Il curioso caso delle sei dita nell’arte

Giuseppe Moroni, Pietà, Diocesi di Fidenza

Ritenuta nel Medioevo un simbolo del diavolo, l’esadattilia è stata rivalutata in età moderna, associandola all’esercizio della virtù. Varie sono le interpretazioni: lo storico Heindel designa il sei come un simbolo d’iniziazione; Elio Corti lo ricollega al mondo delle tenebre. Massimo Centini ha scritto che “secondo una diffusa tradizione popolare, chiunque nasca con più di cinque dita sarà molto fortunato e otterrà sempre degli ottimi risultati in qualunque campo si applicherà”. Del caso si è occupato anche Franco Manfredi; appassionato d’arte e mistero, ha portato l’attenzione su alcuni dipinti che si trovano nelle chiese di Pinzolo e Carisolo in val Rendena, firmate dai Baschenis, pittori itineranti originari di Averara, un piccolo comune della val Brembana, in provincia di Bergamo.

Collegata alla presenza di culti demoniaci nella zona in cui viveva la persona che ne era affetta, non si può non ricordare il filmato Santilli Footage del 1995 che riportava un’autopsia eseguita su un presunto cadavere alieno, legato all’incidente Roswell, avvenuto in New Mexico del 1947. Fatto sta che già nella Bibbia (Samuele II, 21/20) si cita un uomo d’alta statura con sei dita in ciascuna mano e sei dita in ciascun piede che osò oltraggiare Israele. Forse un gigante, la cui razza potrebbe essere stata distrutta dal Diluvio universale. Esseri dalle caratteristiche prodigiose, come lo stesso cavallo di Alessandro Magno, Bucefalo, e quello di Cesare, che si dice, avessero tre diti per zampa e che fossero particolarmente eccellenti. Nell’arte trentina l’esadattilia compare nel piede sinistro della Madonna nella pala d’altare omonima della chiesetta della Madonna di Loreto di Massimeno (Pinzolo, sec. XVI)  – un tempo la pala si trovava nella chiesetta di San Giovanni Battista, a dieci minuti da Massimeno; nel piede sinistro di san Giovanni nella Crocefissione, affrescata sulla parete di fondo del presbiterio nella chiesa di Santo Stefano a Carisolo (Baschenis, seconda metà del sec. XV); nel piede destro di Cristo Risorto nella chiesa di San Vigilio a Pinzolo (Angelo Baschenis, 1450-1490); nella mano sinistra di San Rocco nel capitello della Madonna a Caderzone Terme (Alberto Mosca, 1996); nelle mani di un folletto, scolpito e conservato nella chiesa di Burgusio nella zona di Malles Venosta. E tra gli esempi illustri nel piede destro di San Giuseppe e in quello sinistro della donna che affianca Maria nello Sposalizio della Vergine (Perugino – 1503-1504); nel piede destro del Gesù bambino dipinto nella casa natale di Raffaello ad Urbino (1498); nel piede sinistro di San Giuseppe nello Sposalizio della Vergine, pala d’altare eseguita per la Città di Castello (Raffaello-1504); nel piede sinistro di Giovanni Battista e della Madonna in La bella giardiniera (Raffaello – 1507/1508); nella mano destra di Papa Sisto II nella Madonna Sistina di Dresda (Raffaello – 1512/1514); nel piede destro di San Giovanni Battista e in quello sinistro di San Sebastiano nella pala della Vergine annunciata e santi Giovanni Battista e Sebastiano della Pinacoteca di Brera (Timoteo Vitti, 1515); nella mano sinistra della statua della Madonna di Porto Salvo nell’omonima chiesetta di Castelveterano (XVIII-XIX sec.); nel piede sinistro di un satiro e nella mano di un altro satiro, in una scena dionisiaca, su un cratere a figure rosse di provenienza attica, custodito nel museo Mandralisca di Cefalù (pittore della Centauromachia di Firenze , 480-470 a.C.); nella mano destra del Gesù bambino che viene allattato dalla Madonna nell’affresco della Madonna della Rocca custodita nel Santuario di Monte Arcano a Fondi in provincia di Latina (Tardo Quattrocento); nei piedi di un legionario romano nel bassorilievo La strage degli Innocenti, nella Sagrada Familia a Barcellona (Lorenzo Matamala) – l’autore ha riferito essersi ispirato da un cameriere presente in città; in una mano mummificata conservata in un monastero del Tibet, associata ad uno Yeti himalayano. 

Statue e dipinti con santi che hanno sei dita si ritrovano in diversi altri  luoghi: in un affresco del santuario della madonna della Fontana a Casalmaggiore; nella chiesa di San Giorgio martire a Fidenza; nel castello dei conti di Ceccano nel Frusinate; nel santuario del Crocefisso a Bassiano (LT); nella chiesa di San Pietro in Vinicoli a Pontechianale (CN). E cosa dire dell’uomo vitruviano di Leonardo da Vinci?

Non penso che gli artisti del tempo fossero così ingenui da non attribuire un significato a ciò che rappresentavano. Analizzando il pensiero di Gurdjieff posso pensare che i casi di esadattilia presenti nelle opere d’arte si ricolleghino ad un preciso intento: rendere evidente il grado di elevazione spirituale raggiunto dal personaggio rappresentato. Per Gurdjieff infatti, ci sono sette categorie di uomini, ognuna delle quali rappresenta un preciso livello di evoluzione. 

