Alla ricerca del treno perduto

La vecchia ferrovia Ora-Predazzo

Sono appena sceso da un treno regionale alla stazione ferroviaria di Ora sulla linea ferroviaria del Brennero e Massimo Girardi mi accoglie così sulla pensilina, parlandomi subito delle sue battaglie. Quando ci eravamo sentiti al telefono, il giorno prima per organizzare questa intervista, mi aveva parlato con grande competenza di assetti variabili, attraversamenti a raso, viadotti, gallerie, capacità di trasporto e simili. Mi ero immaginato di trovarmi di fronte ad un ingegnere ferroviario, invece Massimo Girardi, 62 anni, alto, capelli brizzolati, giacca a vento, insomma aria da uomo di montagna, mi aveva confessato candidamente di essere un cuoco. Si, un cuoco in un albergo della Val di Fassa, ma dal 2006, presidente e fondatore, assieme ad un gruppo di appassionati, dell’associazione TransDolomites, che si batte per il mantenimento della memoria delle vecchie ferrovie che collegavano le valli del Trentino Alto Adige e ora promuove, soprattutto, un nuovo rinascimento del trasporto ferroviario locale.

 “Utopisti sono coloro che pensano che i problemi si risolvano non facendo nulla, optando per soluzioni di basso rilievo”. Girardi, mentre mi invita ad uscire dalla stazione prosegue il suo ragionamento come se la telefonata del giorno prima non si fosse mai interrotta. “Noi invece abbiamo accettato questa sfida per dare delle risposte che hanno dimostrato che le nostre idee non sono sogni ma progetti concreti fattibili”.

Siamo usciti sul piazzale della stazione di Ora e Girardi alza il braccio e mi indica, pochi metri alla nostra destra, un edificio che ha l’aspetto di una vecchia stazione ferroviaria.

”Se, ad esempio, questa ferrovia non fosse stata smantellata ora sarebbe stata sicuramente mantenuta in vita perché in grado di generare un valore aggiunto decisamente maggiore a quello ottenibile con il miglioramento del trasporto su gomma”.

Il vecchio edificio non ha solo l’aspetto di una stazione, lo era. La scritta ancora leggibile lo testimonia: “Ferrovia Elettrica Val di Fiemme.”

“Questo era il capolinea della ferrovia Ora-Pedrazzo, in esercizio fino ai primi anni Sessanta, una ferrovia pensata già nel 1894 ma iniziata a costruire dal comando militare austriaco nel 1916, per il trasporto di rifornimenti verso il fronte delle Dolomiti. Nel 1917 già i primi viaggi ma pensi che la terminarono, impiegando anche prigionieri di guerra russi e serbi, in solo due anni. “Qui Girardi fa una pausa e scuote la testa “Oggi ce ne vorrebbero trenta per costruirla, forse …poi dalla fine della guerra, nel 1918, la ferrovia venne usata anche per il trasporto di persone. Nel 1929 fu elettrificata e, pensate, la durata del viaggio si accorciò da 4 a 2 ore. Poi il 10 gennaio del 1963 l’ultimo viaggio. Le ferrovie erano considerate il passato, il futuro era delle quattro ruote delle auto… che errore”.

Girardi alza gli occhi alla vecchia stazione di Ora e ho la sensazione che si stia asciugando una lacrima, ma forse è solo suggestione.

“Da qualche anno, per fortuna, sul percorso della vecchia ferrovia è stata realizzata una ciclabile per la val di Fiemme, almeno questo”

“Girardi questa ormai è storia, ma voi di TransDolomites avete dei progetti attuali, vi battete perché le ferrovie tornino ad essere il fulcro delle mobilità nelle valli trentine.”

Un orario del 1937

Sorride e annuisce cominciando a tirar fuori dal suo capiente zainetto vari incartamenti.

