Oro. Poco, ma c’è chi lo cerca

Se credete che la corsa all’oro sia solo un’avventura da romanzo, ricredetevi. Oggi i cercatori d’oro utilizzano i social-network per scambiarsi informazioni ed andare alla ricerca del prezioso metallo. A contatto con la natura, armati di setaccio, i cercatori d’oro sono in gran parte persone che coltivano questo hobby senza la pretesa d’arricchirsi. Tra le destinazioni preferite dai cercatori non c’è il Trentino: sui vari forum, il Trentino è indicato come una meta “da evitare”. Ma qualche argonauta resiste e sceglie il Brenta, il Fersina e l’Avisio come suo personale “Klondike”. Ne abbiamo parlato con Paolo Ferretti, specialista di mineralogia del MUSE, e con Manuel Conedera, geologo e cercatore di minerali per amore di scienza.

«LA RICERCA DELL’ORO HA POTENZIALITÀ DIDATTICHE»

La ricerca dell’oro alluvionale, al netto della chimera d’arricchirsi economicamente, può perfezionare la conoscenza del territorio: «Dal punto di vista geologico, la ricerca dei minerali lungo i torrenti si rivela molto interessante, perché consente di ricostruire quali sono i minerali presenti nei dintorni – ha spiegato il mineralogista del MUSE Paolo Ferretti. Negli ultimi anni si è assistito ad un accresciuto interesse verso la ricerca amatoriale dell’oro lungo i torrenti, sulla scia dei programmi televisivi americani che raccontano le esplorazioni dei novelli cercatori d’oro». La raccolta di scaglie d’oro rappresenta per molti un modo piacevole per passare il tempo a contatto con la natura, ma ci sono alcuni che prendono quest’attività molto sul serio: «Per alcuni la ricerca dell’oro è una sorta di disciplina sportiva, ci sono autentiche competizioni in cui i cercatori mettono a confronto i loro ritrovamenti di oro alluvionale. I cercatori sono molto gelosi dei luoghi particolarmente “ricchi” che ritengono di aver individuato», racconta Ferretti. Il Trentino ha una storia mineraria che si perde nei millenni: «In Trentino non ci sono più miniere, ma l’attività mineraria ha caratterizzato il territorio a partire dall’Età del bronzo – indica Ferretti – L’esempio più noto sono le miniere d’argento del Calisio, in uso tra il XII e il XIII secolo». Non è un caso se il Calisio ancora oggi viene chiamato “Argentario”: «Oggi le miniere del Calisio sono esaurite e tutto il territorio è ricoperto di pinete, ma ci sono ancora i cunicoli, è persino pericoloso, si rischia di cadere in questi anfratti», ha indicato Ferretti. Negli ultimi decenni lo sfruttamento minerario in Trentino è stato abbandonato: «Alcune miniere furono attive fino agli anni Sessanta del Novecento e vi si estraevano minerali come quarzo, fluorite e barite, utilizzati per produzioni industriali. Ma il mercato dei minerali iniziò a dipendere dalle gigantesche miniere che si trovano per lo più in paesi extra europei, adatte ad un’economia globalizzata, e si iniziarono ad ignorare i piccoli giacimenti locali – ha evidenziato Ferretti – L’ultima miniera trentina a chiudere fu nel 2009 quella di Darzo di Storo, dove si estraeva la barite». E per quanto riguarda il metallo più ambito, l’oro, la sua presenza in Trentino è trascurabile: «L’oro nei torrenti del Trentino c’è, ma in quantità infinitesimali, al punto da non rendere produttiva la ricerca – precisa Ferretti – Se ne trovano tracce nel Brenta, nel Fersina, nell’Avisio. Ma nulla di paragonabile alle quantità presenti nelle Alpi occidentali, per esempio nei fiumi del Piemonte o sul Ticino, dove se ne trova molto di più, anche se non in quantità tali da mantenersi con l’oro». Ma nella “pesca” dell’oro (così viene chiamata la raccolta dell’oro dalle sabbie dei torrenti), Ferretti individua delle potenzialità didattiche: «Portare gli alunni delle scuole alla ricerca dei minerali sui bordi dei torrenti può essere un’attività interessante per favorire la conoscenza del territorio attraverso un’attività manuale».

