C’era un tempo in cui i villaggi e le città nascevano, urbanisticamente, per soddisfare le esigenze di fiere e mercati. I portici ora scomparsi di Via Belenzani a Trento univano il grande mercato che si teneva in piazza Duomo con i fondachi che si affacciavano sull’Adige, quando questo attraversava la città.
La strada che scende dalla val d’Isarco attraversava centralmente la città di Bolzano e le case e i palazzi che si affacciavano su via dei Portici svolgevano la funzione di deposito/mercato. Il centro della città non è una piazza, una chiesa o un palazzo: il centro è una via, prolungamento della direttrice del Passo del Brennero, è commercio e transito. «La via principale – lo è ancor oggi per lo shopping – è un po’ stretta e oscura per evitare il caldo estivo, ma possiede volti spaziosi chiamati “lauben”, sotto i quali anche nella stagione più calda c’è un fresco di cantina» scrive il bavarese Ludwig Steub alla fine dell’Ottocento a proposito di via dei Portici. La via era il cuore del borgo commerciale medioevale, voluto dal principe vescovo di Trento Udalrico II (1022-1055).
Queste caratteristiche urbanistiche si sono mantenute fino ad oggi. La misura standard originaria per una casa dei portici era sette metri in larghezza, e i vani per esposizione, vendita e immagazzinamento delle merci si estendevano fino alla parallela via Dr. Streiter: sul portico si apriva l’ingresso alla casa ed a fianco di esso il negozio, spesso ricavato nell’atrio; i piani soprastanti accoglievano l’abitazione e seguiva un piccolo cortile aperto con l’ingresso dalla strada posteriore, affiancato dalle stalle sopra le quali si trovavano fienili e alloggi della servitù.
Nella parte anteriore delle case erano ricavate cantine solide e profonde, a due piani. Nel medioevo i Portici erano suddivisi in “portici italiani”/welsche Gewölbe (diverse case erano state acquistate da commercianti italiani), e “portici tedeschi”/deutsche Gewölbe. La strada parallela si chiamava, fino al 1901, via dei Carrettai, Karnergasse, perché qui si fermavano cavalli e muli per scaricare le merci presso i magazzini. E non è un caso che portasse anche il nome di Kotgasse, cioè vicolo del letame (o del fango), perché era lì che gli animali attendevano lo scarico delle merci e lasciavano il loro ricordo. Anche Trento possedeva vie con i portici per il commercio ma la mania tutta rinascimentale delle strade rette li ha eliminati: sopravvivono soltanto in via Suffragio – nel rione todesco – e, in parte, in piazza del Duomo.
Nel 1202 a Bolzano c’erano 4 fiere all’anno: Quaresima, Corpus Domini, S. Bartolomeo (24 agosto, poi spostata al 1 settembre), Sant’Andrea in novembre. Per quella del Corpus Domini scendevano a valle i pastori fassani per vendere le loro pregiate e ricercate formagelle stagionate durante l’inverno.
Ogni fiera durava dai 10 ai 15 giorni. Nello statuto della città di Trento (1340) si testimoniano 4 fiere: fiera delle Ceneri – dall’ultima domenica di Carnevale alla prima di Quaresima, chiamata anche “Casolara”, la fiera più importante – fiera della Vendemmia (8 settembre), fiera della Consacrazione (18-25 novembre), fiera di Natale (21 dicembre-1 gennaio), detta delle zigole, dal tedesco Zwibeln, cipolle. Successivamente Bernardo Clesio, nei primi del 1500, decide di limitare a 4 le fiere a Trento e che non avrebbero dovuto superare gli 8 giorni: Casolara, fiera di S. Vigilio (24 giugno), di S. Michele (settembre) e della Consacrazione (novembre). A queste se ne affiancavano anche di locali, come quella di S. Lorenzo, il 10 agosto, tenuta presso l’omonimo ponte sul fiume Adige, allora coperto (ponti coperti sono sopravvissuti fino ad oggi sul fiume Isarco, a Cardano e Fiè).
Soltanto nel 1700 nasce a Trento la Fiera di S. Croce che si teneva il 3 maggio e ancor oggi si tiene nella stessa data in piazza di Fiera, nell’antico borgo di Santa Croce da cui prende il nome (chiamata anche fiera delle scale, prima che le moderne leggi vietassero quelle in legno).