“Dal 1867, anno di entrata in esercizio della ferrovia Verona Innsbruck e sino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, nelle valli del Trentino-Alto Adige (Südtirol) e Tirol c’era stata una corsa alla progettazione e costruzione di ferrovie locali collegate alla ferrovia del Brennero. Una parte entrarono in esercizio, altre rimasero sulla carta anche per via degli esiti del conflitto mondiale. Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale agli anni Sessanta una parte di queste venne dismessa, le consideravano rami secchi, per sostenere il boom del trasporto su gomma.”

Qui Girardi scuote tristemente la testa come farebbe un vecchio saggio davanti ad un disastro che si sarebbe potuto evitare con un minimo di lungimiranza.

“In Italia c’è stata una vera inflazione dell’auto privata, un uso smodato. L’Italia a livello mondiale è l’esempio peggiore. Nell’Europa del Nord, dove il servizio di mobilità pubblica su rotaia è molto efficiente, la presenza dell’auto privata è molto più ridotta. In Svizzera, che è un modello mondiale di efficienza della mobilità pubblica, ogni 100 famiglie ci sono 40 auto, in Italia ne abbiamo quasi 70. Fra la Val di Fassa e la Val di Fiemme abbiamo l’80 per cento di flussi sull’auto privata, la Val di Cembra ha un grande pendolarismo automobilistico quotidiano che gravita su Trento. Nelle valli dell’Avisio abbiamo una presenza di oltre 7 milioni di turisti. Oltre Il 90 per cento raggiunge queste valli e si muove in automobile. Siamo arrivati al collasso della viabilità. Il Trentino paga ritardi decennali per la lunga assenza di investimenti che avrebbero potuto portare la rete a essere in grado di rispondere alle mutate esigenze di mobilità mentre, al contrario, pesanti sono stati gli interventi sulle infrastrutture stradali. Anche in presenza della ferrovia e si è messa quest’ultima in una situazione di svantaggio.”

“Quindi?“

“Quindi, la Nostra associazione propone, per prima cosa, di ridar vita alla ferrovia che da Trento arrivava alla Val di Fiemme, funzionale ai residenti e poi funzionale al turismo…ma non passando più da qua, ma dalla Val di Cembra… e anche qui non inventiamo niente“.

Girardi, fruga nel suo zainetto e srotola davanti ai miei occhi una cartina che ha portato con sé.

“Questo è il progetto del 1904 della Tramvia Lavis-Moena degli ingegneri viennesi Stern & Hafferl di Vienna. I disegni originali sono tuttora custoditi nell’ Archivio Storico della Biblioteca Comunale di Trento. La nostra associazione ha preso spunto da questo progetto per realizzare un collegamento che da Trento serva la Val di Cembra, sponda destra, poi la Val di Fiemme, sino ad arrivare a Penia ai piedi della Marmolada. Nell’ottobre 2020 l’associazione ha affidato allo Studio di Ingegneria Ibv Hüsler di Zurigo l’incarico per una valutazione comparativa che possa dare indicazioni sulle potenzialità del nuovo collegamento ferroviario, o eventualmente di una sua possibile realizzazione parziale o per fasi. lo studio di gestione economica svizzero promuove a pieni voti e numeri alla mano la nostra idea. Oggi da Trento a Penia di Canazei in bus ci si impiega 200 minuti, in treno ci si metterebbero solo 85, compreso il tempo delle 26 fermate. Meno della metà. Il collegamento ferroviario Trento-Canazei potrebbe garantire circa 10.000 spostamenti/giorno nei mesi primaverili e autunnali fino a 16.000-18.000 nei mesi di punta turistica estiva e invernale, con effetto positivo in termini di spostamento sostenibile, di decongestionamento delle strade e ambientale. Il Ministero dei Trasporti ha recepito e formalizzato la richiesta dello Studio di Fattibilità. Un progetto che quindi dimostra la sua concretezza”.

