Sacranón, che sbregon!

“Stavolta me piaserìa che se parlass del verbo sbregar e dei so derivati. Cossa en dìselo, professor?“ 

“Ottimo…”.

“A mi me pias el verbo ‘sbregar ‘e el sostantivo’ sbrech’: te ghe senti soto el rumor de quel che suzede. Come se ciàmele le parole de ‘sto tipo, sior professor”.

“Si chiamano ’onomatopee…”.

“Eco, brao! Ma come falo, professor, a esser ‘sì brao?” 

“Dai non fare il ruffiano. Io sono solo un onesto artigiano. Ogni artigiano deve essere bravo nel suo mestiere. Te lo immagini un calzolaio che se infili la scarpa che ti ha riparato ti resta in mano il tacco? Un falegname che ti confeziona un tagliere per la polenta e ti resta in mano il manico?” 

“L’è alora che te vegnirìa voia de dar en sbregón e spacar su tut. A elo, professor, ghe ven mai la voia de dar en sbregón e spacar su tut?”

“Troppe volte. Ma la cosa più brutta è quando lo strappo non l’hai fatto tu, ma trovi strappata un cosa che ti è cara…”.

”E dei sbregoni che i zoveni, mas’ci e femine, i fa aposta enté i gins e i va en giro a sbrindolon, cossa en pénselo, professor?” 

“Penso che è bene che nei loro pantaloni giri l’aria, come gira nei loro cervelli…”.

”Sbregar, dit en dialet, l’è tut ‘n altra roba, enveze che el talian ’strappare’, e cossita, per ‘sbregamandàti ’”.

“Si dice di uno che fa tutto in fretta e male. Lo sai perché si dice così?”

”No”.

“Il ‘mandato’ è un documento. Se uno straccia un documento invece che fare quello che il documento gli chiede, credendo così di ribellarsi, è un ribaldo e prima o poi la paga…”.

“E ‘sbrich‘ galo a che veder con ’sbrech’?” 

“Secondo me sono due termini che hanno la stessa origine: ‘sbrich’ si riferisce a un dirupo, una balza, un luogo accidentato. In altre parole a un luogo ‘strappato’. E da ’sbrich’ è certamente derivato il verbo ‘sbrissar’, scivolare..”.

“E è vegnù for anca en deto che l’è l’unico e che conosso sol m i…”.

“Perché dici di conscerlo solo tu?” 

“Perché l’ho enventà mi!”

“Sentiamolo…”

”Putele enamorade, sté atente ale sbrissade”.

renzofrancescotti@libero.it

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Pubblicato da Renzo Francescotti

Autore trentino dai molti interessi e registri letterari. Ha al suo attivo oltre cinquanta libri di narrativa, saggistica, poesia in dialetto e in italiano. È considerato dalla critica uno dei maggiori poeti dialettali italiani, presente nelle antologie della Garzanti: Poesia dialettale dal Rinascimento a oggi (1991) e Il pensiero dominante (2001), oltre che in antologie straniere. Sue opere sono tradotte in Messico, Stati Uniti e in Romania. Come narratore, ha pubblicato sei romanzi: Il Battaglione Gherlenda (Paravia, Torino 1966 e Stella, Rovereto 2003); La luna annega nel Volga (Temi, Trento 1987); Il biplano (Publiprint, Trento 1991); Ghibli (Curcu & Genovese, Trento 1996); Talambar (LoGisma, Firenze 2000); Lo spazzacamino e il Duce (LoGisma, Firenze 2006). Per Curcu Genovese ha pubblicato Racconti dal Trentino (2011); La luna annega nel Volga (2014), I racconti del Monte Bondone (2016), Un Pierino trentino (2017). Hanno scritto prefazioni e recensioni sui suoi libri: Giorgio Bàrberi Squarotti, Tullio De Mauro, Cesare Vivaldi, Giacinto Spagnoletti, Raffaele De Grada, Paolo Ruffilli, Isabella Bossi Fedrigotti, Franco Loi, Paolo Pagliaro e molti altri.