Durante le fiere il ritmo quotidiano veniva completamente stravolto: il traffico di veicoli, carri, animali da soma e persone intasava gli stretti vicoli della città; nonostante ciò i conducenti riuscivano, con abilità e continue imprecazioni, ad arrivare davanti ai magazzini delle merci, dove aiutavano gli addetti a scaricarli. A Bolzano gli scaricatori erano per lo più i pastori fassani che coglievano l’occasione per arrotondare i guadagni.
I movimenti che la fiera incrementava erano tali che più di una volta le autorità intervennero con regolamentazioni e divieti. Ad esempio vennero proibiti i mercati domenicali e festivi e si cercò di limitare la partecipazione dei contadini alle fiere in quanto, assentandosi per diversi giorni, trascuravano il loro lavoro nei campi e l’accudimento del bestiame.
Quando Bolzano “superò” trento
Bolzano superò commercialmente Trento in due momenti. Il primo quando nel 1004 Enrico II trasferì il mercato nella città atesina perché Trento pretendeva troppi dazi e in tal modo bloccava il commercio. La concessione dei diritti di fiera a Bolzano comportò un’immediata diminuzione di potere e di attrattiva per le fiere della città tridentina, nella quale esistevano già delle fiere che richiamavano una gran quantità di mercanti, curiosi e pellegrini. L’asse mercantile si spostò quindi a nord. Il secondo nel 1475 quando si misero al rogo gli ebrei, accusati ingiustamente dal principe vescovo Giovanni Hinderbach di aver assassinato per motivi rituali il piccolo Simonino. Con l’eliminazione della comunità ebraica sparì anche la possibilità dei prestiti. Infatti nel Tirolo è possibile osservare, fin dal primo medioevo, lo stretto legame tra lo sviluppo economico di un territorio e l’insediamento di comunità ebraiche. Bolzano e Merano avevano una discreta componente ebraica e ciò permise alle due città di trasformarsi in veri e propri centri mercantili. A Bolzano furono innanzitutto le fiere mercantili a richiamare gli ebrei, a Merano invece furono gli esercizi dati in concessione dai conti di Tirolo – come la zecca, i monti dei pegni e le dogane – a ricoprire tale ruolo di richiamo.
Bolzano vola e Trento piange già dal 4 aprile 1202 quando, per un patto tra i principi vescovi di Trento e Bressanone, si stabilì un’agevolazione per il mercatus annuales Bauzani, applicando un dazio basso. Il patto venne sancito a Cardano, punto d’incontro tra i due vescovadi. Da quel momento le genti delle valli trentine e tirolesi accorsero in massa a Bolzano per vendere, scambiare e barattare i propri prodotti. Inoltre Bolzano era uno snodo importantissimo con i mercati settentrionali e lo fu per secoli, a tal punto che, nel 1634, Claudia de Medici fonda in quella città il Magistrato Mercantile, atto a regolamentare e incentivare i mercati.
A Bolzano accorrevano perfino da Canazei e da Gries, nonostante la lunghezza del percorso e la pericolosità, specialmente nella stagione del disgelo. Attorno a questi viaggi nacquero anche delle leggende, come quella del Tonele e delle tre figlie: Grètele, Patarina e Lisetta. Un giorno mentre si recava alla fiera, in val d’Ega incontrò un mostro: per rimanere vivo promise in sposa la figlia più timida e malvista dalle altre due. Quando il mostro le chiese di sposarla, lei accettò perché durante la sua permanenza nel maso dell’Öbergötschl, era sempre stata trattata bene e aveva imparato ad amarlo. Appena la ragazza gli diede la mano il mostro si trasformò in bellissimo giovanotto e invece le due sorelle acide diventarono due brutti mostri, e il giovanotto disse: “Eccovi tramutate in mostri e così rimarrete finché qualcuno non vi sposerà”. Come si vede la Bella e la Bestia è una storia antica.
Di tutte quelle fiere a Trento sopravvisse la Casolara, il cui nome deriva dal latino “casearia”, luogo dove si fa il formaggio. Un tempo si teneva al Foro Boario, cioè dei buoi, oggi Corso Buonarroti, e si dilungava fino alla parte settentrionale di Piazza Venezia. Durava otto giorni ed era considerata la più importante fiera regionale di primavera. Accorrevano in tanti per acquistare i formaggi ovini e caprini, in seguito anche quelli bovini. Ogni formaggio doveva essere bollato da parte dei commissari comunali altrimenti era sequestrato e il mercante processato per contrabbando.
Non poca influenza sulle fiere ebbe la navigazione sull’Adige: grazie agli zattieri di Sacco i tempi di trasporto della merce si dimezzarono notevolmente.