Girardi non nasconde l’entusiasmo mostrandomi, seduti su una panchina davanti alla vecchia stazione di Ora, i fardelli di incartamenti che si è portato dietro. Nel suo ottimismo vede già i treni circolare. Provo a riportarlo con i piedi per terra.

Girardi, tutto molto bello ma siamo in Italia… ammesso che il progetto passi quanto tempo ci vorrà…

Girardi, non mi risponde ma raccoglie le carte e mi invita a salire, ironia del destino per un attivista ferroviario, sulla sua auto. Destinazione il viadotto di Gleno sul tracciato abbandonato della ferrovia Ora-Predazzo. Dopo 10 minuti, siamo di fronte al vecchio ponte, dove ora passa la ciclabile per la Val di Fiemme.

“Questo è il viadotto della vecchia ferrovia, il più imponente realizzato per le ferrovie a 1000 mm, quelle a scartamento ridotto, al tempo dell’impero austro-ungarico realizzato in soli tre mesi…”

La voce di Girardi, mostrandomi il ponte, è un misto di orgoglio e di rassegnazione per i tempi andati. Lui non lo dice ma lo dico io. 

Rendering della ferrovia del treno dell’Avisio
Rendering della ferrovia del treno Campitello-Col Rodella

Oggi ci vorrebbero vent’anni, se va bene… Siamo realisti, siamo in Italia…

Lui non si scoraggia, anzi la provocazione sembra risvegliare in lui il combattente di una giusta causa, quella di una mobilità sostenibile e consapevole.

“Sì, sarò realista. L’Italia negli scorsi decenni ha smantellato migliaia di chilometri di ferrovia ma la ferrovia sta veramente recuperando terreno nella progettualità. Se guardiamo esclusivamente al tempo materiale di costruzione la Trento Canazei si potrebbe costruire in 5/6 anni. Ma il problema è la burocrazia, la mancanza, in Italia, di visione strategica rispetto a quello che c’è all’estero. Faccio un esempio, la Svizzera ha una programmazione sui prossimi cento anni. L’Austria è sulla stessa lunghezza d’onda. Noi non sappiamo neanche cosa faremo domani. Questo è il grande problema e quando c’è un’idea anziché valutarla analizzarla e poi decidere, ci piace lavorare per demolirla. Un continuo fare e disfare.

L’entusiasmo sembra essersi subito spento nella voce del presidente di TransDolomites. Ed io, senza pietà e con sincero realismo, affondo il coltello nella piaga.

Girardi, ma il problema sono anche i soldi

“I soldi non sono mai stati un problema”. 

Mentre passeggiamo sul vecchio viadotto, da dove si ha una splendida vista sulla Valle dell’Adige, il presidente di TransDolomites, come un pugile che ha subìto un diretto si riprende subito e ribatte con determinazione alle mie obiezioni. “Teniamoci larghi, il progetto costa sui 2 miliardi di euro. Perché non cominciamo a quantificare il danno e le opportunità perse perché privi di ferrovia? Due miliardi non sono pochi ma li vale tutti. Se penso ai trilioni di miliardi di dollari che nel mondo verranno spesi in armamenti nei prossimi anni, e quanto poco basterebbe investire per migliorare la qualità della vita delle comunità. Ribadisco non è un problema di soldi ma una questione di volontà. Quello dei soldi è la scusa che il politico di turno solleva semplicemente per tirarsi indietro. Ma il buon politico i soldi se li va a cercare. Il grande problema dell’Italia, guardiamo anche i fondi di cofinanziamento europeo, sono miliardi di euro che il nostro paese ha dovuto restituire a Bruxelles semplicemente per la mancanza di progetti. E i fondi previsti per le Olimpiadi di Cortina e Milano 2026? Dunque, il vero problema italiano, ribadisco, è la mancanza di progettualità.”

Girardi, le idee, i progetti, a lei non mancano certo… 

Mi sorride, si ferma e tira fuori dallo zainetto altre carte.

