“Nomen omen”: il destino nel nome. Anche in politica…

Certo che ‘sti geniacci dei latini ci avevano proprio preso con proverbi, modi di dire e affini. E tra tutti quelli che passano ogni giorno nelle conversazioni, ce n’è uno che di recente mi ronza nella mente con martellante ricorrenza, solleticato forse, dal momento storico. Insomma, ascoltando un telegiornale qualsiasi o navigando tra i comunicati stampa dell’online, non posso fare a meno di  citare quelle due parole. “Nomen omen” pronunciavano nel passato classico i nostri progenitori, a intendere inizialmente il valore augurale di un nome. Poi arrivato a significare, in senso scherzoso, il fatto che il destino possa aver assegnato a ciascuno un nome rispondente all’essenza stessa dell’individuo. E allora il gioco diventa troppo facile. Iniziamo da Conte, ex presidente gentiluomo, che con gentilezza e far play ci annunciava che saremmo restati chiusi in casa per mesi. Abbiamo incassato anche per quel suo titolo nel cognome, per quel ciuffo nobiliare e per la calma lucidità del suo scandire nasale. Il successore Draghi evoca invece nel nome tutta una serie di scenari di sapore medioevale: mostri alati che sputano fuoco, dalle tante teste e dalle code biforcute.

A simboleggiare un periodo nefasto, sul quale incombe una sorta di castigo collettivo. E la fisiognomica? Interessante. Sguardo duro, occhi sottili, labbra tese, fuoco delle parole. Passiamo al ministro della Salute, Speranza. Molti morti, migliaia di intubati, vite appese ad un filo. Un nome che rimanda alla fiducia e all’ottimismo in tempi paradossalmente bui e privi di luce. E se la speranza è l’ultima a morire e finché c’è vita c’è speranza, abbiamo detto tutto. E che dire del commissario straordinario per il contenimento dell’emergenza sanitaria Figliuolo? Un nome che ci riporta alla dimensione fanciullesca, all’allegra spensieratezza dell’età dell’innocenza, ai sentimenti puri. Certo l’assetto militare e il look da duro – con perenne divisa mimetica – poco rispondono al cognome. Senza voler togliere nulla all’operato del soggetto in questione, sale il dubbio. È davvero un figliuolo, nomen omen, oppure si tratta di una copertura, di un paravento sotto il quale si nasconde un uomo meno bambino del previsto? Insomma, i latini per certi versi ci avevano preso, eccome. Con qualche metafora e qualche “sana” esagerazione. Da declinare con un nome. 

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