Electro di classe

I Lali Puna si sono formati a Monaco di Baviera (Weilheim) alla fine degli anni 90 e hanno sempre ruotato attorno alla cantante e tastierista Valerie Trebeljahr, di origini coreane ma cresciuta fra Germania e Portogallo, a cui si sono accompagnati Markus Acher alla chitarra (già marito di Trebeljahr e membro di un’altra band cult della scena indie elettronica, i  Notwist), Christoph Brandner (batteria) e Florian Zimmer (tastiere), poi sostituito da Christian Heiß. Perché non siano diventati davvero famosi per me è un mistero dal momento che i loro primi 3-4 dischi erano dei gioielli, nel campo dell’electro-pop. Li scoprii grazie a uno dei primi social network, Myspace, che venne presto soppiantato da Facebook. Gli anni, insomma, sono quelli, i 2000. I Lali Puna accoppiavano le sonorità elettroniche alla voce quasi sussurrata di Trebeljahr, e a volte – soprattutto nei due lavori della stagione di mezzo, l’album “Faking the Books” e l’Ep “Micronomic” – anche agli strumenti classici del pop, chitarra e batteria, usati con molta discrezione. Il risultato era un’elettronica coinvolgente e romantica, che poteva piacere sia ai più giovani sia a chi aveva sempre avuto nostalgia di certa new wave, come il sottoscritto, sia infine a chi l’elettronica l’aveva scoperta con i Radiohead. Ascoltate ad esempio il fraseggio della chitarra acustica incalzato dai beat delle tastiere in “Micronomic” (Boom Bip remix), come pure la struggente “The Daily Match”, entrambe nel già citato Ep. Oppure cercate la loro cover di “Togheter in Electric Dreams”, brano scritto originariamente da Giorgio Moroder e Phil Oakey (Human League). O ancora: gustatevi i due brani da “Scary World Theory”, il loro secondo album, del 2001, e forse il loro picco, scelti da Paolo Sorrentino come colonna sonora del suo “Le conseguenze dell’amore”. Insomma, le premesse c’erano tutte, e in parte possiamo anche dire che sono state mantenute. Del resto non ci sta scritto da nessuna parte che una band indie debba sfornare dischi all’infinito o raggiungere l’empireo in cui le grandi star si divertono e pontificano. Ma forse un po’ di rimpianto rimane. L’ultimo album della band, “Two Windows”, è del 2017. Un’ottima compilation dei loro lavori, assieme a rarità e remix, è il doppio “I Thought I Was Over That”, del 2005.

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Pubblicato da Marco Pontoni

Bolzanino di nascita, trentino d’adozione, cittadino del mondo per vocazione. Liceo classico, laurea in Scienze politiche, giornalista dai primi anni 90. Amori dichiarati: letteratura, viaggi, la vita interiore. Ha pubblicato il romanzo "Music Box" e la raccolta di racconti "Vengo via con te", ha vinto il Frontiere Grenzen ed è stato finalista al premio Calvino. Ma il meglio deve ancora venire.