“Guardi, a proposito di progetti. Nei mesi scorsi la Provincia Autonoma di Bolzano ha presentato il masterplan della ferrovia della Val Gardena che prevede il nuovo collegamento fra la Val d’Isarco e Plan de Corones. Masterplan già trasmesso all’attenzione dei comuni gardenesi che da anni, nei rispettivi piani urbanistici, hanno inserito il ritorno del treno nella giusta convinzione che solo la ferrovia saprà dare una risposta qualificata e definitiva ai problemi del traffico che assilla la valle.”

A questo punto Girardi fa una pausa, come un giocatore di carte pronto a calare l’asso.

“Se però guardiamo all’intero contesto dolomitico e dunque al problema del traffico che lo soffoca 365 giorni l’anno, la ferrovia della Val Gardena, pur ottima, resta una soluzione parziale. Ecco allora che arriva la nostra proposta, quella di TransDolomites. La ferrovia Avisio-Trento-Penia, collegata, con un tunnel di base sotto il Passo Sella, alla ferrovia gardenese, con l’auspicio della sua prosecuzione in Val Badia, contribuirebbe a creare una vera corsia preferenziale alla mobilità pubblica su ferro dalla quale questo punto trarrebbero vantaggio Gardena, Badia, Fassa, Fiemme e Cembra oltre i passi dolomitici che potrebbero, a questo punto, essere bypassati dal traffico di attraversamento e diventare mete di un vero turismo di qualità, senza auto. L’intermodalità ferro-fune vedrebbe le stazioni a valle degli impianti del Cermis, Predazzo, Moena, San Giovanni di Fassa, Campitello, Canazei, Alba, Penia, direttamente accessibili in treno senza necessità di realizzare nuovi parcheggi o addirittura eliminarne molti. Tenendo conto poi che, con l’entrata in esercizio del tunnel del Brennero l’alta velocità fermerà a Bolzano e Trento, con la realizzazione di queste due nuove ferrovie l’accessibilità delle Dolomiti potrà avvenire via treno dai due capoluoghi provinciali. L’anello delle Dolomiti a questo punto chiuderà il cerchio”.

Il cuoco progettatore di ferrovie parla con una determinazione e una competenza degna di un grande esperto o di un politico navigato e non si arresta. All’elenco dei sogni, lui li chiama progetti fattibili, aggiunge l’ammodernamento della linea della Valsugana, la Trento-Mezzana-Tirano-Engadina che diventerebbe una ferrovia internazionale, la Rovereto e Riva del Garda. Potrebbe parlarmi per ore delle ferrovie alpine del futuro ma non riesco a dimenticare che Massimo Girardi in realtà fa il cuoco.

Mi scusi, ma lei fa il cuoco. Come mai è così appassionato di ferrovie, di mobilità sostenibile?

“Io faccio il cuoco per promuovere il gusto del mangiare locale e credo che si possa unire questa attività con il piacere di apprezzare il territorio attraverso la ferrovia. Lo slow food unito allo slow motion del treno. Cibo e movimento devono essere sostenibili, si muovono nella stessa direzione. In tante tratte ferroviarie del Nord Europa il treno promuove la gastronomia del territorio e di fatto una qualità diversa della vita. Sì, la ferrovia è sempre più uno strumento per promuovere un territorio e anche il suo cibo. Non semplicemente il viaggio, ma un nuovo modo di viaggiare. Uno stile di vita che l’automobile, da questo punto di vista, nega completamente.” 

E allora caro Massimo, cuoco sognatore, non ci resta che dire: ”in carrozza signori!”

Sì, in carrozza per non perdere il treno di un futuro più sostenibile.

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Pubblicato da Paolo Pardini

(Pisa 1955) ha lavorato per trent’anni come giornalista e come inviato per tutte le principali testate della RAI. È stato conduttore del Tg3 e di numerosi programmi televisivi fino a ricoprire il ruolo di responsabile dei Tg3 regionali RAI a Trento, Firenze e Milano.