«IN UN GIORNO BUONO SI RACCOGLIE UN DECIMO DI GRAMMO, QUASI NULLA»

Manuel Conedera, geologo e presidente dell’Associazione Mineralogica dell’Agordino, “pesca” l’oro ed altri minerali rari, con finalità scientifiche: «Con il MUSE analizziamo i minerali che troviamo nei depositi dei torrenti trentini. Utilizziamo il microscopio ottico e strumenti sofisticati come il microscopio elettronico a scansione. Così ampliamo la conoscenza del nostro territorio», ha spiegato Conedera. Nulla a che vedere con i cercatori abbagliati dalla “febbre dell’oro”: «Il sogno di alcuni, chissà, è quello di trovare la “vena” aurifera in grado di migliorare la propria condizione economica. L’idea è che se in un punto del fiume si trovano tracce d’oro, esse siano trasportate a valle dalle acque dopo che hanno lambito una vena aurifera. Ma non è affatto detto che sia così». Conedera precisa che in Trentino le tracce d’oro che si trovano nei torrenti derivano da vecchie aree minerarie già note: «L’oro è spesso legato all’argento o al rame e le acque che percorrono questi tracciati già noti non fanno altro che portare a valle questi composti, in cui la presenza d’oro è minima». Nel recente passato un’area trentina fu presa sul serio dagli esperti minerari: «In Trentino c’è stata una sola area in cui venne ipotizzata una presenza “sostanziosa” di oro, la valle del Mis, al confine con il Veneto. Negli anni Cinquanta furono fatte delle prospezioni minerarie, poi abbandonate visti gli scarsi risultati», ha indicato Conedera, che ha illustrato come funziona la raccolta dell’oro alluvionale: «Ci si posiziona in un’area in cui l’acqua del torrente rallenta durante le piene, presso un’ansa o dove è presente un grande masso, perché lì le sabbie depositate dall’acqua del fiume saranno già di peso specifico maggiore rispetto a quelle che il torrente trascina a valle, più leggere. Si fa passare la sabbia raccolta attraverso un setaccio, per farla finire all’interno di un secchio. Poi si fa passare questo materiale in una canalina, fino a concentrare le sabbie più pesanti, di solito una sabbia scura e fine, composta da un minerale chiamato magnetite: a fine giornata si lava la canalina e si troverà nel piatto il materiale più raffinato. Lì è possibile trovare delle tracce d’oro, il più delle volte minuscoli granelli o pagliuzze al massimo di 3 o 4 millimetri, rese piatte dal trascinamento nelle acque». Conedera precisa che anche nelle giornate in cui la raccolta è “buona”, i risultati sono modesti: «In una giornata buona si riesce a raccogliere meno di un decimo di grammo d’oro, spesso legato ad altri elementi come l’argento. E se si pensa che l’oro è quotato circa 50 euro al grammo, ma deve essere oro puro, ci si rende conto che l’impresa è anti-economica». Inoltre in Trentino ci sono regolamenti stringenti, come spiega Conedera: «In tutta Italia è vietato lo scavo con l’utilizzo di pompe meccaniche ed elettriche o l’utilizzo di prodotti chimici capaci di concentrare la presenza di metallo prezioso. In Trentino occorre un permesso annuale per la raccolta di minerali, ma non c’è un riferimento preciso alla ricerca dell’oro, anche perché ce n’è poco. Inoltre è vietata la raccolta nei parchi naturali, a meno che non si sia in possesso di un permesso di ricerca scientifica».

Insomma, se vi state ponendo la fatidica domanda: “Ma in Trentino, c’è l’oro?”, immaginandovi già novelli Jack London, la risposta è – ahinoi – più vicina al no che al sì. Nei torrenti del Trentino l’oro è presente in quantità talmente ridotta, che non vale il costo della benzina… Se invece il desiderio è quello di passare qualche ora all’aria aperta, scoprendo le caratteristiche nascoste del nostro territorio, nel rispetto delle norme e dell’ambiente, la raccolta dell’oro alluvionale può rappresentare una valida alternativa alla classica gita domenicale.

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