Il primo tipo è quello dell’uomo fisico e pragmatico: agisce in modo istintivo e avventuroso e non tiene conto delle conseguenze delle sue azioni; è prigioniero dei suoi bisogni materiali e il suo sapere si basa sull’imitazione. Il secondo tipo è quello dell’uomo di sentimento ed emotivo, che prima sente e poi agisce: sono infatti le emozioni a governare il suo agire, limitando il campo visivo e rendendolo poco obiettivo; il suo sapere è legato a ciò che gli piace. Il terzo tipo è quello dell’uomo intellettuale: è governato dalla mente che lo indirizza nelle scelte di vita; pone poca attenzione alle esigenze del corpo e il suo sapere è logico e razionale. È  da dire che tutti  noi nasciamo come uomo numero uno, uomo numero due o uomo numero tre e poi abbiamo la possibilità di evolverci nel corso della vita. Il quarto tipo è quello dell’uomo consapevole che intraprende un percorso di crescita personale e analisi sul Sé; grazie al lavoro sulla propria interiorità, inizia ad acquisire una maggiore consapevolezza di ciò che lo circonda e vive in equilibrio; il suo sapere è attinto dall’uomo numero cinque e perde le caratteristiche di soggettività per proiettarsi in una dimensione di oggettività. La quinta tipologia è quella dell’uomo obiettivo: riesce a percepire la realtà in modo imparziale, mantenendo un atteggiamento di neutralità. Non regredisce agli stadi inferiori e il suo sapere è raggiunto con la totalità del suo essere. La sesta tipologia rappresenta l’uomo consapevole ed illuminato; percepisce il mondo nella sua autenticità senza lasciarsi traviare dalle ingerenze esterne e dagli autoinganni della mente; il suo sapere è integrale, ma può essere perduto. La settima tipologia è propria dell’uomo risvegliato; costui sperimenta un senso di connessione e unità totale con l’universo in modo permanente; il suo sapere è completo e non può essere perduto.

Le sei dita, presenti nelle mani e nei piedi di alcuni santi, della Madonna, di Cristo bambino e dell’uomo vitruviano, potrebbero quindi alludere al livello di consapevolezza da loro raggiunto durante l’esistenza, nello specifico il sesto livello, proprio dell’uomo illuminato. Buddha e Cristo risorto invece, hanno raggiunto il settimo livello in quanto uomini risvegliati. 

La magia, l’esoterismo, l’alchimia hanno improntato da sempre lo sviluppo dell’arte; l’antico sapere ha affascinato molti artisti, dall’antichità fino al Medioevo in particolar modo, con il suo horror vacui. Ecco quindi che i numeri non erano considerati solo per il loro valore quantitativo, ma anche per quello qualitativo, mettendoli in relazione con alcuni aspetti della natura e della vita umana. Ogni numero ha un proprio significato e il sei è il passaggio iniziatico ai misteri della creazione a cui l’uomo è chiamato a prender parte. È un numero perfetto, poiché è prodotto dal tre (la Trinità) e dal due (la dualità). Possiamo vedere che secondo la Genesi, Dio creò l’uomo il sesto giorno e nel settimo si riposò. Inoltre, nella prima sacra decade dei numeri pitagorici, il sei è il luogo della consapevolezza iniziatica e rappresenta un nuovo inizio che porta alla trascendenza di Sé, rappresentata dal sette, il numero magico. Siamo così arrivati alle porte del Tempio, al cospetto del divino, dove tutto si compie. Qualche altro caso di esadattilia nell’arte ci potrà stupire e forse portare in futuro su nuove tracce di ricerca.

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Pubblicato da Paola Gabrielli

Sono nata e cresciuta a Cles in Val di Non. Mi ricordo che mio padre ci sommergeva a casa di libri in cui io e mia sorella ci tuffavamo con curiosità e bramosia, assaporandone il profumo fino all’ultima pagina, anche fino a notte fonda. Ho sempre amato l’arte e la conoscenza fin quasi a perdermi nel corpo come nell’anima: è il demone interiore che c’insegue e c’affligge sempre, finché non trova giusta soddisfazione. Dopo gli studi liceali e musicali in canto e pianoforte, mi sono laureata a Trento in Lettere moderne con specializzazione in Storia dell’arte. L’inizio di un lungo e complesso viaggio. Ho sondato infatti il mondo delle scritture antiche in tutte le molteplici forme: dalla catalogazione del libro antico, allo studio delle forme documentarie private e cancelleresche, diplomandomi in Archivistica, Paleografia e Diplomatica all’Archivio di Stato di Bolzano e approdando successivamente alla ricerca storica con l’Università e il Museo storico di Trento Ho lavorato per comuni, Provincia e musei in ambito culturale e collaboro con varie associazioni del territorio: Associazione scrittori Bolzano; Kunst Grenzen-Arte di frontiera di Roveré della Luna; Gruppo Arzberg Valle di Non. In questi ultimi anni ho affiancato alla scrittura, l’attività di insegnante in lettere al liceo e arte (pittura di mandala) sul territorio e nelle scuole con laboratori per bambini e ragazzi . Ho ballato dal 2010 nella compagnia di danza orientale di Francesca Lilith Miceli e dal 2018 la tribal dance con Cristiana Madia. Ho studiato il colore secondo il metodo Aura-Soma (tu sei i colori che scegli), di cui sono practitioner (consulente) e sperimentato tecniche varie di pittura (acrilico, acquarello, olio e carboncino), specializzandomi infine come insegnante in pittura di mandala. Attualmente canto nella corale Claudio Monteverdi della val di Non Segnalata in diversi concorsi di poesia, ho pubblicato nel 2016 il romanzo I sommersi e i salvati edito da Curcu & Genovese, dal quale è stato tratti un singolo e un videoclip Salvami tu (il romanzo è stato inoltre selezionato a novembre 2021 nel Premio internazionale Navarro); nel 2018 L’Ombra di Omero e nel 2020 Il gatto di Omero per Fontana editore; infine nel 2021 Voci dalla montagna con al casa editrice Nuovi Sentieri. Contatti: gabrielli.paola@virgilio.it