Ripartire dalla gioia


In un momento storico avaro di certezze di una cosa possiamo dirci assolutamente certi: il capitalismo non ha i giorni contati. C’è infatti una forza oscura tra noi, una volontà superiore, informe, collettiva eppure non identificabile in volti ben precisi. Ebbene, questa forza ci spinge continuamente alla competizione: sul lavoro, in famiglia, con il proprio partner, perfino con noi stessi. Addirittura mentre dormiamo, sembra che i sogni si modellino lì per lì sull’isteria che circola tra i vicoli delle giornate. Ma tutto ciò è abbastanza risaputo, difatti non è di questo che voglio parlare, bensì di cosa accade quando qualcuno decide di porsi fuori da questa logica frenetica, inseguendo ad esempio i placidi lidi della calviniana leggerezza. È possibile decidere di fermarsi e farlo per davvero? Rifiutare di lasciarsi logorare da un sistema che certamente nessuno di noi ha scelto? A che giova il costante antagonismo tra pari?

A pensarci, quale scelta rivoluzionaria sarebbe invece il dire “basta”! Fermare la giostra prima che la testa cominci a girare e a farci perdere l’orientamento. Cominciare a dettare delle regole personali che nulla hanno a che vedere con quelle calate quotidianamente dall’alto o dal basso dello schermo di uno smartphone. Perché non è più tollerabile che le esistenze vengano misurate in base ai “risultati”, puntualmente confrontati con quelli di chi ci corre accanto.

Forse occorre ripartire dalla gioia. Da quel che offre e dona gioia. Gioia di vivere, gioia di stare assieme, gioia di condividere, con modi e tempi calibrati sull’umana natura e non sul PIL o su qualche tipo di “rating”. Non sulla scala del “merito”, oggetto non identificato che il nuovo Governo ha inserito perfino nel nome di un Ministero. Ficchiamocelo bene in testa: “fermarsi” non vuol dire rifiutare nulla, tanto meno rifiutarsi di vivere Al contrario, è il presupposto per cominciare a vivere sul serio. Come non ancora fatto prima.

direttore@trentinomese.it

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