ad esempio. La statua di Cristoforo Colombo posta all’ingresso sud di Columbus Square. O il cippo con le mezzobusto di Giuseppe Mazzini che si affaccia su Sheep Meadow. Non fai in tempo ad estrarci in questo posto fuori dal mondo che sono già due le dediche all’italianità. C’è di che andarne fieri? Non lo so, soprattutto se penso a quel che il viaggio dell’ammiraglio ha comportato nei secoli a venire, ma tant’è.

E poi ci sono i richiami letterari. Appena arrivato a New York, Caulfield – l’indimenticabile protagonista de “Il giovane Holden” di J.D. Salinger – chiede a un tassista: «Sa le anatre che stanno in quello stagno vicino a Central Park South? Mi saprebbe dire per caso dove vanno le anatre quando il lago gela?». Quello che il protagonista sembra veramente chiedere è: dove si va quando tutto cambia, quando le condizioni non sono più quelle di prima? Come si fa a diventare adulti senza perdersi? 

È quello che sembra chiedermi anche il devoto di Maria Domenica Lazzeri che incontro a Whippany, quaranta chilometri a ovest di Jersey City. Mi ha invitato nel suo elegante ristorante, dove mi sento un po’ a disagio (sono in mezzo a business men in pausa pranzo), anche se mangio da dio.

Fa un certo effetto trovare qui, oltre l’oceano Atlantico, qualcuno che conosce la storia della ragazza di Capriana. Come è possibile? E tutti i dettagli che sforna uno dietro l’altro… Allora è vero? La storia si sta diffondendo, di bocca in bocca, come a quel tempo, quando lei se ne stava distesa nel suo letticciuolo e da ogni dove giungevano al suo capezzale. Maria Domenica sta restituendo la cortesia, già. Per questo la sua fama, pian piano, sta varcando l’oceano.

Alla sera, tira vento forte sull’Hudson, non è né caldo né freddo, ma consiglia lo stesso di riparare in casa. La terrazza dell’Holland Hotel è deserta, mentre i mille clacson e gli ululati vicini e lontani delle auto della polizia già annunciano la notte che viene. “Dove vanno le anatre dello stagno quando il lago gela?” Dove andiamo noi tutti, quando la vita sembra non appartenerci più? Semplice, restiamo lì, dove siamo sempre stati, a vivere, a combattere per il nostro diritto ad avere una risposta, una ragione – almeno una – che possa continuare a dare un senso al nostro stare al mondo. Vero Meneghina?! Domani tocca a te. La piccola mugnaia arriva a New York.

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